La Voce - anno II - n. 23 - 19 maggio 1910

322 di metterla in moto, ecco ch'essa ripiglia corpo, senza tuttavia cessar di fluire nello spazio, nclP Yve/11 G11ilherf 1 posteriore di un anno appena all' lmpressi'one 1/el houlevard. Y\•ette Guilberl. Bisogna averla \lista, magra e sciancata, col viso tinto, un nastro scarlatlo intorno al collo lungo di sifili1ica 1 l'ammicco negli occhi cattivi, l'accroche-creur alla tem– pia, le mani nelle tasche del grembiule nero :1 gaie, e la chanson rosse suI labbro maligno, per sentire tutta la grandezza di chi ha saputo rimettercela sotto gli occhi cosi viva e cosl vera. Certo, quand 1 anche di Medardo Rosso non restasse che questo ritratto crudele, i po– steri dovrebbero onorarlo per aver loro tra- 1messo, con la magia dcli' arte, l'immagine esatta di tutto un ambiente dove il vizio, per esser crudo e franco, tocca e partecipa della più profonda umanità e piglia pertanto un carattere quasi religioso. E non ~ dunque la f1ccia moct;rna di F1uno questa terribile ma– schera di fonna, come il canto che le sgorga dal collo teso e gonfio, in memoria di Al– fonso, la no-.,issima egloga? De metier y n' faisait rien; Dans I' jour y baladait son chien; \' s'ap'lait Toto-la-Ripette, A la Villette. La dèrnière fois <1ueje l'ai vu li avait l'torse à moitié nu Et le cou pris dans la lunette A la Roqueue ! Molti che non sanno ammettere se non gli espedienti convenuti, tradizionali di un'arte per rag~iungere i suoi fini, per diversi che siano, si sono scandalizuli nel vedere la so– brietà di sbalzi e d'incavi con la quale il nostro ha plasmato I' occhio, lo zigomo e la bocca della cantatrice. E non han capito che il gran riverbero della ribalta doveva obli• terare gli stessi tr,.tti del vero dando a lulta una parte del viso l'aspetto di una superfce quasi piana che ali' artista conveniva ripro· durre, per arrivare a suggerirci la sua istan– tanea visione. Ma tal sia di simili giudicatori. Un'altra opera magnifica ci attende. L'Eat pu,r è fra le diciotto qui esposte, l'opera più recente di Medardo Rosso. In realtà è il ritratto di un fanciullo inglese; ma per il suo carattere di grandeua trascende infinitamente le condizioni imposte al ritratto per divenire come una raffigurazione simbolica dell'umano indipendentemente dagli accidenti di razza, di suso e di età, E no, intendiamoci, perchè il nostro scuhore, abbia voluto far ahro alP in(uori di tradurre nella materia vi– vificabile l' immagine del suo originale, quale gli si presentava in date casualità d'ambieote e di luce, sibbene perchè la sua forza crea· tin, penetrando appieno la realtà transitoria, ne ha colta l'essenza spirituale eterna e l'ha individuata in una forma invariabile. Cosl che come in un bel fiore si riassumono lutti i succhi e le linfe di una pianta, in questo che non mi perito di chiamare un capola– voro, si riassumono e fioriscono tutte le ricer– che e le scoperte dell'arte del Rosso. Spazio e luce, espressione e verità concorrono a su– scitue il bronzo, il quale, e cessando, perciò appunto, di parer materia, si fa tutto vita e re– spira e spande lutt' intorno, come C1ndaelet– trica, il sentimento che l'anim,. Onde la fac– cia del fanciullo, lungi oramai d~I riflettere un lampo espre:,sivo che passa, emam, e pro– p1ga come un fiume silenzioso, continuo di vita, simile in questo a qualche antichissima divinità sepolta, sul cui viso immortale cola un'eternità di tenebre e di silenzio. Cominciando quesio secondo ed ultimo articolo sull'impressionismo, ho detto che Medardo Rosso, col presentarsi per