La Voce - anno II - n. 23 - 19 maggio 1910

·OCE Esce ogni giovedì: in Firenze, via dei Robbia, 42 .:> Diretta da GIUSEPPE PREZZO LINI ,:I, Abl:onamento per il Regno, Trento, Trieste, Canton Ticino, L. 5,00. Uo numero cent. 10. Anno Il .,,. N.' 23 .,,. 19 Maggio 1910. 50:'\t:\I.ARIO: L'Impressionismo 4 Flren1c, ARDF.NGO SOFFICI - Per la Blbllo1ecaMedicco,Laurenzlana.Gll!SEPrE PRF.ZZOLINI - Venezia, ~IARIO GJRARDON - Intorno al problema dell'emigrazione, GeGL.lliUIO ZAGARI - Rlsposla al futuristi, ARDENC~ SOFFICI, L'impressionismo a Firenze. Medardo Ro55o dice e ridice a chi vuol sentirlo, che, fin dal tempo della sua gioventù, aveva fa110 giuro a sè stesso di non por riede in Firenze se non quando fo~se stato sicuro di aver messo al mondo un'opera capace di contraddire e confondere lo spirito della no– stra rinascenza che odia. E poichè la sua vo– lontà è forte, cominciò col non metter nem– men fuori la testa dallo sportello del treno, quando, dovendo fare il viaggio da Milano a Roma per regalare al paese, come soldato, trentasei mesi della sua vita - tre anni di abbrutimento che gli son rimasti sullo sto– maco come un minestrone co' porri - passò per la nostra città. Perciò, oggi eh 'egli arriva fra noi accompagn:ito dalle migliori delle sue creature artistiche e piglia campo a vi– siera alzata fra le Logge del grano e la Gal– leria deWaccademia, fra palazzo Riccardi e l'Annunziata, non bisogna già considerarlo come un ospite che merita de' riguardi, ma piuttosto come l'avversario di tutto un modo di sentire e di esprimersi che sfida il para– gone di un passato forse, anzi certo, troppo glorioso. E come, prima di ogni leal com– battimento, si vogliono esporre le ragioni e i meriti del duellante, io che di questo son da parecchi mesi una sort:t di padrino e di araldo, farò ancora da banditore ed esporrò le sue ragioni e i suoi meriti. Che i buoni italiani, cui preme l'onore della lor classica Aogelica stiano quindi attenti - egl' importa. Medardo Rosso, odia dunque, come ho detto, la rinascenza e generalmente tutta quel– l'arte - di qualunque tempo e di qualunque paese essa sia - che da vicino o da lontano somiglia a qu1dla della rinascenza. E le sue ragioni, brevemente, son queste: Egli trova che moltissimi artisti, come Donatello, Miche– langelo, Raffaello 1 Ghiberti, Ghirlandaio, Vero– nese, eccetera, considerati universalmente come i campioni infallibili della bellezza, anzichè esprimere l'emozione lirica risentita in un mo– mento felice, per un accordo imprevedibile e fuggevolissimo di circostanze, hanno portalo troppo spesso nella creazione artistica facoltà estranee all'arte. Tro\•a che questi artisti, lungi dal penetrare l'essenza reale del mondo e della vita, han messo su il più delle loro opere ap· poggiandosi primieramente ad esperienze tra• dizionali, e perchè tradizionali generali e im– personali i poi partendo piuttosto da consi– derazioni materialistiche scientifiche, letterarie e intellettuali o astratte 1 le quali li traevano a costringer le loro visioni in forme posi– tive, palpabili, geometricamente proporzio• nate, ad aggravare le lor cre.izioni di signifi– cati poetici, religiosi e morali che non posson resultare in alcun modo se non dalla qualità intrinseca dello stile - testimonio unico della potenza e carattere dello spirito creativo - e, infine, dimenticando il più delle volte la ricerca accanita e individuale del carattere d.elle persone e delle cose per supplirvi con la bravura tecnica o con una speci~ di ret– torica del sentimento e della passione troppo somigliante all'enrasi oratoria e teatrale. Trov.i, per dirla in poche parole, che, ali' incontro