Volontà - anno XVI - n.5 - maggio 1963

ne dopo avere accennato al Manzoni, al Tommaseo, al Rosmini cd al Gioberti, e, limitandoci a questi uominj, potremmo concordare nel riconoscere la possibilità, se la Chiesa e la civiltà avessero proceduto di pari passo, di un cattolicismo na· zionale. Ma la storia è più ampia della lclleratura filosofica e politica, ed essa ci dimostra che quel rammodernato cattolicismo dei cattolici-liberali non corri– spondeva esattamente a quello degli pseudo-liberali, amici del Dio-carabiniere del Dc Maistre. Bisogna, dunque. dislinguere. Luigi Provana, aperto nemico degli abusi del– la podestà ecclesiastica, nemico del potere temporale del Papa era cattolico, e così altri liberali. Ma di molti liberali moderati non è dato conoscere quale fos. se il grado di ortodossia del loro cattolicismo e le loro affermazioni filo-cattoli– che hanno carallere e significato politico più che spirituale. Quando, nel 1844, il D'Azeglio, scrive al Rèndu: • quand Ics masses y auront cessé d'étrc catholi– ques quc scront-elles? Ricn qu'unc pourriturc •, quel cathollques sta per religiose, poichè il D'Azeglio si trovava di fronte a masse cattoliche. E' la persuasione della necessità di annodare la Chiesa cattolica alla causa nazionale che spinge il D'Azeglio, il Balbo ed al 1 .ri liberali moderati a mantenersi in attivi rapporti epi– stolari con Luigi Doubet e<l Eugenio Rèndu, i fondatori del Cercle catholique sclcntifiquc et Uttcralre di Parigi, centro del movimento catlolico liberale di Francia. Ma quel movimento è seguito con più interesse politico che religioso, tanto è vero che uno dei suoi ammiratori, il Cavour, ascoltando, alla Sorbona, le conrcrenzc dell'abate Cocur. scriveva cli essere disposto a divenire buon cat– tolico il giorno in cui vedesse quelle idee generalmente e !.inceramente adotta– te dalla Chiesa! Abbiamo, dunque, un cattolicismo liberaleggiante ed un liberalismo filo-cat– tolico. Quest'ultimo si estende anche ai più eterodossi e perfino ai democratici in cuor loro mangia-preti. Lo scritto del Mamiani Nostro p.1rcrc lntomo alle cose Italiane, elci 1841, è caratteristico, in quanto mostra come certi liberali vedesse– ro nei preti cattolici gli uomini più adatti a inculcare l'idea della patria, facendo appello ai sentimenti maggiormente diffusi e più radicati nel popolo. L'indifferenza politica del popolo • traeva, dice il Montanclli, nel suo Il par– tito na7Jonale Italiano ( 1856), la sua origine soprattutto dal rusaccordo che re– gnava tra la Chiesa Romana e lo spiri lo nuovo•· Per far penetrare l'idea dell'in· dipendcm.a nazionale nella coscienza popolare, non c'erano che due vie: • o to– gliere questa alla direzione del clero, mutando la forma religiosa insieme con la forma politica; o persuadere al Clero di mettersi egli stesso alla tesla del pro– gresso liberale •· L1. seconda ,,ia fu quella scelta, e l'illusione culminò col fenomeno di Pio TX salutato liberatore d'Italia, fenomeno che trascinò perfino il Mazzini, che nel 1849. doveva, triumviro in Roma repubblicana, segnare la condanna delle illusio– ni n~guelfe. Comunque, la riforma mancò, nel Risorgimento. in Italia perchè l'ateismo e l'anticleric;).Jismo estremista furono agitati insieme con lo spauracchio rivo– lu1.ionario. Perchè il problema dell'unità. italiana fu visto essenzialmente, attra– verso gli occhiali di Cavour, come problema di Stato e di Chiesa: Stato accen– trato e Chiesa destinata a cimentare il potere monarchico e a tenere a bada le masse lavoratrici. CAMILLO BER 'ERI 281

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