la prima volt:1 in Italia dopo trent'anni e piì.1 di la– voro ignorato o disdegnato dai suoi compa– triotti, ,·enh•a a geltare un guanto a una forma d 1 u1e che fino ~d oggi il mondo ha \'enerato e che molti Yenerano ancor-... Procedendo, sebbene succintamente, nell'analisi della sua opera, ho messo in chiaro le sue ragioni este– tiche, i suoi intenti e il resuhato delle sue richerche che è grandt>. Non mi resterebbe dunque piì.1che domand,ue ali' Italia che cosa farà. E lo domanderd senta dubbio, se, co· nosctoJo I' indtgna ncghinosità in cui dor· LA VOCE mono arro,·esciati gio,·entù artistica, critici e pubblico, non sapessi già prima cht> 1 nonchè rispondermi, ma nessuno capirebbe pure una tale domanda. L'Italia, la nazione che ingolla e di&erisce come cibi fini le sonure che ogni anno le ammanniscono i suoi Bistolfi, i suoi Jerace, i suoi Trentacoste e tutti gli altri sguatteri che a questi somigliano, I' ltalia non farà nulla. Due o tre citrulli altolocati rico– nosceran, per 0011 parere, qualche merito al– l'artista ribelle e forse lo loderanno, ma i lor complimenti saran contornati di restriz.ioni e di elucubr;jz.ioni cosi fitte, cosl vuote e così sciocche che li faran parer quasi insulti. Grandi parole e grandi nomi ronzeranno per aria come palle di schioppo pronte a spaccar la testa al primo che osasse alzarla pe1 dire una parola nuova; poi tutto tornerà a stagnare indifferen– temente, fetidamente a guisa d'acquaccia pu– trefatta - e agi' impressionisti, a Merlardo Rosso e a noi non resterà che andare in cerca di altri mulini a vento. Ardengo Soffici. ESPOSIZIONE DELL'OPERA DI MEDARDO ROSSO. Lyceum. Via Ricasoli, 28, Firenze. Ingresso Lire UNA. Per la Biblioteca Mediceo-Laurenziana. Nel Giontale d'Italia del JJ maggio del cor– rente anno il pror. Achille Pellizzari pubblica un lungo articolo contro la Relazione della R. Commissione d'Inchiesta per la -Pubblica Istru– zione, seguito da un brc,•c commento di Giulio De Frenzi secondo il quale • l'egregio prof. Pel– liuari non sohanto conferma con il vigore df'lla sua dialettica e con l'autorità del suo nome il fondamento delle osservazioni • che il De Frenzi stesso 11vevafalle nell'articolo da me esaminato nell'ultimo numero de la Vore, « ma altre ne aggiunge e più significative e ne toglie occa– sione per richiamare seriamente l'attenzione degli studiosi e ciel pubblico sull'operato della Com– missione •· • Non a\'rei difficoltà a confessare il mio torto se l'attenzione che ho posto a questo problema non mi confermasse nelle precedenti mie opi– nioni. La questione da me solle,•ata è duplice: la prima è quella della buona fode del De Frenzi, la seconda è quella del valore dei biasimi della Commissione. Le due cose sono assolutamente separate. 11 De Frenzi potrebbe unche a\'er ra– gione nel fondo, e 1>urc 11011 esc;Ne in buona fede. Se io rermo un ladro che mi ruba il por– tafoglio e lo consegno alle guardie, ho ragione; se poi, oltre il mio, gli prendo il portafoglio suo, ho torto, e sono io che comincio a diven– tar ladro. Anche se la Commissione ha torto, il Oe Frenzi avrà sempre lagli,1/0 arbitraria– mente ed avrà vo/011/arit11111:11/t• /adulo o lravi– salo il pensiero della Commissione. Di questo ho dati documenti e se il valore elci biasimi della Commissione può essere ancorn in discus– sione, il valore della buonarede del De Freni.i non è ph, in discussione e neppure cento arti– coli di mili~ Pelliizari po5sono cambiare o sa– nare le cose. La falsitl\ commessa dal giorna– lista rester.