Volontà - anno XI - n.10 - ottobre1958

A N T o L o G 1 A UN MONDOA PARTE NELLA prigione di Vithsk seppi che Parigi era caduta da un piccolo IH'igionicro bruno che fu "-pinto nella nostra cella in un giorno di giu– gno del 1940, ]I nuovo prigioniero poggiò il fagotto sul secchio, si guardò intorno con dif_fidenza e timidamente si mise su un pag]ierjccio vicino al1a porta. Era simile ad un uccello che vola in una gabbia con molto sbattere d'ali? con gli occhi velati da una cataratta bianca, e un acuto becco ad uncino semiaperto ad afferrare il trespolo di legno con risolutezza. La cella stette in silenzio. Avevamo tutti trascorso abbastanza tempo ne1le prigioni so– vietiche per sapere che su dieci prigionieri nuovi-arrivati, per lo meno cinque erano informatori inviati lì dentro da un'altra cella per veder di captare qualcosa. La lranquilla conversazione a bassa voce si arrestò negH angoli più lontani della cella, ove l'udito d'el nuovo arrivato non polcva pe– netrare. Le figure chine dei prigionieri diventavano tese, le mani stringe– vano le ginocchia piegate, il loro sguardo fisso indugiava sul vo1to scarno di lui contorto in una smorfia di pàura. Era chiaro che per poter rompere ]a barriera di sospetto che lo circondava da ogni parte lo sconosciuto do– veva parlare per primo. Egli non sembra,•a, in realtà, un informatore. Nel guardare la sua fi– gura goffa, le mani allungate e le gambe slorte, la faccia con due orecchie enormi sporgenti come ali, e gli occhi neri che si volgevano ansiosamen– te in giro, io ebbi piuttosto la rnnsazionc di una grand'e traged1a, tma delle molte che la guerra allora scopriva nella vi1a di coloro che nella schiavitù avevano visto la mig1ior garanzia di libertà per se stessi. Egli sollevò im– provvisamente la testa dal suo fagotto, e con una voce aCfievolita dall'e– mozione sussurrò: - Parigi è caduta ... Uno dei prigionieri seduti vicino a lui tramutò queeto tremolante bi– sbiglio in un acuto grido violento: - Parigi è caduta! Cessò la tensione, e si udirono sospiri da quasi tutte le cuccette. Sta• vamo sdraiati comodamente con le facce rivolte verso la finestra e le mani piegate dietro la testa. Non avevamo più niente d'a sperare. Parigi era ca– duta. Parigi, Parigi... E' incredibile che anche i più semplici tra noi, gen– te che non aveva mai posato gli occhi sulla Francia, sentisse la caduta di Parigi come la fine della sua ultima speranza, una sconfitta più irrevocabile perfino della resa di Varsavia. Imparai a conoscere da vicino iJ nuovo arrivato nelle settimane suc-- 562

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