Volontà - anno VIII - n.11 - 15 marzo 1955

che c<1uivale ad. annullarci. Un mo– vimento sociale che volge le spalle a tale realtà psicologica - forse de– terminata da lontane cause naturali, geografiche, tellur_iche, climatiche - si situa aJ difuori della vita e della storia. Ed ogni azione che non sia guidata dall'intelligenza illuminata dalla conoscenza non può, nel domi– nio umano, condurre che al falli– mento od al caos. Ogni studio serio e d'una certa profondità conduce alJa scienza, si assimiJa alla scienza. Ad esempio, d.'alcuni 1ibri che ho scritto :in spa– gnolo mi è stato detto che avevano carattere scientifico. Tuttavia io non avevo tale intenzione nè tale prete– sa. Ma scrivendo dei problemi eco– nomici della rivoluzione ,spagnola, allora prevedibile, ho cominciato - e dovevo fatalmente cominciare, se volevo scrivere con l'onestà intelJet– tuale che s'impone ad ogni uomo re– sponsabile - con l'occuparmi di gcogra:fia, poichè le possibili1à eco-· nomiche d'un paese dipendono pri– ma di tutto dal suolo, dal sottosuolo, dal fattore clima. Poi dell' agricol– tura, dei rami principali dell'agri– coltura, delle prod.uzioni, dei rendi– menti, dell'energia e delle possibili– tà di energia, <leUc materie prime, delle diverse industrie, del numero dei lavoratori occupati in ogni 6pe– cialità, delle importazioni e delle e– sportazioni, delle -possibilità e dei Ji. miti d'autarchia in caso di blocco in– ternazionale prolungato, dei trasferi– menti prevedibili di lavoratori da una industria ad un'altra per man– canza di materie prime, (senza mettermi sul piano dei trasferimenti obbligatori dei regimi totalitari, si intende), della messa al lavoro di 652 1>opolazioni fino allora parassitarie. Infine ho dato, su tutte tali basi - sea_uendo le_ tradizioni comunalisti. che, ]a psicologia spagnola cd i mez– zi immediati di organizzazione di cui noi disponevamo - uno schema di struttura istituzionale, ma uno sche• ma per nuUa definitivo. Tutto ciò si era imposto, trascinandomi insom– ma di maglia in maglia, perehè fa– cevo uno studio documentato e non della letteratura. Mi fu detto poi (e tale fu l'opinione di Fabbri che si– tuava molto in alto il mio libro) che a,•evo fatto uno studio scientifico. Ne deduco soltanto, ripetendomi anco– ra, che ogni investigazione seria di qualche profondità si assimila al1a scienza. E se è vero che l'immagina– zione può talvolta anticipare sulla scienza (essa è un ausiliario indispen– sabile dell'intelligenza) come è acca– duto nella psicologia del XIX secolo, non si può rifìutare in sociologia (e l'anarchismo è una scuola sociolo– gica) la conoscenza, cioè poco o mo}. to la scienza, senza cadere nella de– clamazione, in tutte Je deviazioni del verbalismo ;filosofico contro Je quali ad es. reagiva esasperato Riccardo Mella in opuscoli come « Por la a– narquia » e talvolta lo stesso Malate– sta. Il problema è essenzialmente que– sto. O noi facciamo della lctteratu• r.a pseudo jnteJlettuale che steriliz– za il pensiero e per conseguenza la azione, o noi lavoriamo col metodo che ha così potentemente aiutato la parte di umanità che di esso s'è ser• vito per elevarsi. Quando scrivo ciò non dimentico le obiezioni che io stesso muovo agli scientisti unilateraH per quanto con-

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