Volontà - anno XVII - n.1 - gennaio 1964

sità, Amminis1razione, Armata e Poli– zia - le quali non sono altro che tante fortezze elevate dal privilegio contro il proletarbto; e non basta rovesciarle in un paese solo, ma è necessario ro– vesciarle in tutti, giacchè, dalla for– mazion.,: degli Stati moderni in poi, esiste una solidarietà sempre crescen– te e una fortissima alleanza interna– zionale. Il compito, che l'Associazione Inter– nazionale si è proposto, non è dunque che la liquidazione completa del mon– do politico, religioso, giuridico e so– ciale atlualmcnte vigente, e la sostitu– zione di un mondo economico, filoso– fico e sociale nuovo. Ma un'opera tan– to gigantesca non potrebbe attuarsi giammai, se non esistessero due le– ve egualmente possenti e gigantesche, l'una delle quali completa l'altra: la prima, l'intensità sempre crescente dei bisogni, delle sofferenze e delle riven– dicazioni economiche delle moltitudi– ni; la seconda, la filosofia sociale nuo– va, filosofia di fatto e popolare inspi– rantesi teoricamente alla scienza ve– ra. scienza nel tempo stesso sperimen– tale e razionale, e non avente altre ba– si che i prnicipi umani, espressione de– gli eterni bisogni delle moltitudini, quelli dell'uguaglianza, della libertà e della solidarielà universale. E', spinto da questi bisogni ed in nome di questi principi, che il popo– lo deve vincere. Questi princìpi non gli sono estranei e neanche nuovi in que– slo senso, che, come abbiam detto, es– so li ha in ogni tempo Istintivamente portati nel suo seno. Esso ha sempre aspirato all'emancipazione da tutti i gioghi. che l'han tenuto servo; e, per– chè esso è il lavoratore, iJ nutritore della società, il creatore della civiltà e delle ricchezze tutte, l'ultimo schiavo, 14 il pili schiavo di tutti gli schiavi; e perchè non può emanciparsi senza e– mancipare con sè tutti gli altri, esso ha sempre aspirato alla emancipazione di" tutti, e cioè alla libertà universale. La eguaglianza, condizione suprema della libertà, la sognò sempre appassi0- natamente; e, sfortunato, eternamente schiacciato nell'esistenza individuale cli ciascuno dei suoi figli, ha sempre cer– cato la sua salute nella solidarietà. Fin al presente la felicità solidale es. sendo stata loro sconosciuta o quasi e, poichè vivere felice avrebbe signifi– cato vivere per st! stessi a spese d'al– tri, mediante la servitù e lo sfrutta– mento altrui, gli sfortunati solo, e, per conseguenza, le moltitudini popolari, hanno sentito ed attuato la fratellanza. La scienza sociale, dunque, come dollrina morale considerata, non fa che svolgere e formulare i popolari i– slinti. Ma fra quesli istinti e questa scienza v'ha frattanto un vuoto, che bisogna colmare. Giacchè, se gli istin– Li giusti avessero bastato a rendere li– beri i popoli, da lungo tempo essi sa– rebbero liberi: ma questi istinti non impedirono alle moltitudini di accetta– re, duranle il corso così malinconico e tragico della loro storia, tutte le as– surdità religiose, politiche, economiche e sociali, delle quali esse furono elerna vittima. E' vero, pertanto che le crudeli e– sperienze, a cui furono condannate, non andarono perdute. Esse crearono nel loro seno una specie di coscienza storica e di scienza tradizionale e pra– tica, che, in loro, sostituisce, assai spesso, la scienza teorica. Si può esse– re certi, per esempio, che nessun po– polo dell'occidente si lascerà più ab– bindolare da un ciarlatano religioso, che la pretenda a messìa, nè da un ar-

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