Volontà - anno XII - n.10 - ottobre 1959

irreali. È forse il vento, che soffia quasi ininter.rotto dalle sei di sera alle sette di manina, a lucidare pianeti e slelle con tanta cura? Di notte si leg• gono le costellazioni anche senza conoscerle, tanto sono limpide; e se in– seguendole si salta la trincea ( che l'esercito marocchino ha costruito a zig-zag, alla moda della prima guerra mondiale, per cingere il sommo del– la nostra altura), si scende il declivio e si perde di vista la casa dietro gli alberi e le ondulazioni del terreno - guida il ritorno, nel silenzio della natura ormai fredda, soltanto la vecchia dinamo della scuola. Quando il motore cessa di battere, sono le dieci; e nel campo si va tutti a donnire: non è opportuno avventurarsi oltre. I cani - ogni casa •o capanna o tenda di pastori seminomadi ne ha due o tre - balzano Cuori ( anche a distanza di cinquanta metri) e corrono addosso inferociti, vici– nissimi: bisogna raccattare una pietra ( se la si trova) per tenerli lontani. Tuttavia t'inseguono, con un chiasso astioso e accumulato, anche se la tua strada è dalla parte opposta della loro casa; qualche padrone esce ad in– formarsi, un altro si offre di riaccompagnarti, o t'invita a prendere il tè nella capanna. Ma l'incanto delle stelle e i tuoi sogni ti son caduti ad• dosso improvvisi e il discorso già calmo sulla felicità umana ( ma chi ne parla più nel nostro secolo?) con il londinese tolstoiano, si è raggelato dal– la paura. Quella volta della felicità, a forza d'e\•Ìtare cani e case quasi ci per• demmo; e persino l'amico inglese che mi aveva continuamente assicurato d'essere ( con umorismo un poco fuori luogo) più o 111-eno sulla giusta via - quando fummo a pochi metri dal palazzo del caid - mi confessò di non poter più amare i cani, se avesse dovuto vivere in Marocco: lui che oltre a sua moglie inna'Q:lorata tiene in casa, per la compagnia serale, un gra• zioso animale. Quella sera eravamo tornati, l'inglese ed io, da una gita al lago: sulle cui rive lievemente collinose, con qualche bosco e un paio di ville tipo Riviera, c'è un grande albergo ristorante: terrazze, ombrelloni, trampolini, spogliatoi in muratura, mosconi a pedale; vaste sale con ampi caminetti e preziosi soffitti a cassettoni, graziose sale da pranzo separate, tennis, al– talena, educati autoparcheggi, ecc. Ma dentro nessuno, e fuori qualc·he eco• nomico bagnante come noi. Il proprietario, uno spagnolo, ha una faccia odiosa e un disprezzo per i pochissimi clienti da attirarsi, anche da parte dei caratteri più miti, esercitati al1'amore del prossimo, gli auguri cordiali di maggiori disastri. Ma insomma cosa importa a noi, se questo libero im– prenditore, questo cultore de1l'iniziativa privata in regime coloniale, ha giocato male e ha perso quasi tutto? Degli oltre trecentomila francesi se ne sono già andati dal Marocco, dopo il 1956, più di due terzi, e natural– mente i più ricchi; con loro faceva gli affari, senza di loro non li (a più. O cambia mestiere, se ne è capace, oppure crepa. Pace all'anima sua. se ce l'ha. 556

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