Volontà - anno XIV- n.11 - novembre 1961

dell"Oecidcnle e dell'Oriente, convin– cerla che la ,·erilà, la giustizia non eono nè in un cam1>0 nè nell'altro, ma che solo in sè stes5a sia la salvez– za. llisognn rifiutarci di identificarci con la massa che non pensa ; bisogna che impariamo a valutare le azioni dei cosiddetti « grandi » servendoci di <1uelmodesto metro con cui valu- 1iamo le azioni individuali, perchè uon è ammissibile che ci sia una morale privala, ed un'ahra pubbli– ca, che è la negazione della prima, che serve n regolare azioni e situa. zioni che coinvolgono il destino di popoli e dell'intera mnani1iì. Biso– gna che il caso dell'aviatore che sganciò In prima atomica su Hiro– sdmn e Nagasaki, che vive ora sotto il ricordo terribile di quella strage, sia un monito per gli aviatori che volano sui nostri capi con tali terri– bili strumenti. di morte e morda le coscienze dei governanti. Bisogna in• somma constatare, aHa luce degli av– venimenti del nostro secolo, che non è vero che i mezzi giusrificano i fi. ui, è , 1 ero, invece che i mezzi condi– zionano i fini. In tanto conformismo dilagante, bisogna sapere andare conlro corrCn• te, bisogna sapere andare in prigione come Berlrand Russell, saper disub– bidire tulle le volte che la nostra co– scienza di uomini e di ciuaclini - che dev'esserci di guida in tutte le azioni individuali e sociali - ce lo impone. Si parla, oggi, e questa volta con• eludo veramente, di miracolo econo– mico. Porrebbe che tutti siamo di– ventati ricchi: bisognerebbe chieder• lo ai due milioni di disoccupati ed alle loro famiglie; a tutti i milioni o miliardi di uomini dei paesi sotto• sviluppati. Comunque, non neghiamo che il benessere, oggi, indipendente– mente dalla congiuntura altuale ita– liana (stando alle dichiarazioni uf– ficiali), è mollo J)iì1 diffuso cli soli cinquant'anni fa e che c'è uno sCor– zo, nelle classi dirigenti, per miglio– rare le condizioni economiche dei J>Opoli,e da parte dei paesi ricchi di aiutare <1ue.llipiù poveri ( non cerio per filantropismo). Siamo anche di– sposti a credere che in un non lon– lano a,•venire la miseria sarà scono– sciuta, che tutti mangernnno a suf– ficienza, che lulli avranno alloggi che saranno davvero te case», che tutti sornnno istruiti, che lutti avranno l'automobile, il frigorifero, pili va• canze pagate, piit tempo libero. Ma constatiamo fu1da orn che si sta veri– ficando un ben triste [cnorueno: la aliemtzione dell'uomo, In sua com– pleta estromissione dal poslo di la– voro, dalla vita sociale e 1>olitica. Al diffuso benessere corrisponde l'an– nullamento della personalità. Pare che l'ideale degli uomini responsabi– li della politico dei regimi di tutti i paesi del mondo sia quel robot che è s1u10 lancialo poco tempo fo dagli americani nello spazio. Ci troviamo di fronle al dilemma che si ponen Alberi Camus: « chi preferisci, o uomo: colui che t·ivuole privare del pane in nome clella li– bertà, o colui che ti vuol togliere la libertà per assicurarli il pane? :o Credo che potremmo essere meno pessimisti pensando all'avvenire se noi, con Camus, rispondessimo: (( Chi è il primo m cui debbo spu– tare?» GIOVANNA BERNERI

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