\ in eterno. * Dal giornalista al professore, dal profossore all'avvocato è bre\'e il passo trattandosi di Achille Pellizzari, il ~uale esercita molti mestieri, grazie al suo "ersatile ingegno, con eguale di– sin\'oltura. In questo caso egli li accumula e li compenetra i è proresson: per la mmu1.ia e per la dottrina dell'esame, giornalista per l'abilita dell'articolo e le lodi profuse qua e là, infine av,,oca10 per la diresa che egli fa d'una causa, dirci qua~i, di fantiglia. Il prof. Achille Pel– lizzari direndc infotti quei lettcrnti fiorentini, come Guido J\lazzoni, e quegli nlti funzionari della Minerva, come Giuseppe Chiarini, che sono rra cli loro suocero e genero, mentre egli stesso sta per di\'Cntare (auguri \'ivissimi) genero di Guido Mazzoni. A questo propoliito ci -.arà per– messo osser\'are che, come il Pclliuari conclude che l'inchiesta « a\!rebbe raggiunto meglio il suo scopo • se l'opera di qualcuno dei commis• sari fosse stata piO « spassion:ua • (ed ha ra– gione) cosl il suo articolo avrf'bbe avuto mag– gior ,·alore se serino da chi non fo~seper essere in cosl intime relationi di parentela con il prof. Guido )laz.zoni. * Questa mancanza di tatto del pror. Achille Pelliaari non toglie ch'egli abbin ragione su molti punti, primo do,•e egli critica, come già a\'evo fatto io, il falso pettegolezzo, inventato o raccolto a carico del Giornale /)a11/esro. [Os– ser\'a a questo proposito il pror. Pelliiiari e; he il conte Passf'rini, direttore di quel giornale, potrebbe dare querela alla Commis"ìione per diffamazione i cosicchè osservo anche io che Corrndo Ricci non dovrebbe perdere l'occasione, per lo stesso criterio, cli d:ir quereln a me, che ho già due volte aflermato (dr. I.a Vore a. I, n. 4: a. Il, n. 22) che la collezione /lalia arli• slica da lui diretta contiene un volume non srritto da chi l'ha firmato]. r-:è si può dare torto al Pellizzari per ciò che riguarda gli errori tipografici e bibliografici della Relazione, la mancanz. .1.di persone tecniche nella Commis– sione, e la soverchia preoccupazione burocratica di questa. E vero che bisogna pensare che per certa disinvoltura letteraria (informino Fumagalli e Gnoli) un po' di meticolosità e magari di pe· dauteria fa bene, ma è altrettanto certo che una commissione piO sensatA avrebbe capito che è peggior sistema burocratizzare tutto un servizio pubblico del lasciare che av\'en~a ogni tanto qualche disordine. * Do"c però il Pellizzari ha torto è nella que– stione delle compere della Mediceo-Laurenziana. li Pelliz~ari, piò accorto e onesto del De Frenzi, discute gli argomenti veri della Commissione, ma che abbia e senta di aver torto si vede d.ll fatto, primo, che egli ha bisogno di es.'lgerarli per combatterli e, secondo, che non su tutti i punti discute ; si aggiunga che su i punti che discute non ha suOiciente informazione. La frase della Commissione : « tali acquisti tradiscono m buona parte e con ogni e,•idenza compiacenze verso gli .\Utori che sono letterati fiorentini, capi di istituti artistici, bibliotecari o alti funzionari del dicastero della Pubblica llitruzione • è da lui interpetrata come « un 'ossen·azione ingiusta– mente offensiva... J)er gli autori delle opere su ricordate, tratti, cosl a11'improvviso, in ballo e implicitamente e risibilmente accusati d'avere brigato 1>erottenere- I' in~igne vantaggio di esi– tare una copia dei loro libri •· Ora quella frase non significa, in nessun 111odo,che gli autori « abbiano brigato• per vendere una copia di più dei loro libri, mn che sentimenti di compiacenza "erso professori e colleghi amici e funzionari