Volontà - anno XI - n.5 - maggio 1958

Men:a e dove l'amore è fattore di ben(>ssere, d'armonia e di felicità)), È una rantasia la quale però non s'allontana dalla praticità là dove l'autore pone l'accento su11n libertà, In soliclarietà, il lavoro, PoCficina, il i-tinrdino, e clove egli vede coordina– te aJ?;ri<'ohura e industria, venendosi a 1rovarc d'accordo con quei socio– lo~i ('hc vagheggiarono o vai;heg– p;iano - quali unità elemen1ari del– la convivenza sociale - le <"osidet• te cit.tà -,iarclino, di cui qua e là si lrovano tracce in ttitta la lclteralura utopistica. SC'mprc rc'ltando nel campo strut- 111rn!C' di una simile comunità, pri– ma di C',,i;aminarneil hmzionamen10, ~aria ~uperfluo dire che la <'omunità dovrebbe disporre di tutte le risorse, attrezza1t1re e servizi, rispondenti a ogni esigenza: alimenlazionc, vesti– ario, abitazione, istmzione, assi– stenza ~ani1aria e così via, sino a rng– giunp;cre - secondo il prinC'ipio del– la libertà - la maggiore autosuffi. f·ien::,a possibile. Da una tale comunità si trarrcBhe l'esempio per la costituzione di al– Ire comunità, le quali poi riunite in <'Onsorzio <'Ostituirebbcro le fodera. :doni: provinciali, regionali. nazio– nali, internazionali. sino al conse– guimento di quell'ideale di un mon– do unito cl1e oggi solo i più arretra– li o.i;<'rcbbero considerare utopia. Hitorniamo ora sulla comunil:1-cit• lii, la <1uale ci ricorda il socialismo ,-omunali!lta e foderalisla del Pisaca. ne, ossia il vap:heg~iato dc,·cn1rnmf'n- 10 amminislrativo, ('hc anch'esso ag– ,c;iungc un punto al conto della li– bert:'1. La dtlì1 cooperativa (esistono coo– pcralivc di decine e decine di mi- 266 gliaia di soci) verrebbe ad essere un'azienda a base agricolo-inùu. striale. Quale fenomeno e quali aspirazio– ni ci ricorda questa particolare s1>e– cie di azienda che si proporrebbe di unificare cittì1 e campagna in una sola circoscrizione? li deleterio fe. nomeno dell'urbancsin10, causa non lieve di crisi sociali, è a tutti noto. 11 contadino abbandona la terra per rifugiarsi in ci1tit sperando almeno in uua vita possibile, che la terra gli nega; il contadino che tuttavia non può abbandonare la terra si abban– dona al sogno del progresso uguali. tario che unificando cit1i1 e campa– gna arrivi un giorno a l'anccllare quésta iniqua disparitì1 t.·he c'è tra la vita urbana e quella rurale. Qui ci soccorre il Kropotkin, il quale, nel proposito di un'equa ri– partizione dei pc~i sociali, è fauto• re d.ell'(l integrazione», ovvero di una socie1à in cui l'individuo sia in pari tempo lavoratore intellettuale e manuale, conci i zione che se per ra– gioni di pubblico intcrcs.i;c doves:l(' comportare delle eccezioni. non per questo cesserebbe di essere accetta. bile. Il Kropotkin auspicando l'avvcn. to del « cittadino integrale» vuol1• disperdere la <'osiddetta « civiltù del– lo searicabarili », che si concreta nel– la, pili o meno confessata, leoria di « Far fare agli altri quello che è no– stro dovere fare noi » e che in pra– tica si mani[esta nella tendenza de. gli uomini acl arricchirsi, per non più lavorare, o per lo meno ne-Ila ricerca delle occupazioni meno pe– santi, anche in C"Onformità di un co• mune consiglio confidenziale, che si ripete sotlovoce: << Meglio comanda– re che ubbidire )). Dal che, (ra l'al-

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