Volontà - anno XIV- n.3 - marzo 1961

conosco le cause di tale freddezza ho solo pietà dei miei genitori, ,•ittime anche Joro di una secolare schiavitù nella <1uale gli uomini sono diventati insensibili e incoscienti come pietre. Allora pensai ehe il matrimonio avrebbe placato il mio tormento. Conobbi un giovane, bruno, alto, robusto, dallo sguardo ardente. Era figlio di un nostro vicino di campagna. Per tre anni il nostro amore fu fatto solo di sguardi, di sorrisi, di cenni. Niente baci, niente carezze, niente lettere. Qualche volta che lui passava dalla strada mia madre si metteva dietro i vetri per non farmelo vedere. Lei non ci portava ~ pas• seggio perché, dice il proverbio, « i cavalli buoni si vendono nella stalla :o. Andar foori con le figlie è come ()Orlarle alla fiera e alla fiera si portano le bestie di poco valore. Per mia madre quel matrimonio era una gran !orltma, un'occasione unica, pcrcl1è io ero brutta e lui era bello. Si disse perfino che l'a,•e,,o stregato col mio amore. E invece ero casta e orgogliosa fino al ridicolo e il mio primo bacio glielo detti da sposa, davanti a tutti, al r.i.tonio dalla chiesa. Ricordo che la notte della vigilia nuziale non riuscivo a chiudere occhio. Ero angosciata senza saperne il motivo. Non era paura nè curiosità di quella che doveva essere la prima notte d'amore. Non potendo resistere a quell'incubo, mi alzai dal letto grande dove dormivano le mie sorelle e mi misi a passeggit1re per la camera. L'indomani non le avrei avute più accanto nel loro soave sonno di fanciulle che a volte a guardarle soltanto mi allietavano l'anima, e al pensiero di quel distacco piansi come una bambina. Poi chiamai mio padre e gli dissi che mi ero alzata, uon potevo stare pii:1a letto. Erano le due di notte. A quell'ora si sentiva mia vicina che agitando un canestro spagliava il grano in mezzo alla strada. Mi affacciai in vestaglia a chiederle perchè lavorava di notte e lei mi rispose che voleva lasciare In strada pulitn per il corteo nuziale, 11 suo gesto delicato mi commosse e uscii ,,er aiutarla. Rimanemmo fino all'alba in quella dolce fatica. A contatto col grano mi entrava lentamente nel• l'anima una mistica pace. Per il mio matrimonio l)apì1 spese senza rispar– mio quello che aveva guadagnato in due anni di duro lavoro in A. O. In quell'occasione potei appagare fiuahnente la mia vanità fc.nuninile nello scegliere i modelli, l'abito da sposa, il velo, il diaclema. Per ornarmi si preslò Giovanna, un'amica che aveva gusto e vesti,,a con eleganza. lo subivo tullo come un automa, con una segreta indicibile gioia che mi faceva ,;tarmale. La gente in chiesa restò sbalordita per tutto quello sfarzo di luci, fiori e addobbi, e si sentì qualcuno che sussurrava: «: Si vedono i soldi dell'Africa». Io non udivo nulla, nemmeno il discorso del parroco. Ero come inebriata, il suono dell'organo mi aprh 1 a le vie del ciclo. Né lo sposo né la folla né il pranzo nuziale riuscirono a distogliermi da quel rapimento. A casa, per stnr sola, chiesi il permesso cl'anclare su, ul primo piano, nella rustica stru1zctta dol'c avevo dormito fanciulla. Più tardi, sotto lo stesso tetto, accanto ai miei genitori, avrei trascor8o la mia «: prima notte». Anelai a letto con mio marito, rassegnata, come una pecora al macello. ]82

RkJQdWJsaXNoZXIy