La Voce - anno II - n. 53 - 15 dicembre 1910

458 LA VOCE novatagli, sotto Giolitti, tre mesi innanzi la scadenza [v. dis. dep. Chiesa, 1 1 111, IO] amico di Na1han e di Rava, ricevuto, e non una volta sola, in udienza dal re) e Barzilai (ex letterato ed ex critico drammatico della Trib1t– "a, eletto d'improvviso a deputato quale primo triestino capitato fra mano ~uando si volle pro– testare contro lo scioglimento del Pro pairia). Per opera specialmente di questi la massoneria italiana ha parte nelle campagne elettorali del partito liberale. Ora Barzilai è - dicono - repubblicano ; il 33 del la massoneria è - dicono - repubblicano ; la massoneria è - dicono - in gran parte repubblicana; a Trie– ste esiste un partito repubblicano puro: - e la massoneria italiana aiuta, contro di lui, il partito liberale monarchico. I repubblicani di Trieste (esasperatamente ingenui) spediscono le loroco,Tispondenze alla Ragione, e sulla Ra– giom compaiono si e no, e qualche volta sfor– mate in senso liberale. E qui si noti che la massoneria ha parte notevolissima nelle in– for.mazioni dei giornali regnicoli su noi, sic– chè il pubblico italiano è quasi sempre in– formato soltanto in senso e liberale >. (In· elusi molti dei giornali socialisti). È chiaro poi che l'irredentismo della mas– soneria è come il suo anticlericalismo: una prosecuzione corrotta di principi iniziali che ora servono a coprire gl' intrighi favoritistici e ad accalappiare gl' ingenui. Ora, la dinastia saba,uda, nei mutamento della sua politica interna ed esterna, e non avendo più paura della repubblica, ha capito di potersi servire du1,licemente della ten– denza bloccarda e francofila del la massone– ria. La dinastia sabauda ha, bisogna ricono– scere, un'intelligenza: capire lo stato d'animo predominante del paese, adattarvi la propria politica magari contro i sentimenti e le vo– glie tradizionali, e dominarlo. Meno Um– berto (o la germanica Margherita) eh' ebbe forse una volontà, nessuna iniziativa, nè mo– rale nè dannosa, parte da casa Savoia. È la dinastia abulica per eccellenza, e perciò pro– babilmente sarà una delle più durevoli. Quand'è rappresentata da Carlo Alberto, da uno avvinto strettamente alle tradizioni antiliberali e austriache della casa in un tempo di violento liberalismo e italianismo, nasce il dramma; quando da Vittorio Emanuele lll, l'idillio un po' inquieto del distendersi della grazia divina nella volontà democ•atica, bor– ghesina, nazionalista della nazione. Insomma I' infermierato inutile in Calabria invece che la direzione dittatoria, necessaria, a Roma. Il Ferrari e il Labriola hanno notato be– nissimo come la storia di casa Savoia sia un continuo ripiegarsi dalla Francia all'Austria, e viceversa. Ma ba subito anche in questo il carattere della storia italiana. E ora, fal– lita l'Africa, il Mediterraneo, l'Austria, la case dinastica s'è voltata ai Balcani, all'Adriatico, alla Francia. Soltanto è chiaro che il popolo italiano non l'asseconderebbe, nè voterebbe i miliardi, in una guerra d'oppressione na– zionale. E dunque essa si serve, come frin– guelli allettaioli, di Trento e Trieste. Non credo che Vittorio Emanuele lii sia sinceramente irredentista. Ma il suo governo eccita l'irre– dentismo. P. e.: la Trento-Trieste è eviden– temen le monarchica. E monarchici sono gli .scalmanati irredentisti di Venezia {il Foscari): anche perchè, sediovuole, un irredentismo an– ,tiaustriaco non può far altro di effettuale, per ,I momento, che favorire le linee di naviga– zione italiane contro le austriache; e nel fu– turo - la Macedonia è necessario diventi scalo della risorta Venezia. Stando cosi le cose, è naturale che il go– verno della monarchia, volendo amicarsi i paesi slavi, non dia i fondi per una banca italiana a Trieste (cioè che tutta l'opera della massoneria si riduca a quel che s'è detto e ai discorsi dei Barzilai), e faccia di tulio per rendere difficile il giro di capitale italiano nelle province irredente, come giustamente affermò il de Frenzi al congresso nazionalista. È naturale: per la preoccupazione troppo ser– vile, cioè troppo poco accorta, della politica nostra alluale. Ma