degli egiziani ed etruschi, de' prefidiaci, de 1 bizzantini, de' gotici e dc' nostri primitivi tre· centeschi, i pittori e gli scultori della rina· scenza, e specie gli italiani, mancano quasi sempre di quella immediatezza di concezione ed at1uazione realistica umana, che fece sempre grandi gli artisti, dal primo troglodita sgrar– fignante la parete della sua caverna, a Degas e Cézanne. E dico quasi sempre, perchè se nella sua critica ed a\'versione Medardo Rosso è senza misericordia, non ignora ce1to che per salire a tanta riputazione, i suoi famosi avver– sari dovevan pure aver fotto qualcosa che toccasse il profondo animo degli uomini che non son tutti critici d'arte - nè ricusa di ri• conoscere e ammirare le parti di un'opera da cui si spicca e balena ~n impeto di vita e di bellez1.a vera. Solo vuole che per una parte non si divinizzi il tutto. Tali le sue ragioni. Ma perchè non basta odiare e criticare per combattere efficacemente una forma d'arte che da più secoli fa inginocchiarsi ed osannare la gente colta di lutti i paesi, ma bisogna anzi opporgliene un'altra che ne faccia risa!• tare la falsità e la manchevolezza, i\oledardo Rosso è andato via via, per trent'anni, creando e perrezionando questa nuova forma e oggi per la prima volta la presenta all' Italia perchè la pigli in considerazione. Ora, quali sono i segni distintivi, I' origi· nalità, la ragione vitale infine della sua opera? Ecco le domande alle quali, sempre per dover di padrino o di araldo o di banditore, cer• cherò di rispondere il più chiaramente potrò. Abbiamo visto che una delle principali ac· cuse perlate dal Rosso contro gli artisti del quattro e del cinquecento, e per conseguenza contro tutti gliahri che di quelli seguon l'esem– pio e la traccia, è, insomma, la mancanza di spontaneità e di anv,re per la natura, conside– rala da essi piuttosto come un elemento mate· riale da servire all'individuazione dei loro con· cetti, che come l'incarnazione visibile del loro stesso spirito intuitivo, e perciò riluttante a ogni tirannia intellettualistica o d'ordine pra– tico, religioso ed etico. È quindi naturale che i caratteri piì.1 spiccati della sua arie siano la spontaneità e lo studio appassionato e disin– teressalo del vero. Difatti nessuno dei diciotto lavori qui esposti tradisce altra preoccupazione ali' infuori di quella di afferrare candidamente e rivelare con energia un'impressione che improvvisamente ha colpito la sua anima, Considerando gli esseri e le cose, non come simboli di realtà superiori, m:1 come figura– zioni apparenti dell'unica realtà che è lo spirito umano, egli s'è limitato a ritrarne l'aspetto passeggero ed animarlo di quella umanità che I' a\·e\'a commosso. Cosl nulla sarebbe pili ridicolo che domandargli il significato supe– riore, o diciamo cosl, trascendente delle sue creazioni. Artista e unicamente artista, egli non ha fatto che obbedire al bisogno occullo di riprodurre la vita negli aspeiti e nei mo– menti più consonanti col palpito della sua particvlar tempra di artista. ~leglio dunque esaminare se ci sia riuscilo e come. ]\fa prima di far questo è necessario dir qualche cosa del suo materiai modo di vedere le cose e di riprodurle, come della sua tecnic.i. ~ledardo Rosso, simile in questo agi' im• pressionisti francesi dei quali ho tante volte par• lato, e coi quali dev'essere sempre accomunato, non concepisce le cose se non come una sue• cessione rapida di movimenti in un mutuo continuo rapporto di colori e di luci. Secondo lui, come secondo i suoi colleghi pittori, il colon: e I'.aspetto di un oggetto vanano senza posa a seconda dell'ambiente in cui questo si trova, e la vicinanza