La Voce - anno II - n. 30 - 7 luglio 1910

352 * Ma ho troppo discorso di un partilo ancora da creare. La vostra domanda, egregio Prez– zoiini, rispecchia una ricerca individuale. Essa inte1:preta forsanche l'ansia di più d'un let– tore della Voce, sperso in qualche angolo d'Italia. Che cosa può fare un giovane d'it1- gegno e di cuore in questo momento della vita italiana? Ecco. L'Italia possiede una moltitudine enor– me, una specie di materia prima, di humus, la cui ricchezza è incalcolabile. È una plebe dotata di sobrietà, di fecondità, di resistenza al lavoro e di intelligenza quale nessuna altra nazione possiede. La donna plebea, la martire della nuova Italia, si assoggetta dall'adolescenza alla vecchiaia, senza tregua, a generare nella miseria, a veder morire un terzo dei suoi fi 15 1i di sporcizia e d'inedia ; non si concede l'ebrietà domenicale del compagno ; rivaleg– gia in espedienti col fisco, eh.~ le lèsina il sale, lo zucchero, il pane. Perchè l'Italia ab– bia la rendita alla pari, figuri nelle parate militari, mostri alle poten7.e coloniali un pezzo di deserto tutto suo, il contadino vive in ag– glomeramenti di catapecchie senza strade, sen– z'acqua, senza scuole, mangia polenta ed erba cotta. Nei paesi d'emigrazione si nutre e ve– ste male per comprare un pezzo di terra al ritorno, dall'usuraio, che spesso glielo ricom– pra, dopo un esperimento infelice di coltura, per un tozzo di pane, ricacciandolo nella mi– seria. In questa massa amorfa e ·palpitante, o giovani, ci son da fare tutti gli esperimenti. Qualsiasi di voi ha la possibilità di plasmare delle _nuove creature, di imprimere qualcosa di sè in qualche centinaio d'uomini ingenui. -Vi par poco? E poichè la vera educazione migliora anche l'educatore, egli può attingere dai suoi nuovi amici e compagni esempi e incitamenti di vita. Alla base di tutti i problemi dell' Italia contemporanea è il problema della coltura. L'analfabeta come cittadino, come padre di famiglia, come lavoratore vale poco e dà poco rendimçnto, sia al padrone sia alla na– zione. I contadini lo comprendono solo quando hanno contratti, processi o quando emigrano in paesi più civili, ma i padroni intelligenti lo vedono io ogni loro colpo di zappa; lo sanno gli industriali del nord che creano maestranze per nuove fabbriche nel mezzogiorno. Che possono fare i giovani ? Se sono ric– chi o jlossono raccogliere fondi, creare asili, scuole di coltura e professionali, scuole festive per le madri, ricreatori, nei suburbi popolari, nei villaggi. Se sono poveri offrir l'opera loro, dar lezioni serali, tener conversazioni, guidar passeggiate e visite a musei, a officine; fondar piccole biblioteche per maestri, per allievi. « Ma l'alfabeto, la coltura non bastano, anzi possono riuscir nocivi ». Cosi obbiettano i pie– tosi reazionari alquanto preoccupati da recenti iniziative sorte qua e là, e smaniosi di esercitar su di esse la tutela intelleltuale ereditata dalle oligarchie teocratiche. Non bastano certo I Si consideri intanto che, anche se nefasta, la cul– tura abbassa la percentuale dei delitti contro la vita umana, in cui abbiamo iI primato ; to– gliere il fucile al brigante anche soltanto per sostituirlo col grimaldello è già guadagnar qualche vita alla società. Però, insieme alla coltura, diamo un po'·di noi stessi, della nostra mora!~, della nostra fede, del nostro carattere. La ricchezza enorme e greggia del proprio lavoro il popolo deve imparare ad ammini– strarla, non soltanto per il padrone e per il fisco, ma per se stesso, sopprimendo iI mag– gior numero d' intermediari fra sè e il frutto della sua fatica. Diamo anche le nozioni del– l'organizzazione: additiamo le leggi di cui pos– sono approfittare. Si troverà sempre fra gli commerci, come si può pensare che possa giovar loro la nazione se l!OI), prima di tutto 1 con ec– cellenti consoli e commissari d'emigrazione? Proteggiamoli all'interno! Poi 1 o giovani bor– ghesi, capitanateli in nuove imprese all'estero: questo fanno i borghesi di Franc:a, cli Germa– nia, i cadetti d'Inghilterra. Dopo parleremo cli protezione armata. Pt:=r intanto non sappiamo che infligger loro, per proteggerli, una tassa d'espatrio 1 vergognosa per l'Italia più ancora che iI regio louo ! LA VOCE allievi chi si assumerà d' iniziare la coopera· tiva di consumo, di produzione. Si domandi il