Volontà - anno X - n.11 - 30 settembre 1957

Cosi Gactauo Salvemini è di tulti coloro d,c, pur non avendo il suo ingegno e la sua vnstn cuhura, amano quanto lui In giustizia e la ,•cril:'1 e souo pron1i a sacrificarsi per esse. l con1adiu.i della sua )folfcua (quei contadini che banno trovalo in Sal. vernini il loro primo difensore) sono venuti apposta dalla loro città per ,jc. porre un mazzo di fiori sulla terra ancora fresca della sua lomba, 1H'I pic– colo cimitero di Sorrc-nto, dove egli lrn trovalo il riposo eterno. E' l'omag– gio che più mi ha commossa, quello, mi pare, che avrebbe gradito di pii, il nostro amico scomparso. Non bo potuto essere attorno al suo lcllo, nè seguirlo nel suo ultimo viag. j.'!:io . .Ma voglio anch'io offrire qualche fiore alla memoria di Gaetano Salvc– miui: sono fiori che hanno il profumo della st,a grande bonlà. Nella mia vila difficile e piena d'ansietà che era quella dell'esilio, uu giorno mi arrivò una lc1tera di Gaetano Snlvernini che si trovava a Los An– geles per un giro di conferenze. Egli, sempre così a corto di tempo e preso da mule occupazioni, mi scriveva apposta pèr (iirmi di aver ricevuto uua cara lettera di Camillo (che in quel momento espulso dalln Francia si tro– vava a Bnixelles) in cui gli parlava di me in un modo tanto bello cd affet• tuoso (e mi scriveva lu parte che mi rigunrdavn), e per formi un regalo an– cora più bello aggim1ge,,a, per conto suo, espressioni di stima e di affet– tuosa amicizia per mc. Fu come unn boccaia di arh1 fresca il cui benefico cffclto i;;i prolungò nel tempo. Un'allra volta mi scrisse per dirmi di nndarlo a trovare perchè doveva <'Onscgnnrmi w1a rosa tnnto bello. Andai innnedi1t1anu.:111e. Egli era ritornalo da Bruxelles do,•e a,,cva visitato Camillo nella prigione di Forest. Si era mes– EO ct·accordo con lui per la difesa uel 1>rocesso che Caunillo avrebbe subito tra J>O<'O, in seguito agli ignobili raggiri della spia Menu pace. La cosa tanto bella che mi doveva dare era una lf'llern di Camillo che non era passata altrnverso Ja ccnsurn della prigion<". Consegnandola mi dh•~e d~ averla lctln perchè temeva che Camillo 1111 dicesse c•ofe che pote• vano mcllerc-i io altri pasticci « e nei 1x1stù;ci » c~li oggiunsc « ci siete Ji- 110 11l collo. Ti debbo confessare, pcrO, clic mi sono t,'C11ute le lacrime agli occhi se,ueudo la 1e11cre::.::.o e l'omore clie lia per 1e e le vostre figlie». A Gaetano Salvcmini vivo, non avrei mai osalo dirgli che lullo quello crn rimasto e rimarri1 incancellubilf' nel mio cuore. Glielo posso dire sol– ltlnto ora. GIOVANNA BERNERJ 617

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