Volontà - anno XVI - n.8-9 - agosto-settembre 1963

Montaigne, in una lettera scritta a suo padre sul trapasso e sugli ultimi istanti di vita del suo amico, pensò che questi fosse stato contagiato dalla peste. Etienne de La Boetie tentò di giungere a Médoc, dove si trovavano le terre di sua moglie e dove sperava che l'aria pura dei campi avrebbe affrettato la .sua guarigione; ma dovette fermarsi lungo la strada a causa di dolori insop– portabili e fu costretto a mettersi a letto nella casa del suo collega parlamen– tare, Richard de Lestomac, cognato di Michel de Montaigne, dove presto do– veva morire. Rendendosi conto dell'approssimarsi della fine, dettò il suo testa– mento; attese l'esito della lotta con coraggio; discusse fino alla sua ultima ora alla quale si preparò « allegro e tranquillo ». Montaigne, nella lettera a suo padre descrive qualche particolare della mal.ittia e della fine del suo amico; ne narra gli ultimi istanti con accenti com– moventi e così termina: « Il diciotto del mese di agosto del 1563, Etienne de La B0Ctie spirò. Non aveva che 32 anni, nove mesi e 17 giorni». In Servilude Volontaire, che alcuni, non senza un pizzico di verità, defini– rono come « declamazioni giovanili riscaldate dalla lettura di Plutarco», tro– viam,) però qualcosa di meglio. V'è tutta una requisitoria - a volte molto penetrante e molto violenta - non soltanto contro i soprusi, ma, quel che più conta, contro lo stesso principio d'autorità, tanto che La Boetie può, senza esagerazione, essere considerato co– me uno dei precursori delle moderne idee anarchiche. Viene deplorato, inoltre, l'asservimento generale, mettendosene in evidenza le cause in modo non sol– lar.to molto appropriato, ma anche assai attuale: il che pene questo piccolo volume, scritto da più di quattro secoli, molto al di sopra della maggior parte dei grossi volumi elaborati e pesanti scritti successivamente su analoghi ar– gomenti. Ma ecco quanto scriveva, assai imparzialmente, Bonefon, rendendo in cer– to qual modo giustizia a La BoCtie cd al suo pensiero: « Il Contr'un è il prodotto d'un'utopia, ma di un'utopia grande e nobile. Da ogni pagine promana un purissimo ed assai sincero amore per l'umanità. Nulla di più ardito, ma anche nulla di più onesto, è stato scritto in onore della libertà contro l tiranni come in questo piccolo saggio, il quale è - la bella esp1·essione è di Villemain - come un antico manoscrhto trovato tra le rovi• ne di Roma, sotto la statua abbattuta del più giovane dei Gracchi ». Ciò spiega l'esaltazione che proviamo dopo quattrocento anni alla lettura di quelle pagine, in cui la forbitezza dello stile s'armonizza con un contenuto vigoroso e nobile. Di commovente, jn questo saggio, c'è che, ogni qu~lvolta si verificano degli avvenimenti politici che abbattono lo stato attuale di cose, ogni volta che scoppiano dei tumulti e delle sommosse, quelli che sono ispi– rati dalla nobile passione di scagliarsi contro l'autorità e la tirannia ritrovano nel Contr'Un una forza di pensiero nuovo, capace di sublimare la loro rivolta. L'originalità della tesi sostenuta da La Bo<!tie consiste nel dimostrarci che, 506

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