di uno o di un altro oggetto che col suo riflesso o col suo con• trasto influisca su esso. Onde nessuna cosa può esser considerata come avente una forma Bibloteca Gino Bianco o un colore invariabili, certi 1 sempre uguali a sé stessi e che uno possa riprodurre - come hanno fatto quasi tutti gli an1ichi - senza tener conto delle mille variazioni e de– formazioni che subisce a ogni atlimo. ·É perciò evidente che la sua scultura, an– ·i'ichè limitarsi a un contorno puntuale,definito, a una palpabilità imprenscindibile di volumi, tenti di rutilare e Ji muoversi nell'aria come fanno le forme dipinte e però di carpire alla pittura i suoi modi di rappre!-entazione. Nè è meno naturale che, giacchè si tratta soprat– tutto, per questo scultore, di perpetuare un movimento vitale, percepito in un istante come d'illuminazione intuitiva, l'interpreta– zione della realtà sia più o meno intensa, ar• finchè l' immagine plasmata ritenga e comu– nichi a chi la guarda quel carattere d'unità col quale il vE:ro s'è manifestato all'artista. Onde, una volta capite queste importanti ra– gioni estetiche, nessunc, si meraviglierà più che il Rosso non abbia mai tentato di fare una « statua ) o un qualunque aggruppamento di statue, vi,.ienti indipendentemente l'una dal– l'altra e perciò sciolte da quel legame di unità che è la ricerca precipua del nostro i come nessuno il quale interpreti sanamente le cose, senza obbedire a suggerimenti di scuola o di libri, si stupirà più se una tale scul1ura do– manda, per vivere di tutta la sua \!Ìta 1 la luce stessa che pioveva sulle cose ritratte al mo– mento in cui l'arlisla creava. Dal momento che lo scultore rende i piani e le forme solo in quanto gli appaiono piii o meno luminosi, senza curarsi di altre realtà, resultanti unica– mente da esperienze mensurative o tattili, come si può pretendere che le sue opere raggiun · gan l'effetto voluto di figurare una verità per– cepita, di evocare in noi un'espressione di vita, ove manchino le prime condizioni del fatto che è stato la causa stessa dell'emo– zione artistica e dell'opera? Senonchè, lasciando da parte questi schia– rimenti dei quali solo il giornalistume ita• liano ha oramai bisogno, sarà meglio con• siderare l'essenza poetica sentimentale o dram– matica propria alle opere che aspettano il nostro commento. Non che tutte ne abbiano di bisogno. Certune come la prima Donna ridente, il Bambino al sole, il Mo11cllo, la Bambina che ride, nonchè il Bimbo ebre~, il quale testimonia tuttavia di una pii.1 grande alacrità di ricercl-e, tanto da far pensare a certe teste infantili di Manet, sono di una cosl schietta, tradizionale semplicità che chi non ne sentisse alla prima la dtalità allegra o malin– conica, darebbe prova di fibra cornea, se non di un 1 assoluta incapacW1 a comprendere mai che cosa voglia dire arte. E lo stesso potrebbe dirsi della seconda Donna ridmtr, del Ritratto del signor Rounrl, della Portinaia e di Carne altrui se già l'esecuzione non ne fosse più islan· 1anea e sintetica. Con queste opere, taluna delle quali anteriore ed altre posteriori a quelle no· minale sopra, l'artista si stacca una volta per sempre dal fare scultorio abituale ed en· ira per quel cammino azzardoso, ma pieno di imprevisto, ch'egli dovrà percorrere tutto e che dovrà condurlo al ritratto di ft1adame Noblel e al Fanciullo alle rnci11e popolari. Frattanto vediamolo cogliere, passando, alcuni fiori caratteristici di bellezza. Prima questa straordinaria Rieuse (n. 56) nella cui faccia luminoM si concentra e sfolgora tutta la giocondi1à del mondr. Io credo, e non sarò solo, che lo stesso Medardo Rosso, nonchè altri, sia arrivato raramente