Volontà - anno X - n.1 - 1 agosto 1956

tuale concezione metafisica. IL solipsista e il platonico potranno discutere in:'ieme per anni e non si intenderanno mai; ma se la loro discussione si scalda, e si minacciano di 1nendcrsi a pugni, allora si intendono benissi– mo - dal linguaggio metafisico incomunicabile sono passati al lingnaggio pragmatico. Per questo il senso di tali espressioni non è altro che gli eventi enunciati o annunciati nello loro immediata evidenza sensibile: e dire che questi eventi fòono certi non significa altro che dire che essi implicano tutti gli eventi della nostra vita sociale, o sono in essa implicati - che qualunque azione (ed anche l'inazione è azione) sarebbe contraddittoria alla negazione di es~i. Se è vero che posso dubitare di tut.to , ma non posso <lubita.redi esi– stere, è anche vero che non posso dubitare di tutto ciò che è concrelamente im1>licato nell'esistere concreto. Se questo è realismo, è comunque ben distinto dal realismo ontologico; è un realismo pragm11tico, o realismo del senso comune. Esso parte dai pro– tocolli come immediatamente, 1>ragmaticamente, certi e primi, com~ costi– tuenti il tessuto fomhnnentale di c1ualuuque costruzione culturale, per quau. IO sofistica e complessa; quando si dice che« il cane esiste)) non vuol dire altro che <1nesto, che il cane lo vedo li, che respira, mugola, scodinzC1la e si gratta - non si parla di un'« esistenza in -sè » di un « cane in sè ». E se si dic:,eche << l'Imperatore è nudo )), si vuole dire soltanto che l'Imperatore non ha indumenti, punto curandosi di quegli indumenli melafisici che ogni fe. dele ~uddito deve vedere. Nè <1ues10 realismo del senso comune <leve chiamarsi fenomenismo. Quest'ultima C una fol"ma di metafisica come le altre - ver giunta piì1 e,,j. dent~mente contraddittol"ia. Dire che « il mondo consta di fenomeni >), o anche, con Schopenlrnuer, che« il mondo è la mia rappresentazione», equi– vale a ,•oler dimostrare Ja non-esistenza <l,i Dio: accettare cioè tulla un'im– palcatura meta'fisica, accettare la realtà del proprio oggclto <li ricerca, e poi negarlo. (È lo stesso errore fondamentale dell'agnosticismo e dello scetti– cismo) .. li « fenomeno>> è fenomeno in quanto nwni.festu::ione di qualcosa - diciamo della « cosa in sè )). Esso dunque, già da principio, non è con– cepito come cosa che è tutto quello che è, ma come una realti1 « diminuita », che rimanda a una realtii più piena, come un « contigente », che rimanda a un necessario, un « finito » che rimanda a un infinito. È naturale che una realtà come il« fenomeno», così concepita e definita in rapporto ad un'al– tra rimandi all'altra: onde l'(< integrazione>> o(< risoluzione» razionalistica del (( cfouinuiLo >J nel pieno, del « conti gente>> nel necessario, del « .finito >> nell'infinito. Ma ove qucst'ahro piano sia negato dopo essere st;1to po3to, ec<:o il << fenomeno n viene a trovarsi nella paradossale situazione di essere una <( manifestazione >>, oppure di non aver niente dietro -di sè da << mani– festare » -· onde quel1a domanda tanto tipica di ogni forma di irrazionali– smo metafisico di Schopeiùrnuer a Heidegger: percbè l'essere e non in ge– nerale il nulla? Domanda priva di senso, a cui fatahnente verranno date ri– sposte altrettanto 1>rive di senso. 27

RkJQdWJsaXNoZXIy