Volontà - anno XII - n.10 - ottobre 1959

non vuole sedere al nostro tavolo, il padrone dic,;e: « resta con loro, non sono di quelli cattivi ». ln\'ece cattivi ci fece diventare proprio l'autista, <fUel giorno, con la sua instancabile sete di benzina. Gli avevamo pagato in partenza, il prezzo (7000 franchi) pattuito per tutto il percorso, e tiino a mezzogiorno non ci erano sute storie. Al ritorno, invece, questo marocchino dal volto simpa– tico, ritenuto l'au1is1a più amico degli algerini di tulta Tifiel, - con la sua Ford dalla carrozzeria e dal cruscotto talmente sconvolti, da parer visi1a1i da un tifone - ave\'a subito cominciato a fare le bizze; e noi a secondario, credendo scherzasse in buona fede. A ogni distributore di ben– zina, \'Ìsto, intravisto o inventato, eran lamenti cli desiderio: « deu,;t litres, deu:, seulement », al punlo da commuoverci tutti, uno per uno; e Ja storia pote,,a sembrare divertente, per l'esiguità della spesa ( 130 franchi) e per le smorfie che l'accompagnavano. A mano a mano, però, che scendeva la sera, tanto i posti di riforni– mento (trovandoci, oramai, in zona di maggiore traffico) che i suoi desideri a'infittivano paurosamente; e non più la richiesta scherzosa, piena di gesti increduli e improvvisi, ma la minaccia e il ricatto: « pas d'essence », <e plus d'esscnce », seguiti dall'immobilità e dal silenzio, di lui e della macchina. Tre volte questo scherzo, per fare cin<1uanta kilometri, da Meknès a Khe– misset, sinchè, su una piazza di questa cittadina, a solo 24 kilometri da Souk cl Djem5.a, la sua ultima ostinazione; e la prima, da parte nostra. « Se non ti muovi, vado al posto cli polizia », gli dice infine il direttore, con Ja rabbia negli occhi e nella voce. « Bene ». « Allora venite anche voi, è meglio; con gli stranieri non vogliono fare bruna figura >>. E ci andiamo, attraversando tutta la citladina, la macchina piantata là sulla ghiaia della stazione di rifornimento. Anche se sono ]e nove e mezzo, sono moho cortesi, i due agenti di turno; non hanno nulla che ricordi il loro mestie·re. Ci fanno accomodare in una stanzetta bene arredata, ascoltano le due versioni deJla storia (l'au• tisla sostiene di aver rice\'uto solo metà del pTCzzo cOn\'enuto e di aver fallo un percorso pili lungo; affermazione esatta, quest'ultima, ma nei ]i– miti cli una decina di kilomctri), si divertono all'incrociarsi delle parole e delle smentite, poi chiedono all'autista i documenti di circolazione; che non sono in ordine, al punto da far morire la storia in pochi secondi. Un agente esce con noi, e, preso a braccetto il marocchino, gli parla dolce– mente, al modo degli amorosi; e a metit strada si congeda, augurandoci buon viaggio. Sa1iamo, in un si1enzio tesissimo, sulla macchina che pare più squallida; lentissimamente il marocchino mette in marcia, ma subito si arresta, presso le pompe; silenzio ancora piìi duro; l'uomo scende, si avvicina ai tubi, prende quello dell'acqua, e riem(Jie il serbatoio con mosse precise, dignitose, da signore. Dopo mezz'ora - con il cuore contratto, ogni volta che la macchina rallentava, o ci pareva rallentasse, più del necessario - arriviamo davanti alla dimora del caid; scendiamo con gioia silenziosa e leggera; poi l'auto scompal'C, a motore spento, sulla pista in discesa. 588

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