Volontà - anno VIII - n.3 - 1 luglio 1954

opportuno non dimenticare mai che la scuola attiva non può fiorire e pro– s1>erare se non in una atmosfera di liber1i1, che dobbiamo difendere in tulle le manifestazioni della vita. E' bene'ripetere fino ,dia sazietà ehe l'attivismo non è un problema 1mramente didati ico, ma prima di tutto un problema sociale. L'es1>erime11to, cui ho accennato, è nalo dalla J>ersuasione, condivisa or– mai da molti in Italia, che la nostra scuola io tutti i suoi settori sperpera le migliori energie dei ragazzi e dei giovinetti proprio nel periodo del .lo– ro piìi pieno rigoglio, e non li pre- 1>araal compito sociale che li atten– de. E' nalo altresì da un'.'.lltra per– ~uasione, che l:l. scuola o si salva da sè con un moto s1>ontaneo ed auto– nomo di rinnovamento o è destinata a sequestrarsi ancor piit dalle for– ze ,·ive del paese e a J>erdere quel 1>ocodi efficacia che le è rimasta. ~on sarebbe bastata però la no– stra ferma volontà di realizzare il noslro piano, se le circostanze ecce– :donali che seguirono allo sgombro dei tedeschi da Firenze non ci aves– sero fortemente aiutalo. Per parec– chi mesi la scuola, come altre istitu. zioni, rimase quasi in balia del pri– mo occupante, res ,iullius. Con ]'aiu– to delle autorità provvisorie is1ituite dal Comitato di Liberazione, ci è sta– lo possibile insediarci in una scuola elementare e iniziare l'esperimento. lmpostosi tosto, esso potè poi resiste– rf' ai 1entativi di sop1>rcssione. Questo accenno non è forse inutile per capire meglio quello <'hc dirò e le difficoltà che deve incontrare ogni 1en1a1i,•odi lrasformare la scuola tra– dizionale in senso atli,,istico. Ci proponevamo io cd i miei colla- boratori di trasformare una scuola elementare tradizionale in una picco– la comunità cittadina. I noslri alun– ni provenivano da uno dei quartieri piìi malfamati di Firenze ed erano e sono quasi tutti in pericolo sociale. Il nostro 1>rogramma {u formulato schematicamente nelle sue Jjnee fon– damentali sin dall'inizio, ma si è ve– nuto arricchendo e articolando in se– guito ai suggerimenti dell'esperien– za. Non abbiamo costrujto nulla a 1>riori; si tratta di una crescita fisio– logica e organica. Non si è voluto es.. sere 1< originai i >1, ma ascoltare pili che fosse possibile i suggerimenti della necessità. Per questa ragione esso può vantare, mi pare, un certo valore esemplare. Quale era questo programma? Uno ,di noi lo espose fin dal gen– naio del 1945: << Il difetto maggio– re della nostra scuola è l' isolamen– to dalla vita, la sua eslraneilà agli interessi ed ai problemi effe1tivi della collettività. Verbalismo, mora– lismo, letteratura in senso deteriore nei gradi medi, accademismo e dot– trinarismo intelle1tualistico negli in– segnamenti superiQri. Ri.fò"rmare la scuola significa anzi tutto riaffiatarla con la vita. Qualsiasi innovazione, anche la piì1 amlacf' e ra,licale, che non muova dalla coscienza ,,iva cli questo dissidio, è destinata a fallire. li che significa in sostanza che il 1>rohlema più urgente non è innto la riorganizzazione giuridica degli isti– tuti, quanto piuttosto ]a trasforma• zione della coscienza e del costume, non tanto i.I legiferare quanto il fare. Procederemo tanto meglio per la via giusta quanto meno attenderemo dal– l'alto, per esempio dagli organismi p:overnativi, e quanto piÌI ci affidere– mo alle nostre forze, ben decisi a far 143

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