La Voce - anno II - n. 48 - 10 novembre 1910

430 lungo, colle su' brave aiuole spugnose, colla palmetta rinfichisecchita e le giorgine e b ghiaia che fa male alle pantofole e i con– volvoli nelle cassette dell'eterna Signa. C'è anche il contatore dell'acqua cosi detta pota· bile che per bere è poco buona e per i ba– gni - bisogna fare a miccino, costa cara. Con la furia che ha di rinnovarsi vorresli che Firenze ci desse l'acqua bevibile a stroscio? - Intanto c'è i rubinetti. !oh! un segno dei tempi nuovi. Qui la serva non è ancora in piedi alle sei e tre quarti, O ragazza, o quanto la ci mette a venir fuori col bricco? Lattaiooo I Lilla, anche questa gita è fatta. Volta e va' diritta senza impuntarti. Mi cheterò un poco perchè a quest'ora Braccio si leva, e stre– pita: - È tornato il babbo? E io faccio per lui la preghiera del mattino: Dei della stirpe catarrosa, possa egli amare e disprezzare. Sia bello e pianga spesso e rida talvolta. Col callo alle mani e con l'anima alata. Corra il mondo e corseggi la Germa– nia. E schianti il suo piccone qualche al– bergo, qualche villino, qualche postribolo di Fireuze citrulla. F. Agnoletti. Per i tumulti di Molfetta. Il 29 ottobre per ~lolfetta veniva distribuito un foglietto del « Consiglio direttivo della So– cietà di P. A. » contenente proteste e ingiurie contro il nostro Salvemini per l'articolo « I tu– multi di Molfetta ». Il foglietto giunse anche a noi, un po' sporco di unto e spiegazzato : vo– levano si stampasse e chiedevano 30 copie. Lo leggemmo con disgusto, lo mettemmo da parte, fra i documenti che serbiamo dell'ignoranza e della ingratitudine umana accumulali durante questi anni. Non ne avremmo davvero parlato se La Ra.– g1·011e, compiacendosi di queste ire provinciali, non l'avesse riportato per lungo e per largo. E ne parliamo per dire che contiene una bugia cosi grossa e detla con una faccia tosta da ri11- corbellire. Si tratta del Salvemini eh' è accu– sato di non essere andato a Molfetta al tempo del colera. Ora, primo: il Salvernini è stato per quindici giorni a l\lolfetta proprio quando c'era il colera; seco11do: se non andò prima fu perchè, essen– dosi replicatamente offerto, quegli stessi signori della P. A. che il 29 ollobre diffondevano l'ar– cusa, così scrive\'ano il I settembre al Salve– mini: • ,lf,tftlla, l S,llem6re :910 Chian"ssimo Sii[. Prof. Gaetano S'alvemini, San Jlfarullo Pistoiese. 111ro11formità del telegramma trasmesso questi Sig.,~i Consiglieri, commossi, confermano co11la presente i uns,: di ammira:ioue e gratitudine per la prova pietosa efYaterna di dedi::ione di V. S. l. 11e/voler accorrere in sollievo di q11a11ti soffro110. La proposta è degna del 'Uomo, espressio11edi vera filantropia esplicala nell'ombra e 11011 a base di osanna. È però mio dovere dirle e/te il personale altiz,o di pronto socco,·so (Pubblica Assisle11:a) e di in– fermeria (Croce Rossa) è sujjicienlissimo ai po– chi rasi gion,alieri. Urgendo 1·1bisogno di persone ad 1111 tempo t1alide ed autorevoli nello aiuto e nel consiglio prima chiamerò teleg, aficamenlt! V. S. f. Porgo gli ossequi dei S, "g.ri Consiglieri ed 111ieipersonali saluti. Il P,·esidenle. Questa lettera era in risposta alla seguente del Sah,emini ad un amico in data '29 agosto: lo scrissi a I?ale111t· che in caso di neussild desidero di essere avvisalo ltlegraficamenle per venirerostà. Lo stt!sso ho scn'tlo a ,11,uo-oJia.t.rrone. Lo stesso dico a te. ,\'on mi piare fa re sacriji.2i inutili. /Jia se a Jloifella il personale di assi:Stc11:a e di sorveglian=a allua/t' 11011 ha.sia e occorre,·à fi1r11e vc11ir~di fuon·, desidero di esserci anch'io. Jlfi sentirei offeso e disonorato, se prima di venin i Lombardi cd i Romagnoli a correre in 1,.1oslro aiuto, 11011 fossi avvisato io. Spero che t,, 11011 farai prevalt!rc su questo sentimento fondamentale a/In· se11/ime11/ipiù affelluosi a mio riguardo .... G. SAL\"E~tl:-1'1. Orn questa non è che una delle tante cana– gliate che si sono tentate in questi giorni contro il Sal\'emini. Infamia di insinuazioni, acredine settaria, mala fede giornalistica : e in queste lutti d'accordo : tutte le canaglie, cioè. Ma stia– mo zitti: se ne farà la storia. Per ora ci e: ba- LA VOCE stato dare un esempio e da quello di :\lolfetta i nostri lettori si accorgeranno quanto \'algano le altre accuse, e specialmente quelle per 1 1 ele- zione cli Albano. . I.a Voce. P. S. - Ci hanno scritto anche