concorso dei direttori delle Cattedre ambulanti per giovarsi del credito, per creare le afliltanze collettive, le latterie e le cantine sodali. li popolo italiano somiglia molto a noi letterali: fa dei versi e appena sa leggere domanda i poemi cavallereschi. Felice indole per esser tosati I Riusciranno preziosi collaboratori coloro la . cui professione si svolge fra il popolo, i maestri e i medici. Che dire dei preti? È un fatto che i curati, specialmente nell' Ita– lia settentrionale e centrale hanno ancora una grande influenza sulle masse. È desiderabile che la loro politica, poichè ne fanno, sia di veri cristiani, cioè democratica, non asservita agli interessi conservatori sotto' l'ordine del Vati~ano: perciò male opera chi deride ed ostacola la democrazia cristiana. Ma più è da appoggiarsi sui medici condotti,~uali godono autorità e fiducia- nelle famiglie; e sui maestri. 1 giovani borghesi ammantati nel– J1aristocratica loro educa1.ione classica, sprez– zano troppo facilmente questi poveri paria, ai quali sono affidate in parte le sorti d' I· talia. Non faremo mai nulla di durevole senza l'alle:rnza dei maestri. Stringendo ancor più i nodi, veniamo ai creatori dell'opinione pubblica, ai giornalisti. Il loro ufficio al di d'oggi è di una impor– tanza immensa. Non mai come oggi un gio– vane d'ingegno e di carattere potè ottenere rapidamente un'influenza seria. I giornali e le riviste non possono più, a costo della vita, escludere l'opinione di chi ha, per mezzo di organi speciali anche poveri e mi!)UScoJi, ot– tenuto un consenso autentico da una parte del pubblico. La responsabilità diventa per– ciò più grave per il pubblicista. Egli può fare gran bene, non tanto col condannare i prestigiatori e i farabutti, le imprese illusio– nistiche e le male a~ioni, quanto col metteré in piena_ luce i caratteri saldi e le belle ini– ziative, che fortunatamente non mancano in Italia al di fuori dei partiti e dentro i par– titi. Infine, io vorrei dire ancora a coloro che non fossero in grado di tentare un'azione sociale: Fa ciò che fai. Non è certo uno scio– perato chi si rivolge con sincerità una simile interrogazione. « Fa bene ciò che fai ! » So– vente i giovani si sentono a disagio nella loro cornice, nel loro ufficio più o meno liberamente accettato ; vorrebbero evadere per trasformare il mondo. Ma ogni cellula del corpo sociale ha la sua utilità generale già nel l'es– sere una buona ~ellula. L'azione educatrice diretta rafforza noi stessi e crea i nuovi nuclei sociali. Essa i:ielle de– lusioni dell'ora presente, mentre ci vieta di cadere nello scoramento e nello scetticismo, ci arricchisce di esperienze. Di lì traccerà la politica di domani. Acquisteranno voce n_el frantempo nuovi interessi e nuovi ideali, che determineranno nuovi orientamenti nei \'ecchi partiti e forse nuovi partiti. Occorre però nell'azione singola non di– menticare le direttive massime. Certo fra i conservatori alcuni galantuomini ricchi di censo e di patriottismo possono attrarre le simpatie dei giovani, specialmente quando ri– mangono lontani dal potere o ne sono sbal– zati via malamente dopo breve intervallo in cui han potuto lasciare soltanto buoni pro– getti che i successori mutileranno o distrug– geranno. Ma ciò non deve farci perdere di vista le vie della libertà, e la mèta della più grande giustizia, che è quella dt preparare una società la quale non neghi a nessun nato d'uomo i mezzi elementari per diventare quello che deve essere. E con questo termino la mia troppo lunga ,e precipitosa epistola, augurando che La Voce contribuisca con questa inchiesta a illuminare e formare la coscienza politica dei giovani italiani. Giovanni Cena. L'opera·di Arturo Farinelli. Quanti decenni di vita conta la «letteraturacom– parata » ? I segugi de' precedenti e de' precursori diranno ch'esiste da secoli. _Nè hanno torto, sia che la prendano nel senso di letteratura « in azione » sia che la prendano nel suo pil't vero significato di critica ed erudizione. Oante è un insigne esempio nell'un senso e nell'altro, nè è di ieri il Tassoni, acuto investigatore di fonti provenzali nell'opera petrarchesca, nt spenta è la memoria delle voluminose compilazioni sette– centesche sull'orùrine, l progressi e lo stato at– tuale di ogni Letteratura, cito una per tutte quella dell'abate Andres. Pochi decenni