La Voce - anno II - n. 21 - 5 maggio 1910

314 cosl prodiga d'uomini, ogni momento esaurita, ogni momento risorgente. Anche l' Halévy ne ha piena coscienza: • Ormai abbiamo poco d111 •iveu,. Pauò l'ell in cui l'anima f! nu1lleab1le, siamo tchiavl del nottri ricordi e le occasioni non ci 1i p,oentera11no più. I no111i bltuonnl ebbero il 1789, il 1793 e le Juerre per la libe11l; i no11ti nonfli il 181s o i cooccbi, il 1SJ0: i noll!,i balJbi il 18.40, la 111erra del '70 o la Cmnuoe. Noi non abbiamo a•u10 che quuto Milo afl'aro O,t.d111 - cioè quatu'annl, meno anco,-, lrfl, due •nni, per 1ce111ieu1 I no1tri amici, rincalnro i pa,1111 preti necuuri, e quetti odi e queui idioti che ora re11ono i nostri pentieri. Una 1ola e lremeoda ciiti ci h:. presi o 1c1nati. • È la crisi che ha di,,iso la Frnncia. • La teparuionc avW'en110 in un attimo. Nella borabesia pa• ri11na 1 t'be ,ola poteva affunr pronhmel'lte la aiohephcirl d•i p:nlcolui e la bui.a dello domaluro di quut'atfare, ba• '1aro11 Po(hi 1ion1; pcrcbe 01ni fa111i1li• fo1H al pento 1UO, 1!<111•d•ffr,ioprie manov,e o biuricata dietro I• proprie porte chiuH P\rcbè Pari1i ba ramialie come qur\le di Fireni:e, e te I• ,Ue cu• oon portal'I corona di 1orrl 01pilano noodimeoQ fuioni 11,1en11tcbe,Lo 1plrito f1a11cue riprese co11 una upl• diii lna1,1di1ale 1uo form• cla.11i.be , 1'1111& autoritaria o l'altra liber1aria, on• credent• • l'altra cri1ica ... • Si legge in una lettera intima cli quel tempo: • C'è una ,,arnl•u·• tnaica. Non ci ,i puc}ricordare di un dramma 1[mile a quu10, rapprotetitalo dao.nti a tutta la. na– Jionr, con q1,101ta liMrtà di 11a1npa che itopeana 11,1ttala 11u1ono a prondero pa110 al drHDIIIJ. Sono i due cori della tra1edla che ,i Jr,giuriano, o la scena l la Francia, il teatro il mondo, Oanoro, amica mia, iill h qualoho co1a nolla ,-lta a1Jer a11!•tito a q1101todra111mad'una 1raodou.a eroica, percbe nco11do la 6ne che a1Jrà, uremo o losranditi o tcbiacciati, • Quando io 1>ensC\ a questi avvenimenti invidio i francesi. Essi hanno a\'uto una storia. Hanno avuto una rivoluzione. Noi non sappiamo pili che coc;'è una rivoluzione. I nostri nonni hanno fatto le ultime rivoluzioni d' Italia,quelle del 1848. Dopo di toro i nostri babbi non hanno avuto che le guerre per l'indipendenza dallo straniero. E i nostri fr11.telli maggiori la piccola politica. Nè c'~ più speranza: il socialismo s'è amman• silo e ,·ola a favore del ministero e tende al Quirinale. Nel processo l\lurri ci fu per un momento un accenno di quel che a\'rebbe potuto esser per noi un aflare Dre)·fus. Per conto mio sono tra quelli. pochi di ct.'rto, che si rammaricano di non avere visto in patria rivoluzioni, di non ,wer :wuto neppure mrn tradizione rivo\u:donaria da continuare o eia soffocare, perchè sono fer– mamente co,winto del bene che le rivoluzioni fanno al carattere dei popoli e alJ.I, loro arte. C'è nell:l letteratura francese, alle volte, un CO· lorito e un'energia, che son diretto rincsso della ,·;unpa rh·oluzionaria; come si sente nella nostra spesso invigliacchita arte la manc:mza cli questo calore rh-oluzionario. Certi capola\'ori, possibili soltanto in Frnncia, di letteratura giornalistica, certe ferocie di caricatur.i, e, per contrasto, certi fenomeni di misticismo solitnrio, non si capiscono senza la perenne ri\'oluzione francese. DrcyfuNrdl puri e Impari. Non si potrebbe affatto capire, per cscm1>io, se1ua l'affare Dreyfus, che cosa sono quei Cahier5 de /rr Quin~aine dei quali vol-'lio 1:,..,rlan·ie 1>cri <llmli è necessari:\ quec;ta introduzione. Nella rivolur.ione drcyfu,;iana van nettamente distinti i drerfusiani della prima ora e quelli di dopo In ,iittorin, i pmi e gli impuri: Una divisione netta non si può dir che ci sia, ma una divisione esi• ste. Ed esiste sopratutto il fatto che i pili noti e ct::lebri da noi, <leidreyfusardi, non sono pro• prio i più puri. 1 1 