Volontà - anno XVI - n.8-9 - agosto-settembre 1963

macchiette - che vanno dal vecchio teatrino di Pulcinella al moderno complesso jazz con tanto di altopar– lante, - c'è il venditore di molle per calze e chi, non avendo possibilità di investire il minimo capitale, vende Ja propria opera per riparare accendisi– gari o per ungere le serrande dei ne- gozi. La cosideLta filosofia dei napoletani, tanto cara ai retori del folklore, na– sce da questa disperata volontà di so– pravvivere che riguarda assai spesso anche coloro che, pur avendo un posto fisso al di fuori di tale assurda autar– chia delle isole (cioè 11 quartieri sui 17 in cui è divisa la città vera e propria: Avvocata, Mercato, Montecalvario, Porto, Poggioreale, Pendino, S, Giu– seppe, S. Carlo all'Arena, S. Lorenzzo, Stella e Vicacria) non potrebbero co– munque sbarcare il lunario ». Del resto, la stessa razionalizzazio– ne urbanistica di Napoli è più pre– sunta (nei piani sempre rimandati e riverniciati al momento delle elezio– ni) che effettiva; per qualche basso chiuso c'è ora la cintura dei semi– tuguri periferici in continua espansio– ne. Oltre all'immigrazione, cioè all'ur– banizzazione napoletana dei contadini meridionali, questo processo è dovu– to alla speculazione edilizia della bor– ghesia partenopea che cerca di boni– ficare le isole depresse della città, confinando il proletariato lontano da Napoli, nelle più lontane perirerie, de– finite per l'occasione « quartieri de- centrati ». Si tratta di un'attività urbanistica che ignora tutti gli aspetti economici ed umani che si collegano a queste zone napoletane, le quali restano per 502 ora, malgrado le promesse elettorali, nel più completo abbandono. Ma l'as• sedio si fa sempre più stretto; la cit– tà moderna ricerca affannosamente aree edificabili nuove e le isole stan– no scoppiando ormai sotto l'interna pressione demografica (qualcosa come 44.000 persone per chilometro quadra– to contro le 15.000 della città moder– na). « E' doveroso frattanto denunciare - si legge ancora nella già citata in– chiesta ~ il proposito criminale di strappare di colpo questa paziente u– manità dalla propria dimora resa ad essa connaturata da abitudini e tra– dizioni secolari, e da un'ancestrale ci– viltà di adattamento ( si sa che lo spazio urbano delle « isole » abbrac– cia quasi tutta l'antica Napoli arago– nese nonchè le zone di espansione sei e settecentesche), per confinarla in assurdi alveari di cemento, costruiti nel minor tempo e con minore spesa possibile (case ultraminime e ultrn– popo\ari, dove il prefisso ultra dice tutto), tanto remoti e diversi dal– l'ambiente tradizionale e, si può di– re, campati nel nulla. Piuttosto che di una nuova sistema– zione si tratterrà, per la gente delle isole, di un duro esilio dove a ben pochi, del resto, saranno offerte le mi– nime possibilità di sopravvivere. D'altro canto, a parte la pessima qualità, le opere di bonifica, dal 1861 ad oggi, per il centro della città, so– no quantitativamente irrissorie se ti tiene conto della parte malsana ancora esistente ». Le cose non sono purtroppo cam– biate dunque, da ottant'anni a que– sta parte e gli autori dell'inchiesta possono così tristemente concludere:

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