in realtà un efficace aiuto regnicolo agl'ilaliani adriatici sarebbe fra altro, un'astuzia politica. Chi non si difende non sa difendere. lrrreJentismo imperialista. Avrebbe un pro- gramma enorme, come si sa: l'Adriatico, il Mediterraneo, oltre le Alpi, magari verso l'inlerno dell'Europa, fin dove l'flalia ha ca– pacità d'espandersi e gl'imperialisti fiato: l'in– linito e l'i~definibile; qualche cosa come la scimiotlatura completamente antilaliana del pangermanismo; l'esasperazione del senso mo– narchico; la lelleraria reazione alla politica centripeta italiana. Trieste e Trento non sa· rebbero che particelle, magari trascurabili. Perchè, in fondo, quando si obbliga l'impe rialismo a star col naso contro la realtà, esso si riduce al monarchico machiavellismo pie cino <li cui ho dello or ora. Era programma del Regno, che mi dicono alcuni avrebbero voluto chiamar Impero. Poi, rinato per opera del Corradini, e dei suoi discepoli (non so se devo dire: bontà loro!, o: bontà di lui I) nei Trico/or, torinese, è in rapido processo di sgonfiamento. Non occorre che ricordi la rinunzia del Corradi.n~ c~ ferma1a dall'~ntervista nel Nuovo Giornale del 6 dic. 1910. (V. anche l'indignazione del Viana - porero figliolo I - nella Tri– b1t11a del i dic. 't910J. Irredentismo morale Dico l'irredentismo di chi si preoccupa più del fallo etico che della conquista territoriale, e crede che per dare nuovi valori a una nazione sia ne· cessaria una guerra. È l'irredentismo affer– mato dal Caroncini nella Voce (p. 362): una derivazione pra1ica e simpatica dell'eterno nazionalismo-sindacalismo corradiniano: i I ro– vesciamento della propaganda « antiguerra· fondaia ». Non disculo il valore morale della guerra. Credo che, snche se finisce in sconfitta, possa far bene purchè sia sincera; voglio dire che come l'individuo può rinascere a nuova at– tività elica dopo il « no assoluto • purchè la sua negazione non sia stata falsa, letlera– ria, montata, cosi una nazione dopo un di– sastro purchè la guerra abbia avuto premesse e scopi conformi alla sua tradizione storica. P. e., non bisogna dimenticare il senso della nazionalità dell'halia. È la ragione della sua esistenza, e la sua più precisa funzione nel– l'Europa. Mazzini è italiano. Ci costituimmo a nazi'one con le parole di Vittorio Ema– nuele: e quei larghi principi di nazionalità, .. , Odiamo l'Austria specialmente perchè I' im– personiamo nel governo sopraffatlore, per ec– cellenza, di nazionalità. Fummo con i boeri e siamo magari con gl' indiani contro gl'in• glesi. Niente è tanto lontano da noi che lo spirito romano; e perfino avemmo simpatia, contro di noi, per gli abissini. Noi siamo an– timperialisti. È sentimentalità dannosa? lo credo che sia il nostro più profondo rispetto per la nostra storia. Contro I' inorientarsi dell'Austria non avemmo e non avremo al– tr'arma che difendere la libertà nazionale dei popoli balcanici. Una guerra, anche se vitto– riosa, contro allre nazionalità sarebbe contro noi stessi : e la riprova ne sarebbe il non saper come governare i popoli sopraffatti. Anche non bisogna dimenticare una cosa ormai trita e ritrita, ma che purtroppo bi– sogna continuamente ripetere : che l'eroismo « delle schioppettate » non può più niente in una guerra moderna. L'eroismo guerresco attuale è disciplina e freddezza matematica : qualità che ancora mancano del tutto agi' i– taliani. Noi siamo ancora zuppi di garibaldi– nismo. E prima di accingerci a una guerra, dobbiamo imporci con lungo lavoro questo adattamento del nostro spirito alla necessità guerresca attuale. La guerra può essere una sconfitta: dobbiamo almeno prevenirne le con– seguenze tragiche col sconfiggerci prima da noi stessi. Ed è una preparazione questa molto più grave che non l'aumento dei cannoni. lrredmtismo colturale. È l'irredentismo triestino, e quello che i socialisti afferma– rono per la prima volta, negando I' impor– tanza dei confini politici. Ed è l'irredentismo della Voce. Noi non ne1thiamo I' importanza dei cc.,n– fini politici ; ma sentiamo fermamente che non contengono la patria. L'affetto di patria è il ritrovarsi storico d'ogni attività