i « volontari ciclisti automobilisti » di Molfetta lagnandosi in Una città NAPOLI Se non fosse inte1Tenuto il colera a disper– der l'eco clamorosa dei trionfi riportati dalla re– gina del mare, noi a quest'ora saremmo ancora amitti dalla cronaca di corte che le gazzette partenopee seguivano con singolare interesse. Perché l 1 elezione della regina del mare è un avvenimento per :"\apoli quasi come il mira– colo di San Gennaro. L'opinione pubblica partenopea non è sus~t– tibile di interessarsi di cose le quali non si pre– sentano in veste coreografica e con forme spet– tacolose. Quando il parlamento vota pro,·vedimenti a fa\'ore di Napoli, oppure quando in Consiglio Comunale si discutono i vitali interessi della città, ogni buon napolitano si guarda bene dal gettare una occhiata su quella parte del giornale che riferisce di queste c.:ose. È noto che una legge speciale fu fatta a van– taggio di Napoli per favorire l'importazione di capitali capaci di creare cospicue attività indu– striali. ;\la allorchè dopo sei anni, in un pome– riggio primaverile, l'on. Sindaco Del Carretto annunziò che la legge non si era potuta attuare, nessuno si dette pensiero di così grave fatto nè alcuno si domandò come mai tale cosa fosse avvenuta. La ragione è che tutti ignoravano I~ esistenza della legge medesima. È bensì vero che la Borsa del Lavoro indisse dei comizi di protesta, ma questi, come era facile prevedere, andarono deserti. r famosi cavalli idro-elettrici del Volturno che dovevSlno recare l'energia necessaria alle nuove industrie sono diventati come l'araba fenice: molti credono che essi non giungeranno prima del messia ebraico. Ma allorchè si tratta di organizzare pulcinel– late, l'opinione pubblica si ridesta, si scuote dall1ordinario torpore e partecipa con ,·iva pas– sione all1avvenimento che si prepara. Di questo risveglio si trova traccia nei gior– nali locali. Qui la stampa si mostra veramente all'altezza della situazione. Essa che d 1 ordinario non cerca in verun modo di attrarre l'attenzione della città sui problemi elevati della \'ita pae~ sana e nazionale, in quest'occasione pone uno zelo ed un entusiasmo niente affatto ammirevoli per favorire quel giudizio che la mentalità ri– stretta e chiusa dei borghesi partenopei si forma delle pulcinellate che tanto la divertono. Coloro che hanno fondato a Napoli il trono del mare, per ottenere il favore e l'aiuto delle autorità fecero credere che la cosa non era fatta per di\'ertire il pubblico durante la stagione esti– va, ma che lo scopo effettivo delle feste era quello di favorire il piccolo commercio. La trovata fu senza dubbio felice. A Napoli colui che venga accusato di danneggiare comun– que il piccolo commercio è senz'altro dichiarato nemico del pubblico bene. Per il napolitano non c'è altra fonte di ric– chezza che il piccolo commercio. I..' avvenire della città dipende tutto da questo. Altro che industrializzazione ! Queste sono fantasticherie di Nitti. TI napolitano è convinto che solamente inco– raggiando il piccolo commercio Napoli divente– rà grande e ricca. E perciò tutto quanto può servire ad accrescere questa fonte di lucri è de– gno di essere considerato con la maggiore at– tenzione. li piccolo commercio si esercita so– pratutto con i cafoni delle provincie, ond 1 è chia– ro che se si riescono ad attirare in città molti pro\'inciali la fortund dei piccoli commercianti è bell'e fatta. Posta cosi l'importanza delle feste pel trono del mare essa non potè sfuggire all'attenzione dai cittadini e nemmeno al fine intuito della autorità comunale. Tutti si dettero un gran da fare perchè le cose av\'enissero con solennità e pompa ed a capo del comitato fu posto nientemeno che un assessore comunale a cui fu dato poi, inca• rico di accompagnare la regina per le vie della città. Bisognava pensare a dei festeggiamenti e spetta– coli, e subito fu accettata l'idea di costruire in Piaz– za Plebiscito un festi\'al che presentasse attrazioni straordinarie. E queste in realtà non mancarono. Lo stesso appalto del festi\'al fu una vera modo onesto e corretto. Ora dobbiamo dichia• rare che il Salvemini non ha inteso affatto bia– simare la loro buona \'Olontà e le loro buone intenzioni. Però i fatti indicati dal Sah·emini sono veri e furono prima che nella <<Voce» descritti dalla Squilla (~lolfetta, 25 settembre). inverosimile. « attrazione » scandalosa che un coraggioso giornale giudiziario locale