addietro però, quando la let– teratura comparata andava affermandosi nel suo vero significato con nuova ampiezza e fervore di ricerche disciplinate, si levò un coro di voci, quale a discutere la legittimità della sua esistenza,. quale a_fissarne i limiti e i fini, quale a stabi– lirne i rapporti con le letterature nazionali. E quando si parlò di cattedre speciali da isti– tuire per questa modernissima dottrina, apriti cielo! Tanta ostilità per le cattedre speciali non mi ha mai persuaso. I..' insegi;amento universitario deve pur seguire il ritmo della scienza. E la scienza, abbia scopi professionali o puramente scientifici, deve compiere la sua duplice funzio.n<' d'analisi e di sintesi, d'approfondtmento e d 1 al– largamento. i~ male che lo studio dell'arte che ha per mezzo la parola si specializzi in istoria letteraria, in grai11111atica 1 in retorica, in metodo– logia ecc. ? Ed è male che la grammatica, dopo essersi specializzata nell'indagine de' sing-oli idiomi e dialetti, assurga alla glottologia compa– rata e tenti cl 1 abbracciare in uno sguardo com– plessivo i risultati cli si varia attività? D'accordo che non llltte le c;aueclre dedicate a ordini particolari di ricerche siano necessarie nel quadro d'una facoltà universitaria o d'un suo singolo ramo: d'accordo che 1 1 istituzione di tali cattedre non debba servire, come si lamentò più volte, a favoritismi punto corretti. ~la non mi sembrano poi denari buttati via quelli che si spendono nel promuovere, sia ne' discepoli sia ne' maestri, attitudini non comuni a dati gent:ri cli studi. La suddivisione del l;woro e la diver– sità delle attitudini individuali richiedono cosi le canedre di storia antica e moderna come cli filosofia della storia : le quali si recano a ogni modo quell'aiuto vicendevole ch'è molto oppor– tuno per evitare entrambi gli eccessi delle inda– gini analitiche o delle rie-ostruzioni sintetiche, I' idolatria de' cocci e delle ragnatele o lo sfar– fallamento tra le nuvole. E se queste cattedre non s'hanno a trovare entro le universitél, dove conviene cercarle? La letteratura comparata, fu detto. non può fare scienza a sè : ogni cultore cli storia let– teraria nazionale si presuppone fornito d' una più o meno larga e profonda conoscenza delle altre letterature antiche e moderne. ila di– stinguiamo fra coltura e scienza. Nel campo di ciascuna letteratura nazivnale si sono accumulati tanti materiali di studio, le curiosità da sodi– sfare vanno tanto moltiplicandosi che la vita di un uomo vi si può consumare intera e senza rimorsi d'o'zio. Inoltre, ogni età ha i suoi pro– blemi da sciogliere, i suoi campi da esplorare, i suoi mezzi da impiegare. La letteratura comparata è un bisogno del nostro tempo. Come nel Rinascimento le lette– rature romanze passarono quasi in seconda linea di fronte al ravvivato culto della civiltà classica, cosi oggi è generale il sen!;O dell'angustia e cieli' insufficenza delle letterature nazionali : si vuole spingere lo sguardo oltre i confini ciel proprio paese, riconoscere e favorire i contatti fra i popoli, levarsi di tra la folla de' mediocri ond 'è formata ogni letteratura nazion.tle, per contemplare, quasi assembrati i11 un pantJ,eo11 aristocratico dell1umanità, gli spiriti più univer– sali e più originali d'ogni tempo e d'ogni luogo. E un 1tmaJ1.is1110 piÌI ampio e forse più simpa– tico del! 'antico ; umanismo nuovo che a' nostri giovani è tanto più raccomandabile in quanto gioverebbe, - non meno del tirocinio nella let– tei;atura contemporanea consigliato loro dal Croce -, a premunirli contro l'accademismo, a infonder loro il senso della vita reale nell:ct sua varietà e pienezza. Per noi italiani poi è pili che racco– mandabile : è doveroso ; se, almeno, vog·liamo uscire (non allarmatevi, o paurosi del!' impe– rialismo!) dalla minorennità letteraria ch'è la nostra quasi secolare disdetta 1 se vogliamo, di– scorrendo e giudicando gli stranieri, indurre gli stranieri, ad accorgefsi anche di noi e del nostro contributo alra ,·ita del mondo ci\'ile ! BiblotecaGino Bianco • * A tutto questo mi veniva fatto di pensare con sideranclo la strana sorte di Arturo Farinelli. Un uomo, cltceva argutamente il Parodi, che la sa lunga in molte cose, fino a stizzin·i : 11011 e le– cito stizzin,i con uno che d pest;1 sempre sui piedi? Dalle divagazioni nencioniane, che parevano, nel!' entusiasmo d'alcuni, l'America scoperta delle letterature !