indivi– duale in una tradizione consentanea ai suoi bisogni e desideri ; è la forma speciale e il compiacimento in cui i valori contempo– ranei s infuturano. Questo importa all'uma- BiblotecaGino Bianco nità e al tempo: il resto è necessità pratica, zioni iro fondo sociale nelle occasioni d cotidiana, di cui le nazioni e gl' individui più sdegno; IV) inca acilà di organizzare ali' oc colli sentono sempre maggiormen1e la caducità. rrloni neanche oa volta le varie e contrad Noi, è inu1ile negare, \'iviamo internazional- ifitorie manifest zioni cli prolesla (dopo i fatt mente ; e fra un tedesco intelligente e t' di Vienna no era logico che la Trento italiano sciocco, preferiamo il 1edesco. In n T(ttste organizzasse e coordinasse lei le di cerio senso, dunque, ma nel solo senso po - mo&tazioni ?) ; V) che per proposta del Bo- s1bile, è già compiuta la confederazione dei Ji nel 19 r I tulli gl'italiani devono man- popoli. f dare il proprio biglietto da visita con fran- Nel caso panicolare, poi, cotesto irreden· ) cobollo della Lega Na{io11ale al sindaco di tismo di coltura, che tenta di edueare gl' i- Roma. laliani al ~iccolo sacrificio, è la più efficace Ma risponderanno che l'opera più proficu preparazione a qualunque lontano evenro. Se è la più segreta. Sta bene: purchè il segret< centomila regnicoli si facessero soci della non consista di dare massonicamentc, aiuti a Lega Natio11ale, la guerra sarebbe me!)o te- partito liberale di Trieste, che è l'antirredenti mibile. E dunque la nostra « aslrazio!)e idea- sta per eccellenza I listica » è proprio l'attività più pra1i.!a; tant'è Ci sono poi le varie forme di « batta vero che quando l'irredentismo nazionaliSla glio01 volontari >. Alcune sezioni saranno, si concreta in qualche proposta diventa ... la non dubito, serie. Ma appena un qualunque relazione pacifista-colturale del Sighele, pro fatto interno della nazione utilizzi cotesti pdocomel'antitriplicismonazionalistadivenra... « volontari », salta fuori l'eroismo della co- la relazione triplicisla del de Frenzi. È la ~ati•. S..Wèmi ha detto per quelli di vendeua della realtà. Molfetta; io ricordo come ci tenevano a Fi- Soltanto che noi siamo coerenti, cioè si11- cert'. G I' irredentisti, in riguardo alle province giuliane, si trovano in un seccante impiccio: da una parte senlono che il popolo italiano deve credere che tutta l'Istria e il Friuli e Trieste sono italiani, e perciò fanno apparire gli slavi come un'invenzione e un aizzamento del governo austriaco; dall'altra, volendo ch'esso s'interessi e aiuti i fratelli soccom– benti, dovrebbero mostrare chianmente qual'è e quant'è il pericolo. E cosi vanno avanti a furia di reticenze e di però. E querimoniano che i regnicoli non sappiano e non s'occu– pino! Invece gl' italiani devono sapere ; e prima di tutto perchè è opera immorale eccitare una nazione con una realtà inesistente, e spin• gerla a effetti che non conosce e non vuole. Dicano ciò che desiderano: ma questa è la realtà: e qui è il « Rodi > del!' irreden– tismo per le province giuliane. Troppo facile e troppo malsicura cotesta convinzione che non sopporta obbiezioni I « La verità non si inverte, nè si cansa: si sale sulla verità >. Preparazione. Prima, e la più predicata, è essere prepa– rati. La preparazione morale, s'è visto ; la militare - consiglio il librettino // Natio- 11alis1110 e il problemamilitare italiano di Fabio Ranzi. Nel!' inchiesta falla dal Regt10 sui rap– porti italo-austriaci Carlo Piacei riferiva l'o– pinione di un ufficiale superiore: È follia incoraggiare. o anche tollerare che si estenda pel 1>aese questo stato di animosità verso l'Austria se dopo, a un momento dato, non si ha intenzione di sostenerlo con un inter. vento militare. Ora siamo noi preparati per una guerra vittoriosa? In confidenza le dirò che quando a principio di marzo (r904 : e quattr'an• ni dopo?