denunziò energica– mente. ì\Ia gli scandali qui 11011 solo 11011 inte– ressano il pubblico. ma non lo divertono nem– meno, tanto la loro frequenza li ha reso mono– toni. Questa prima attrazione non era fatta per i cafoni : a costoro \'ennero riserbati i numerosi chioschi che sorsero tutt'intorno ali' indecente baraccone elevato a Piazza Plebiscito, nel centro di Napoli: e che venne pomposamente chiamato città della regina del mare. Una città fantastica che però dava guadagni reali ai piccoli com• merdanti che vi avevano stabilito le loro 1·0/l– lcllcs. Note ma.ilresses e spiccate personalità della mala vita si vedevano dietro i banchi sui quali correvano veloci i cavallini rossi e verdi. Anche il giuoco delle tre carte aveva ottenuto regolare riconoscimento. Gli egregi rappresentanti del piccolo commer– cio erano raggianti: essi agivano sotto il patro• nato della autorità municipale. E quando cominciarono le proteste dei padri di famiglia che vede\·ano ritornare i loro figli con le tasche vuote nessuno si dette pensiero della cosa. r piccoli commercianti avevano pagato somme favolose per ottenere la concessione dei chio• schi e l'autorità, che ciò sapeva, non poteva im– pedire che essi si rifacessero. Sarebbe stato un colpo per il piccolo commercio. intanto cresceva la fedeltà dei sudditi intorno a! trono del mare. Ogni sera la regina e le da– migelle erano obbligate ad esibire nel recinto del festival la loro goffaggine che i giornalisti, fun– zionanti da gentiluomini di corte, cercavano di correggere con gli insegnamenti del saper vive– re. I.a stampa locale era soddisfatta, e gli affari del piccolo commercio andavano a gonfie vele. La cosa assunse in breve cosl alta importanza che molte città del mezzogiorno sentirono il hi• sogno di imitare Napoli. A Palermo, Foggia, Resina, Torre del Greco, Salerno, sorsero regine e sirene del mare: ovt111• que si era convinti di far cosa assai giove\'ole al commercio locale. Forse molti cominciarono a credere che que– sta fosse l'unica maniera di risolvere il problema meridionale È interessante conoscere il tono assunto dalla stampa partenopea soddisfatta della premura con cui il pubblico seguiva le vicende cli corte. Siccome l'idea di fondare la dinastia del mare fu lanciata eia un giornalista molto navigato che ebbe subito la simpatia dei colleghi, i fogli lo– cali consideravano la buona riuscita delle feste come un merito loro. La metropoli del mezzo– giorno come, senza l'ombra della esagerazione, vien chiamata Napoli, offrendo ai forestieri di– vertimenti e feste, si metteva alla pari delle grandi città la cui ricchezza fiorente sopporta forti spese cli lusso. i\la la farsa nauseante messa su dai giornali doveva volgere al tragico prima che si chiudesse. Cominciò d'un tratto a circolare per la città a voce che a Napoli fosse il colera. I giornali tacevano. J\la dopo un caso sospetto verificatosi al vico Zite i sanitari dell'ufficio d'igiene s 1 in– caricarono di accreditare privatamente le voci circa la presenza del morbo asiatico. In seguito un g-iornale democratico cominciò a pubblicare regolarmente il bollettino dei casi sospetti, ciò c-he gli \'alse gli attacchi di un con– fratello del mattino il quale ebbe a qualificarlo « difensore dei ladri del Porto•· A che il gior– nale attaccato rispose dando del ricattatore al• l'altro. Queste cose a Napoli non maravigliano nes– suno, il pubblico c'è troppo abituato. Nell'opi– nione generale non v'ha alcun giornale che sia ritenuto onesto, e molti conoscono precisamente i ricatti e le ladrerie tentate o compiute da que– sto o quell'altro giornalista. Intanto le colonne statistiche dei casi sospetti cominciarono ad allungarsi, e quasi tutti i gior• nati aprirono al posto della cronaca della corte del mare, una nuova rubrica : quella dello spaz– zamento. Il coro infinito dei lamenti circa la pulizia delle strade cresceva ogni giorno di tono. Chi raccomandava una via, chi una piaz•rn, chi tutto un quartiere. Bibloteca Gino Bianco L'autorità municipale fac:e\'a quanto pote\·a, vale a dire ciò che aveva fatto sempre. Verosi• milmente i signori del Comune do\'ettero restare assai meravigliati della protesia del pubblico. Questo non s'era mai lamentato così dvace– mente dello stato igienico della città. li cittadino napolitano d'ordinario trO\':t per– fettamente rcgolnre il fatto che le irnmondizie restino ammucchiate agli angoli delle vie : egli stesso