importanti abbiano Catto spendere male il poco dt:naro della Mediceo-Laurenziana dedicandolo a libri di questi professori e funzionar, piutto– sto che a libri "eramente utili alla biblioteca. È questo. un diretto non solo di chi dirige la Me– diceo-Laurenziana, ma, credo, di tutti o quasi i nostri bibliotecari, che non si curano punto dei bisogni del pubblico e delle sue richieste, e spendono spesso il denaro assai i;carso del quale dispongono per i gusti dei professori amici. Il Petliuari, per esem1>io,non osa diren– dere in nessun modo la compra della su men– tovata colle1.ione di Corrado Ricci, la cui pre– senza nella Mediceo-Laurenziana non si spiega con l'unica scusa addotta dal Pelliuari, cioè col bisogno della Mediceo-Laurcn1.innn di avere edi– zioni dei classici italiani dei quali esistono ma– noscritti nella stessa biblioteca : a meno che Ugo Fleres, Pom1>eOMolmenti, Art. J. Rusconi ecc. ecc. non s1ano divent:iti classici italiani e i loro manoscritti non sian conser\'ati in c1u~lla biblioteca. ~ Il criterio addotto dal Pellizzari potrebbe bensì servire di scusa per la compera delle edizioni del Goldoni e del Leopardi, e, a chi proprio avesse buona volontà, 1>er la compera del libro 11/ia Jl/adl'e di Ca.bardo Gabardi. Senonché clu con– sulta il catalogo delle opere a stampa della Me– diceo-Laurenziana, s'accorge che uwcce d'un criterio si tratta di una scusa. Difatti il libro del Gabardi sarebbe stato com1>erato perchè vi sono stampate alcune lellere del Giu'ìti : or come va che non !'ii sia 1>cn"iatoa comprare prima un'edÌ7.ione delle Pouie I.lei Giusti che, almeno a quanto mi dice il catalogo, uon esiste nella ~lcdiceo-1-'Htrenziana? li bisog-"o dei clas– sici ,·iene avvertito per c1uelliediti dal giornali– sta Gabardi, e non per c1uelli, pil\ importanti, editi, 1>11ta caso, dal Romussi ? E come si spie– ga, per esempio, la presenz.'\ di due edizioni del Leopardi, una delle quali (della Dii>/.Scolastica dd Gass. Ila/. 1895, ed. Straccali) era inutile do1>0 c1uellacurnta dal Chiarini ? E perchè si sono comperate le Afemorie del Goldoni curate dal M.luoni, se esiste\'a giil l'eclizione cld 1831? Nè si dica che l'edizione è poco corretta, per– chè allora si sarebbe do\'uto comperare l'c.•<fo:ion.e corrctla del ,·on I..Ohner, :.nteriore a ,1uella del ~Janoni. Bibloteca Gino Bianco lo credo, inso11111rn, che la Commissione su c1uesto punto abbia svolto nrnle il !-UOcompito, ma per oppoMe ragioni a quelle ciel Pelli1.zari , perché penso che se fosse stata più diligente a\'rebbe tro\'ato molte altre compere errate, s~ condo il criterio ammesso dalla Commissione e parecchie errate (come quella del Ricci) c1ualun– <1uecriterio si \'Oglin ammettere. La discus!tione verte difotti anche sul criterio della Commissione, che l:1 i\lecliceo-Laurenziana sia quasi esclusivamente un musco bibliogrnlìco, ,.fatto che li Pellizzari vorrebbe negare o atte– nuare. i\la meglio di queste discussioni un po' astratte giova esaminare una questione di fatto, alla qu:.le ho accennato nel numero passato, e che il Pelli.nari non si è proposta. Ed eccola : il pubblico dte fl'tqut11la 911esla l>il>lio/uao que– sto ,,,usto l>il>liograjiro ha mai apulo bisogno delle ricrtalive mo11ografiedi Cornzdo Ricci o dei rla.s– siri rur 11 ti dal 11/at:011it dal Cl1iari11i t Carta canta, dice il pro\ 1 erbio: e qui chi canta è il registro dPlle richieste, il quale t 1:ergù1edi ri• cAiesle di questi libri. Mi recai luncdl 16 alla Biblioteca Mediceo– Laurenziana e sono stato cortesemente accolto dal comm. Guido 8it1gi il quale