Volontà - anno X - n.1 - 1 agosto 1956

della mia percezione sia un oggetto «esterno» (dove però questo stesso termiue ha uu significato ,•ago): se odo il cane abbaiare è perchè (o, per lo meno, è anche perchè) il cane abbaia. Di fatto, la cosa non è cosi semp]ice, perchè io possa udi.re il cane abbaiare anche quando non ci sono, a portata di udito, cane che abbaiano. Questa argomentazione basterebbe da sè a di– struggere l'argomentazione dall'« effetto)) (percezione) alla «causa>> (co– sa in sè esterna): ma vale anche per un migliore approfondimento della questione. Infatti, se odo il cane abbaiare io posso stabilire se esso è o non è la << causa » della mia percez·ione (e questo rapporto si verifica spesso nel– la vita sociale) ricorrendo a una serie di controlli empirici, vale a dire ri• corrE'mlo a un sistema di percezione rispetto al quale l'affermazione che il cane abbaia (o no) diviene coerente col sistema stesso. In questa specie Jj controlJo erupirico (che è quello che si fa attualment.e) non si esce dalla sfora dell'evidenza sensibile, nella quale il nesso causale sta ad indicare un collegamento empirico tra fotti di esperienza. Il processo qui non consiste nel risalire dal latrato-percezione al «cane», ma consiste nello stabilire una co1111,,-ssione tra il latrato-percezione e wui int.erc,.serie di altre perce. zi.o,ii: il «cane» a cui in questo caso si perviene è un nodo o nesso di per– cezioni diverse raccolte nell'unità di un significato. Ma invece non potrei mai controllare se ]a << causa» del latrato-percezione è il « Jatrato in sè » (e, a sua volta, la causa di questo è il « cane in sè »). <Dunque: una volta ammeeso il presupposto realistico, il « dubbio i1>er– bolico >)è invincibile, i sensi ci ingannano e possono sempre ingannarci - le conseguenze scettiche non si eliminano se non con un atto cli fede <1ua– lunque. 6. - l 'rovir.mo invece a togliere il presu1>pos10 realistico. Lo scettici– smo cade con esso. lo sono certo delle mie percezioni, per quello che s0110' - ~ono certo della loro certezza pragmatica, per quelJo che ne faccio uso quotidianamente, per quello che riesco a comunicare ai miei simili, e i miei simili a me. li mio cane è quello lì, ai miei piedi, che addito, vedo e posso toccare, che •posso mostrare, far vedere, far toccare; il Presidente della Re– pubblica esiste - è quello che inaugura la Fiera Campionaria e finna i decrcli-lcgge. Se dico << il cane abbaia», <1ues1anon è un'immagine di un incontrollahile ra1>porto tra incontrollabili « oggetti )): è l'enunciato di m1 evento, enunciato controllabile di un evento controlJabile. Enunciati come « il cane abbaia» o e< il nonno s1ernuta » si chiamano protocolli: essi sono certi, di un'immediata certezza pragmatica; certi, per– chè esprimono, comunicano, organizzano e conleriscono s'ignificato, ad atti e comportamenti che costituiscono la trama della mia vita quotidiana; per– chè implicano, e sono imp.lica1i in, una serie di altri enunciati dello stesso genere, attraverso i <1uali si attua, nella società, la vila degli individui e la vita della società stessa. Essi non rimandano a nulla che sia prima o dopo di loro; mediante essi gli uomini si intendono qualunqtuj, sia la loro even. 26

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