Volontà - anno XVI - n.3 - marzo 1963

ci, dànno bensì un certo sollievo, ma finiscono col renderci più nenosi di prima, vale a dire meno resistenti in seno alle contrarietà e ai nervosismi di ogni genere della vita moderna. La storia della medicina, nelle sue tappe di progresso, è una delle più glo– riose e al tempo stesso una delle più discontinue. Si può dire che sotto un certo aspetto è antica quanto la razza umana. L'uomo, fin dalle sue origini, naturalmente fu sempre minato dalle malattie e sempre esposto a subire fo. ritc più o meno gravi, nella sua lotta continua contro avversità di ogni ge– nere. Altrettanto naturalmente tutto questo lo avrà fotto riflettere, sia pure in modo del tutto primitivo (I), e al– trettanto rozzi e primitivi furono cer– tamente i primi espedienti che esco– gitò per difendersi dai malanni. Ma il primo e fondamentale pregiudizio della medicina primitiva (anche se in un certo senso fu una specie di progresso, in quanto fu un atto razionale col qua– le il pensiero umano si domandò quale pctcva essere la causa delle malattie) fu quello della origine sopronnaturalc della malattia. Questa, per quelle ar– caiche mentalità, non poteva essere ge– nerata altro che da uno spirito mali– gno. Questo pregiudizio, che non ha una sicura data di origine (comunque non meno di diecimila anni a. C.) dominò incontrastato sino all'epoca della civil– tà ellenica; e Ippocrate fu il primo ad ~coni filosofi il dolore, nella SUA espressione più universale, cioè tisica e psicologica. in un certo senso si presenta come lo stimolo più possente che ha con– do110l'uomo verso i gradi più elevati dcJ– Ja ci\•illà. affermare che le malattie non si posso– no conoscere senza prima ossen•arc con spirito critico l'ammalato e rileva– re con diligenza i sintomi del suo ma– le: l'inizio, appunto, del concetto di diagnosi. Però è un po' deprimente rilevare che in qualche recesso della psiche vive ancora al giorno d'oggi il pregiudizio dell'origine soprannaturale della malat– lia. Vi sono, in primo luogo, i pelle– grinaggi verso i santuari i quali, sia pure inconsciamente, rivelano una spe– cie di sfiducia verso la scienza medica. Se si spera la guarigione da una gra– zia divina, questo significa che, nell'in– conscio, si è convinti che le malattie sono una sorta di punizione sopranna– turale. E non importa se, in campo di– vino, l'ingenuilà umann (! destinata a rimanere sempre delusa: è sufficiente un cosidctto miracolo ogni tanto inter– calato Ira un numero immenso di di– menticali per porre il santuario al di sopra dell'infinita pazienz.-te dell'instan– cabile ricerca della scienz..'l medica. E questo, per tanti malati, rivela una in– gratitudine senza nome. Viceversa, esiste una notevole schie– ra d'individui che sono disposti a ido– latrare il medico come un facitore cli mirocoli. La speciali;,.zazione, che con l'ampliarsi sempre più complesso delle ricerche mediche diviene, per così dire, una necessità tecnica, implica per lo specialista il dovere di essere dogma– tico e infallibile, perchè il pubblico lo esige, sia pure sem..a una chiara consa– pevolezza cli una simile esigenza. E questo avviene soprattutto nel campo delle celebrità mediche, senza appro– fondire, da parte del pubblico, il fatto– re umano, cioè il fatto che per quanto abili medici si possa essere, non si 139

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