mi ha dichiarato di non potermi lasciare compiere l'indagine che desideravo, trattandosi di carte d'ufficio, ma ha anche aggiunto che non vedeva cliflicoltà a con– fessare elle quei lil>ri HO# era NO mai sia/i riclu"esli. li conun. Ulagi ha soggiunto che egli non era d'accordo con la Commissione nel ritenere la biblioteca un « Museo bibliografico• e che quindi reputa\'a utile ci fossero i classici italiani. Non era mio fine discutere con lu1 1 nè domandargli se la collezione del Ricci sia collezione di clas– sici, o se le poesie del Giusti andavan comprate prima del volume del Gabardi, o se il materiale bibliografico (fonti storiche ecc.) della Mediceo– Laurenziana, non avesse bisogno di aumenti e miglioramenti per i c1ualisarebbero stati pib util– mente spesi i denari dedicati alle Poesiie di t•11ri a"wn· ;,,,o,.,,o a Da,,/e raccolte daJ Del Balao. lo non volevo che constatare un Callo, e ciò mi basta,•a. li fallo i che 9uti libri sono steli rou.– p-rali d sj>estdello Staio e clte ness,"'o se ,,e stn•e. Mi dispiace francamente di a,,ere afflitto i l~t– tori con queste n1inutediscussioni, ma non c'era altra via per ragf'iungere un resultato ben cltiaro, e mi pare di a\'erlo ragrciunto a pieno. G1USKPPb: PM.bZZ\lLINI. O.bbo • .-... dH cbe, Mli' 11•11- "--"'• .1 ,oao " ..... 1trato it;ft.Orant• di ua rat10: •d • c:b• I p,ef. lii•--- • Pa• .-oliai a.Ila 2.• edi1. d•I l,uo M,..,,.,.J,1c ,, '*""'"•'•""' llr•– •Ùn han110 ri1potlo al p,or. Da UIIU., ,lduc:codo t•ttl I pr•– tni 0 arrorl a du1 ,0l1 111ill1, Cadono qllladl l •ial appr11u– •aatl "' qoel libro, aalu1ali11iml In c:bl uaH laUo toha.ao il Do Lo.lii•. VENEZIA I fni:iamo, co# questo, una se,-ie di ;rtdsi e di– ligenti arlicoli di /Ilario Girardon su Ve11t::i11. Ecco il loro ordi11e: I. « Gli Slr1mu11li della ro.'– lt1ra: • ,. Le sc110/edeme11/ari, p,-ivale err. - 2. La. Bil>lioleca 1'/arda11a - 3, I.a Bil>liote.a Quiri11i-Sta111palit1 - 4. I~'Accadt·mit1 di /Jel/e Arti - 5. L'Ateneo Ve11eJo - 6. Il c;,,colo fiì'/olo.~,'ro - 7. L'U11h.:ersild popolare- S. La Sc110/asupt- riore di commurio - 9. I.' lsli/11/0 Vene/o - 10. La Federa:iont 011/i-alcoolisla - 11. Case tditriri e lihrnrie - 12. l~a /1/usica - 13. G'/i slHdiosi - 1.,. Il giornalis1110 t•e11e:ia110 - 15. Co11rlusio11i. Le ICNI& lltantart. Il Comune veneziano ha curato ed attuato tutte le nuove forme che la modernità e la fi. lantropia consigliarono a rendere pii.) armonica e sicura l'educ;1zione del popolo. Larghissimo nella concezione gratuita di quaderni t libri d1 testo e nella distribuzione delle rdezioni (nel 190S su 11.000 iscritti, Sooo erano i beneficntil il Comune di Venezia ha inoltre istituito apre siedere ogni singola scuola un patronato, che provvede alt' indigenza dei poveri con sussidii municipali e coll' ait1to delle forniglie ricche. Anima dell'ordinamento didattico (che da lui ebbe i suoi impulsi maggiori) è il direttore ge– nerale prof. Lorenzo Bellini, apostolo del\' in– segnamento oggettivo ed autore di guide pra– tiche, pcrchè non a parole rna a fatti rietca O(;· getti\'a I' istruzione nella scuola; che si :,(onò a spogliare dei metodi teorici, delle regole dog– matiche, degli esercizi intellettuali delle predi che papagallesche, delle eredità retoriche e sta– zionarie, e rivest\ di fatti, di osserva1.ioni, curio– sità, risvegliando le intelligenze e accalorando le a.nime giovinette. Alla sua iniziativa si devono i musei scolastici, che si vanno arricchendo di anno in anno, le biblioteche scolastiche per la

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