ra questi regna uno stato cl'a• nimo che ci è assai ignoto: disgusto per la gentt: arrh·ata al potere e che del potere usa mttl.a· mente, fede continua nella idea di libertà, rea• zione patriottica agli eccessi internazionali.:,ti scnz:1 cadere nel nazionalismo, democrazia ma 11011 scuaria e 11011 massonic:1 1 anticlericnlismo e non persecuzione, azione morale sulle anime de– gli indi\'idui piuttosto che azione 1>0litica d'in– trigo e di ,·oto; e in breve tutte <1uellecaratte• ristichc che potrebbe a\·cre anche in Italia un partito democratico onesto, che radunasse dei conscnatori e dei socialisti, corwinti della solu– zione pratica di alcune questioni in modo fa\'O· re,·ole al bene del paese e noch·o ali' interesse di alcune classi para:,sitarie di politicanti. Quella :,tessa 01>posizione dentro l'Estrema sinist~t che ,·cdiamo compiere eia un Ciccotti o da un s~l– , emini. è stata compiuta in Francia da questi <lreyfus.1.rdi della prima mandata, non nel parla– mento, ma entro gruppi e cenacoli e circoli di lettori. e Noi temeumo dice I' Halé"Y cho tc111u•e un blocco dtm•toc1co, e ro1JinaHo •otto la 111a1t11pida •utotiti lo pocb11 libo..-11 cho 1c1la1Ja110noi p•ne. Ed ecco ch11 q11.ando la oo– tlra lci1u era 6ni1a, p..-oplio I' indomaQi doli• v1Uoria, 1or1o•a Q11t:1toblocco. 1i fonnava d1DOi,o prolÌIUIJ& dei llOHri tfonl. • I 1>rimi dre)'fusardi non a, e\'an nulla di set• tario. Comunione d' anime nobili, trovate~i in– :,ieme 1>erun comb,mirnento cli giustizia, a\"cvan LA VOCE preso dei gusti comuni cli onesta e piace\'OIE' e confidente discussione. Questo li separ:wa ve– ramente dagli arri,·bti giunti al potere. Si 1>0· trebbe persin dire che le loro relazioni furono ostili. E c'è stata una guerra del dreyfusismo puro contro l'impuro. e Chi meclio di Ngor, ha combattuto il blocco? Nusuo lollore dei C•AÙrJ dimonlic:a lo 100 polemiche d'allou. Chi, con mae,ior connio di Gurene, ha au•ccato I gi•cobi11i cbe conducon Combfit 1 Indifferente •Ile cen1inaia d'abbonati cbo l'abbaodooavano. per1evor6 In un ccimbattimo11101onu aloria cho per poco non ro1Jin6 I• n1JÌ.Sla.Ma alla 6110 riuci. e a lui ti dove l"ui11e11u d'un foalio uiiuto, popolare o qoui del tutto libero.• Le piccole riviste, i cenacoli, furono il rifugio di questi galantuomini. e La 11011,ap'ccola banda ebbe UQa orcaniuaaione mallea• bile e. co11 la pratica, soddi•faceate. Alc1,1ni ro,,.da,ono dello ri-.itto per wntinoare lo n1101Joabitudini di dbcuuione e di corri1ponden1a cho l"affare D,e1f1u ave,-a creato ..•• _Ch~e• P~1u1 cho (ond6 I l'nllùn (1900), Charlet Guycuo elio fondo le Paç,i lil,r111 (Igor), inlin• il 1erz.ocontro della C.,,..,..,Jd"· daHte o dal L,/,r,1 E,rlr11/itH1 1oidati da Poi Do.tjardiot. Ecli, per quanto non 1ia 1i.10 della a0ttra eoneruione, 110n cl l ttato mai lontano: E non 1cordiawo GioTclo Sorel, piil 1Jt:C• chiodi noi, r:he linda allora ler1omino e aacoltan1mo •.. Ocnuno di quuti piccoli or111ni avova il •110016.cio, le 11,10 oro di con• 1Jenaaiono. La 1era aol ci 1i ritfOH1'a alle Unl1Jor.itl Pol)O– larl, do1Jo ci i11con1u,-•mo con i m,lilal'lti 1i1Jolu1io11arl.O1aì 1obbc.rco dl P•ri1I, oa;oi cinl di pro•inda H01Ja la 10a isu– tiuione. E, finchh atti1Jo,piuuono che .. 1, di conforen10 1 furono circoli d'aQlicl e di mutuo IQJ01namouto. • Questa Francia dei piccoli centri di coltura, cosi seria, così generosa, cosi proba ; la cui sto• ria è cosi ricca d 'atti di coraggio, di devozione, di propaganda, di fede, è rimasto presso che ignota a noi, e ignoto anche a molti francesi. I Cahien de la Qui11:ai11e hanno dieci anni di vita e posso assicurare io che coloro che li co– noscono in Italia si contano sulle dita. Questo è accaduto per le condizioni della stampa fran– cese alle quali dedicherò un prossimo articolo, dopo il quale esaminerò la figura del Péguy e l'opera dei Cahien pili a lungo e distesamente di quel che non abbia fatto