Volontà - anno X - n.1 - 1 agosto 1956

1nen1ale che ci facciamo de]b « res ») segue quasi tautologicamente. Ma posto ciò, le conseguenze autoritative non mancano di farsi sentire. Il pen– !Ìero infatti non contiene alcun criterio per stabilire l'adaequatio, proprio perchè il suo criterio l'ha fuori di sè, neJla res. La realtà bisogna « coglier– la\), «afferrarla>) (onde il termine scolastico di apprehensio); ma non si sa mai se abbiamo a1.,-chiappata una cosa reale oppure un'ombra. Di qui Pintl'oduzione surrettizia di una seconda norma, la quale stabilisce, senza alcuna prova 1>ossibile, jn quali casi sia av,•enula l'a.pprehensio e in quali no; o per lo meno fissa dei campioni (spesso in Coronadi principii generali) di verità resi obbligatori in for,rn dell'autorità di cui godono coloro che sta– biliscono norme e principii. La « ,,erità » diviene allora la conformità a un conrnudo - di qui 1a famosa teoria della « praticitù dell'errore» tanto cara alla maggior parte dei meta!fisici idealisti, a 1>artire da Cartesio. Ma la« praticità dell'errore >> significa il diritto di punire l'errore - vale a dire quello che per le autorità costituisce l'errore. Un altro aspetto della medesima situazione è dato dall 1 arrogarsi di alcuni ,di « intuire » Ja verit:1, il ,•ero essere etc. - Si introduce una capa– citli, di cui in pratica vengouo investiti (spesso per auto-investitura) solo alr.uni privilegiati, di acchiappare immediatamente la realtà: apprehensio sintple:x, e sinonimi. Si legge in Diogeue Laer,tio (VI, 53) che Diogene Ci– nico, udendo una volta Platone che dissertava illtorno alle id.oc e 1>arlava della tavolinità e della taz:;inità, gli disse: « O Platone, .io il tavolo e la tazza li vedo, mn non vedo la tavolini1ù e In 1azzinità »; al che Platone: « I~giusto», rispose; << quelli con cui si vedono la tazza e il tavolo - gli occhi, li hai; quella con cui si scorgono la tavoliuità e la tazzinità - la mente, non l'hai ». Qui viene indebitamente estesa un'esperienza comune; i ciechi e i sordi non vedono i colori e non odono i suoni; si vaneggia di una (( mente » che dovrebbe scorgere 1e «idee», il vero essere, ]a realtà che solo aristocratici e raffinali come PJatone e i suoi amici oligarchi o tiranni possono scorgere - mentre di fronte ad essa i rozzi uomini qualunque, come Diogene, sono ciechi e sordi ... sprovvisti di mente. 4. - Fideismo-autoritarismo e scetticismo sono gemeUi. Filosofica– mente, lo scetticismo è la conseguenza di una concezione realistica del CO• noscere. Una volta intesa la conoscenza come immagine mentale di una realtà esterna e Ja verità come corrispondenza di twa tale immagine con qut>Jla tale realtà, la proposizione che afferma o nega la corrispondenza restu co ipso priva di senso, per il fatto che essa non può più « corrispon– dere» a niente, non è vili « immagine» di alcunchè . ... Dum1ue, ... la rea.ltà consta di eventi; e l'evento è un'insieme di ele– menti semplici, i quali contengono in -sè, a priori, la possibilità di entrare in una o nell':1ltra determinala connessione. Ciò posto, che cos'è la conoscenza? E :in particolare, che cos'è la conoscenza vera? Qui diventa ineliminabile la concezione della conoscenza come immagine. Noi (chi o che cosa, poi, sia questo «noi» è inutile chiederlo) ci formiamo immagini degli eventi; 23

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