getta in istrada i rifiuti. ì\la la paura ciel colera scon\'Olse in tal guisa la mente dei napolitani che tutti si diedero a gridare contro il Comune il quale d'altra parte non sapeva come fare a creare d'un tratto un servizio pubblico che fino allora non esisteva. I cittadini non si erano mai lan1entati del siste– ma di spazzamento che lasciava i rifiuti sulle vie. Intanto benchè su per i giornali continuassero i lamenti in lunghe colonne di stampa, pure si esitava ancora a dichiarare K:i.poli zona infetta. Veramente ai giornali non credeva più alcuno. i\lentre l'ufficio d'igiene in un primo comunicato qualificav:i. i casi sospetti come « enterite speci– fica», 11u.lgocolera, UJl giornale del mattino stam• pava a grandi caratteri che colera a Napoli 11011 esisteva, e che ad affermare il contrario erano solamente i nemici cli Napoli e della grandezza del mezzogiorno, i biechi speculatori del nord sempre pronti ad insidiare il progresso dei me– ridionali. A Napoli questo è un ritornello che si ripete sempre. Quando la città è minacciata eia un pe• ricalo cagionato dai mali profondi che l'afHig• gono si mette in voga il solito vecchio motivo del Nord contro il Sud invece cli denunziare la causa vera della sventura. Alcuni consiglieri co– munali che visitando il lazzaretto seppero della vera natura del male, scrissero poi come « bi– sognava sventare il piano dei droghieri milanesi interessati a far dichiarare Napoli infetta ». Il direttore e.lei lazzaretto per e,·itare di ren– dere dichiarazioni annunziò senz'altro la banca– rotta della batteriologia. Giudizio questo che sorprese assai Metchnikoff il quale ricordò come a Napoli fossero batteriologi di valore cui si poteva chiedere il parere prima di azzardare af– fermazioni tanto audaci. l\la allorchè, visto che tutti i \'apori si rifiuta– vano di far pratica e che il piccolo commercio languiva, fu fatta la dichiarazione cli zona infetta, la fantasia dei napolitani, autorità e cittadini, si sbizzarrì talmente che le cose più straordinarie furono compiute e le voci più disparate s' in• trecciarono a rendere maggiore la confusione. Le autorità si videro spogliate dai cittadini; gli impiegati comunali ubbidirono ai soli 1·eporlers dei giornali che si recavano a. sorvt"gliare anche i delegati sezionali denunziandoli quando erano assenti dagli uffici. Ognuno si credeva in diritto di dare ordini e disposizioni, chi lamentava un inconveniente chi un altro, questo protestava e quello veniva fuori con una proposta, e poi tutti a gridar forte ed a voler subito spiegazioni soddisfacenti. L'assessore per lo spazzamento cotnpilò su– bito un progetto di riorganizzazione del servizio di nettezz<t urbana e lo comunicò alla stampa, il sindaco indisse immediatamente l'appalto per te fognature ai nuovi rioni, numerosi agenti fu. rono tosto incaricati di eseguire contravvenzioni e sequestri di generi alimentari. L'ufficio d' i– giene raccolse dei campioni di a.eque del porto e riconobbe finalmente che erano infette. Anzi fece una scoperta assai più strabiliante : notò che molte fogne sboccavano nello specchio di acqua e.lei porto e che presso questi sbocchi era– no stabiliti dei vivai di ostriche. Quindi distru– zione dei vivai e proibizione della vendita dei frutti di mare dopo che questi avevano fatto molte vittime. J consiglieri di minoranza si costituirono in– sieme ad altre persone in comitato di salute pub– blica. Si formarono delle commissioni rionali per la vigilanza dello spazzamento e per l'ispe– zione igienica delle ahitazioni. Una associazione del quartiere di Santa Lucia stabili senz'altro di creare un corpo di polizia privata e formare squadre di spazzini. Alcune persone proposero la costituzione cli un ente autonomo per lo spaz– zamento col contributo materiale e morale dei cittadini più facoltosi. Si scoprì che numerose famiglie vivevano in antri fetidi senz'aria e senza luce, e si constatò l'esistenza dei fondaci, luridi budelli ove domina una promiscuità mostruosa. Fu invitato il sin– daco ad osservare queste vergogne, ed il primo cittadino non potè fare a meno di meravigliarsi della cosa che egli fino allora ignorava. Vennero subito ordinati gli sfratti del palazzo Ammenclola, ciel fondaco Scopa e della grotta della l\Iarra. Ma i miseri abitanti di queste to– paie si rifiutavano di uscire per la ragione che non avevano dove andare.

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