} la situazione tra l'Austria e noi era spedalmente tesa, per non dire allarmante, io ero preoccupatissimo. Poiché noialtri militari soltanto sapevamo l'esatto stato delle cose, le condizioni precise in cui trovavansi esercito e marina. Oggi, dopo le pubbliche critiche del Ricotti, del Candiani, del Palumbo, ciel Taver– na1 ecc. le illusioni non possono esistere nean• che per i prorani ! Noi non siamo sufficiente– mente pronti! Ma ammettiamo che le nostre condizioni militari ndano migliorandosi. Ma gl'irreden– tisti che propaganda reale fanno? Siamo tutti d'accordo che tale propaganda non po5sano essere le dimcstrazioni dove, all_a peggio, la pancia resla intatta per i fichi e gli arre– stati, se mai, escono dalla porticina postica della pretura quando per urgenti ragioni di– plomatiche s'è dovuto farli entrare con gran pompa per la principale. Ma com'è che gl'ir– redenlisti non si sobbarcano l'umile inca– rico di andar a diffondere tra il popolo la loro fede? com'è che non esiste un opuscolo serio di propaganda irredentista di fronte ai molti socialisti contro le e spese improdut– tive? » Cosa fa la Tre11to-Trieste .'i lo mi sono sfogliati tutti i suoi irregolari bollet– tini, e ho visto : I) gran~e sfoggio di com– piti e di doveri ; 11) enorme ignoranza sulle cose irredente (e lo sta1u10 parla di far co– noscere gl'italiani irredenti I); Ili) sottoscri- renze 1 i giovinotti universitari, ad avere il loro bravo moschetto I E, si studia un po' di geografia tattica dei confini ? ~ Si deve parlare anche del tiro a segno È diventato l'istituzione legale per aver quaP che facilitazione per il volontariato. lo vedo ogni anno nell'atrio dell'uni,·ersilà l' invito all'iscrizione; ma mi sono informato - e il risultato è quasi nullo. Ma ammettiamo che ogni sorla di prepa– razione proceda come ognuno vorrebbe ; e vediamo le 11011 s'occu- Coadlzloaldella guerra. C'è chi ancora spera in uno sfacelo na– zionale del l'Austria. Dicoho che sia stato Emilio Castelar, il chiacchierone neolatino, : lanciare per il primo l'assicurazione che ciò avverrà alla morte di Francesco Giuseppe. Ora ci crede soltanto qualche ritardatario che non sa, p. e., che ormai l'Austria è retta dall'arciduca ereditario. Ma I' idea è stata circa quello ch'era il millenio per i popoli caltolici : e continua a vivere sotto altre forme, identica. È che i latini e specialmente gl'italiani si sono creati un mito dell'Austria. L'Austria, da Mazzini in poi, è una specie di antipodo della nostra anima, il diavolo della nostra divinità. Nel 48 credevamo che tutti i po– poli non tedeschi dell'Austria si sarebbero battuti al nostro fianco; adesso continuiamo a consolarci in un'Ungheria fiamma e fuoco contro il governo austriaco; in un'Austria immobile, ottusa. Ora tutto ciò sarà interes– santissimo per lo storico della nostra p-oesia ; ma politicamente è una colpa. Qualche nazionalista di buon volere do· vrebbe (come suggerisce Papini) far una cosa molto utile: scrivere un libro serio sull'Au– stria. L'Austria ha una meravigliosa tradizione di governo. S'è assorbita tutto l'insegnamento romano e machiavellico, mentre noi si par– lava di Roma e di Machiavelli. Internamente con il suffragio universale, le leggi di pro– tezione degli operai, è riuscita a ridurre a partiti di stato i due termini opposti del cle– ricalismo e del socialismo. La sua più grave minaccia è la mistura etnica: e s'è servita di essa per la sua esistenza e i suoi fini. La politica coloniale di Roma era appunto scate– nare le varie stirpi l'una contro l'altra, e domi– narle. Come Roma, meno di Roma, non ha po– tuto imporre una lingua comune : ma ha im– posto un legame statale di rispetto, paura, venerazione. Ha compaginato nella disciplina le parti scompaginate : ha creato un esercito natio11alt. È uno stato governato dalla burocrazia tedesca. Ma una burocrazia svelta, che sa sop– primersi al momento opportuno e diventa, procedura dittatoriale; tedesca, ma che ha inco, porato le forze più utili delle varie na– zionalità: ammiragli istriani o dalmati, im– piegati di polizia trentini, professori d'uni– versità czechi. Ha visto e sfruttato il valore statale delle diverse razze. Ed è devota ceca– mente alla propria patria; mollo più onesta che non siano le altre burocrazie; fedele e solidale a sè stessa, sia magari un presidente dei ministri verso un gendarme sconfinato

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