-traniere, fino ai libri del Fa– rinelli quanta straèla s 1 t fatta in Italia! In lui l'erudizione sistematica, minuziosa, sterminata, eh' è negl' ideali del metodo storico-filologico, la visione ampia e la penetrazione sicura de' più ardui problemi come c'insegnarono il Vico e il de Sanctis, l'aborrimento dalle formale grette, cristallizzate e cristallizzanti, la sagacia pili de– licata nell'analisi delle anime, la cura più eletta .cleWespressione e della rappresentazione. Se gli hanno rimproverato difetti ... erano difetti invidia– bili. r suoi libri non sono di facile lettura; egli condensa e riassume terribilmente. E il difetto de' veri maestri e fondatori di nUO\'i indirizzi: l'architettura dell'edilicio ch 1 essi hamw da innal– zare è troppo grand~ perchè possai_:io attendere alle singole pa,ti. A fare di ciascuna pagina un volume provvederanno i discepoli. Intanto voi potete studiare con lui le relazioni vicendevoli fra le letterature di due paesi abba– stanza lontani, come la Spagna e la Germania; potete rilevare come un identico mito - Don Giovanni - venga diversamente sentito e raffi– gurato dalla psiche de' diversi popoli ; potete in– dagare l'influenza esercitata eia un grande scrit– tore, come Lope de Vega, sopra un suo fratello d'anima ma d'altra età e nazione, come il Grill– parzer. o potete constatare una fraternita spiri– tuale istintiva, inconscia, senza bisogno di reci– proche influenze, come tra il Leopardi ed il Le– nau ; potete cercare l' imagine del nostro paese nelle impressioni e ne' giudizi de' poeti umani– nisti della Germania o scorrere tutta una lette– ratura per accoglierne gli atteggiamenti più ca– ratteristici al lume del più possente gç,nio di nostra stirpe, come in Dante e la Francia. Eppure, quest'uomo ch'è si largo d'insegna– menti a noi e agli stranieri, non ha mai inse– gnato da una cattedra di letteratura comparata. A [nnsbruck era professore di letteratura italiana, lo volevano professore di spagnolo a Roma e, non so più dove, di francese : a Torino è ora professore di tedesco. Se questa indifferenza con la quale è in grado di passare da una letteratura nazionale all'altra e ch'è pari ali' indifferenza con la quale si serve, parlando o scrivendo, de' ri~ spettivi linguaggi gli torna tutta ad onore, non è però a dolere che gli manchi il campo me– glio adatto a S\•olgere le facoltà che più gli sono proprie e che più sarebbero proficue al– l'universale? M'arresto qui, perchè non farei che ripetere le argomentazioni addotte già sulla Voce dal Papini e dall' Amendola «perla cattedra» al Fer– rero : argomentazioni che, per quanto enorme il divario fra un caso e l'altro, porsero occasione ai due egregi uomini di scrivere sul conto del Farinelli parole giuste e altamente meritate. Trieste FERDINANDO PASINI BIBLIOGRAFIA FARINELLIANA Raccolgo or qua sotto alcune notizie lè quali, spero, non tornerallllo inutili.a que' giovani che, venendo dopo di noi, <,entissero, come noi, pre– potente il bisogno di conoscere appieno I' atti– vità e il pensiero de' nostri grandi contempora– nei, cioè finché v'è ~ncor tempo, per noi di giovarcene, per i grandi di godere un po' di ca– loroso e grato assentimento. Nella galleria de' « contemporanei d'Italia», diretta dal Prezzolini, non mancherà certo il profilo di chi ha portato la letteratura comparata al suo massimo sviluppo. 1. Deu.tsc/1/auds 1111d Spanùms litterarisc/Je Be– =iel11mgen ( 1• e 2a parte, Dissertaz. di Zu• rigo, Berlin 1892 ; 3:i. e 4:i. parte, \.Veimar 1895 ; « Zeitschrift fiir vergleichende 1.it – teraturgescbichte »). 2. Uua epistola poetica nt capitano Don Cristo– hat de Virues, B'!llinzona, 1892. 3. Coet/Je e 1:t Lago JJ/aggiore, Bellinzona 1894, (« Bollettino storico della Svizzera Italia– na ►>, XV). 4. Gritlpar::er umi l..ope de Vega, Berlin 1894. 5. Ba!tasar Gracùin y la literatura de corte c11 Atemania, Madrid 1894 (« Revista critica de Historia y Literatura espaòolas, por– tuguesas, hispano-americanas », I 2). - Lo stesso, in lingua tedesca (« Zeitsch. f. vergl. Litterat. », 1896). 6. /.,.aprima traduzione s/JaJrnuoladel Tas;o, ma• noscritta alla 1\lazio11aledi Jlfadrid ( « Ras– segna bibliograf. cl. letterat. ital. », Pisa 1895).

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