con mezzi più so• bri a una cosl grande intensità di espressione, a un accordo più stretto fra la postrema mo~ dernità e l'antichità più remot:i. Qui, come diceva un francese parlando di non so quale altra oper:t sua, tutti i tempi s' incontrano e si riconoscono. C'è I' Italia e la prima Gre– cia, Parigi e l'Egitto in questa bocca dai grossi denti, in questi occhi brillanti, in queste carni, in questo naso camuso, in queste gote plebee, in questi capelli grassi,\:.! veri, sl nostri e nondimeno sl eternarne~~ reali. In Carue altrui è invece la miseria del piacere venduto che si aggrava e poltrisce sur un povero viso di ragazz.a stanca. Nel– l'ombra della frangia e dei riccioli che ri– copron la fronte, gli occhi si riposan dalle sozzure e dalla vergogna : la bocca triste, ancor umida di baci stranieri, si raggrinza in broncio sul cuscino affondato. Le gote flosce e gonfie di ubriachezza e di son1io si offrono svogliatamente, e ognuno può carezzarle e pal– parle senza amore. Tu la riconosci, amico, è.la complice e la vittima delle nostre prime vi– gliaccherie d'uomini. Un momento fa cantava come una calandra, scendendo di corsa le scale. Sono la Gemma, la trasteverina .. Ora pensa ai casi suoi e sospira. ln un articolo scritto circa un anno fa parlai abbastanza della forza con che è reso l'ardore di un bacio materno nell'Età d'oro, per non ripetermi qui. Ciò che piuttosto vor– rei fare osservare è l' interpretazione spietata del carattere d'uno dei figuri più loschi della nostra losca modernità : il Bookmaker. Que– sta massa pachidermica messa su con un po, di cera brun., nel 1896 ed a cui, come pure alla Portinaia, l'autor del Baltac s'è senza dubbio ispirato, trascende le sue proporzioni reali per apparirci come un individuo vivo, trasudante il cinismo e la crapula. Con la tuba sulle ventitrè e la pancia in avanti, l'aria ibrida fra di banchiere, di maitre d'hòtel, di mercante e di buontem• pone, il totalizzatore lascia il campo delle scommesse. I.a sua faccia è radiosa e il suo portafogli pieno del denaro_ dei gonzi. Si sente eroico, e tutta la sua persona ce lo dice 1 dal piè sinistro pianlato sulla terra si• cura, al pastrano buttato negligeptemente sulle solide spalle. Medardo Rosso, che ne ha ca– pito l'anima a fondo, gli ha eretto un mo– numento duraturo. E un monumento innalzato alla bellezza fuggitiva potrebbe dirsi anche questa Impres– sione del boule1.:ard, < he raffigura la donna intravista fra mille, in un battibaleno, nella baraonda di una grande città. O toi que j1eusse aimé, ò toi qui le savais ! Vi ricordate del sonetto baudelairiano? In quest'opera che il museo parigino del Lus– semburgo ha comprato e che, per suoi fini speciali, la direzione non ha ancora esposto, . ma tiene relegata in una occulta rimessa, il nostro artista ha messo in atto tutte le ri– sorse del sue, singolar mestiere. Prospettiva, colore, movimento, uni1à espressiva 1 tutto è stato ottenuto calcolando solo sui giochi di luce e d'ombra resultanli da un corpo che si sposta tra i riverberi di una strada illu– minata. Dimodochè uno il quale volesse so· fisticare potrebbe chiedersi, davanti a questa donna velata, se pittura e scultura sian dav– vero si gemelle da tentare gli stessi effetti con mezzi tanto simili. Noi, che non vo– gliamo occuparci se non del resultato, am– miriamo l'opera viva e lasciamo che l' arti• sta corra a' suoi rischi. 1 quali lo conducono sempre, come c'insegna l'opera del nostro, a realizzazioni oi::nor pii1 elevale. Difatti se nel lavoro che abbiamo esaminalo la realtà gli s'era quasi evaporata tra le mani 111siose

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