Volontà - anno XI - n.11 - novembre 1958

re produttore per creare una uuov.1 società. Bisogna avere una coucezio• ne rivoluzionaria, dei pensieri pre• ('isi e volontà d'azione, d'audacia e d'iniziativa. 'l'utto questo si può tro• varc anche in individui che non so• uo dei produttori, nel senso sindacn– listu e capitalista della parola. Nè Marx, nè Bakunin, nè Labriofo, uè Sorel erano dei produttori. 'l'uuavia, hunno Iauo per Ja rivoluzione, e con le idee che hanno immesso nel mon• do, molto di più di milioni di pro• duttori. Tra uu lavoratore che ha deOe idee e lotta per esse e un Jayo. rntore che non ne ha e non lotta, non c'è possibilità di confronto. Se non si sviluppano le qualità morali, si futisce per prelei·ire di vi– vere in schiavitù piuttosto che a{. frontare il rischio delle difficoltà di un'azione rivoluzionUria. E sono queste qualità morali che fauno del bipede a forma umana un uomo. Corriamo forse il rischio di per– derci in vaghe generalità che hanno la pretesa di dire tutto e non dico• no niente, o disorientano i lavorato• ri? Dobbiamo riconoscere che a vohe è accaduto in mezzo a noi. Per esempio, quando si dice ai la– voratori che « debbono prendere in mano il loro destino », « rilare il mondo» o altre frasi simili. Queste formule sono assurde tanto per chi le lancia quanto per chi le raccoglie. Che cosa significa « prendere in ma– no il proprio destino? ». E' certo che l'atteggiamento dei lavoratori ai quali ci rivolgiamo sarebbe diverso se gli parlassimo un linguaggio pii1 semplice, che precisi loro dei com• pii.i concreti. La vastità dei compiti · che vengono loro attribuiti con fra– si impressionanti li rende, necessa• riamente, refrattari alla nostra pro• paganda. Un'altra dilficoltà è la complessi. tà sempr~ maggiore delle relazioni sociali. Bene o male i lavoratori compreud'ono la concatenazione dei latti economici che, oggi, viviamo su scala mondialt. Ma sono incapaci di penetrarli ed ancor meno di domi– narli. La cowplcssitit della distribu– zione nazionale e mondiale delle materie prime, dei prodotti indu– striali ed agricoli grezzi e semila• vorati, del combustibile e clell'ener• gin, ecc. oltrepassa la loro capacità di assimilazione e d'imnginazione. Ed è <1ues1ala causa che li spinge a rinunciare alla loro partecipazione all'organizzazione sociale, e a la– sciarne ad altri il carico. La man– canza di responsabilitù non ha sol– tanto in questo caso un carattere mo• raie, ma anche un carattere intellct• 1uale o culturale. (Juesto carattere non riguarda sol– tPnh. la conoscenza di 1>roblcmi u– nivcn;ali o di alti problemi di cul– ttm1. Riguarda i 1>roblemidella pro· duzione, Jell'industria a cui appar– tiene ,,giii lavoratore. Che lo si vo• glia o no, ognuna di <1uesteindtistrie costituisce un organismo che ha una immensa ramificazione. Anche se invece di dire ai lavora– tori di prendere nelle mani il loro clestino, gli si dicesse pii1 semplice– mente di prendere in mano le loro industrie, essi esiterebbero ugual. mente, e lo si capisce. Come potreh• bero assumersi un compito che an– che quelli di loro che sono dei mili– tanti, sono incapaci di svolgere, al– meno con la rapidltà necessaria? Bisogna, dunque, perchè il pro. blema della responsabilità non spa– venti, semplificare le cose e le paro- 609

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