in un recente arti– colo nel Co111111e11/o. Glt.'SEl'l'E PREZZOLINJ. TRANI Nel ~leuogiorno bisojt'na parlare, non tanto di <JUelche c'è, quanto cli quel che non c'è. Se 11011 teniamo conto dei ~randi centri, dobbiamo deplo– rare che in cittadine, il cui soggiorno sott'altro aspetto non s.Mebbe ingrato, e do\'e pur ci sono istituti governati\'i spesse \'Ohe fre<1uentatis5imi, si sia fatto cosi poco per appagare i legittimi in– teressi della gente che studia. In certe provincie, per es. in Terra di Lavoro, non si può non rima– nere colpiti da una :,tmna antitesi tra l'opulenza dei prodotti naturali e In J>Overtà scoraggiante, non solo dei mezzi di cultura, ma talvolta dei più elementnri conforti della civiltà; e par quasi impo~:,ibile che gente dointa di \'i,·o ingegno si mostri cosi refrattaria alle utili e belle iniziati\'e, Ma non \'Oglio occuparmi della Campania, do\'e la mancanza cli fibra è tradizionale e prover– biale; fermerò piuttosto la mia attenzione su di una piccola citt:\. aJ)partenente ad una regione, che mostra, a più segni, un ris\·eglio di opero– sità abOOstanza notevole: alla regione pugliese, do\'c. e' è una popolazione, forse meno loquace della campana, ma certo pili seria e più conclu– dente. Parlerò quindi cli Trani; ma debbo av• \'Crtire che non ho a mia dispo:,izione se non alcune reminiscenze e l'aiuto di notizie forni– temi dalla gentilezza di un amico, dal prof. \"ito \'itale, egregio indagn1ore di memorie pugliesi. La città di Giovanni Bo\"io, cospicua di vetusti edifizi (tra i ,1uali spiccn il monumentale duomo), simpatica e lieta di larghe piazze e di ameTii viali affacciantisi alla fresc:1 marina, gareggiÒ nel Medio E\'O con Bari negli scali e ne' commerci {ebbe anche suoi ordinamenti marittimi); oggi de,•e la :,ua vita sopra tutto alla Corte d'Ap· pello e a ben <1uattrocento av,·ocati, con l'altra gente a cui son di richiamo. Questo nuo\'O svi– luppo del paese e le rapide fortune, che ne sono State effetto, hanno forse determinato nella cit– tadinanza, che, accanto a 1>0ehe famiglie di an– tica nobilti,, conta un grosso nucleo nella classe borghese, hanno determinato - dico - una certa mania di fasto e rafiìnatezza di costume, che nel trnuese pigliano un'espressione di enfasi quasi spagnolesca, ma non antipatica, 1>erchè ingenua e in buona fede. La gentilezza e la cultura, di cui nella regione si suole dar vanto n Trani, sono - si capisce - relative e non \'anno esagerate. 11 mo,·imento intellettuale è molto ristretto. S' ha a spiegare ciò con quell'apa1ia, da cui, non abitualmente, nm ad intermittenza, si la- 3ciano vincere le popolazioni del Sud, così pronte a.Ile subitanee accensioni ed ai repentini acca– sciamenti? Solo in p,1rte: bisogna aggiungere che a questi pugliesi, da cui ogni tanto escono anime enlllsiaste di filosofi, cli giuristi, di storici, ~he danno un buon contingente alle nostre uni– versità, manca la continuitit di una tradizione, manca la colletti,·ità degli sforzi, mancano i vi,·i focolari. Fra i molti a\'\'Ocati cli Trani, ce n'è alcuni, che alla cultura giuridica uniscono quella filosofica e letteraria: n:lturalmente non bisogna pigliare troppo sul serio la filosofia e la lette– ratura degli a\'\'Ocati, che possono tante v9lt.e far le spese alla réclame e al dilettantismo ; ma sta il fatto che il Pugliese e il Cutinelli par• lano e scri\'Ono con eloquenza colorita.: il La• serra e il Cotugno, già discepoli di Dertrando Spaventa e fortunatissimi nella carriera forense, non disdegnano di volger l'attenzione agli studi filosofici e !>Oci:lli. E alcuni di costoro. unita• mente ad altri studiosi, come lo storico Beltr:tni, posseggono collezioni librarie assai notevoli e ceno superiori alle pubbliche biblioteche: onde un singolare contrasto tra l'opera dei privati, che si chiude però in uno scopo tutto egoistico, e la deficienza estrema d'iniziative dite.tte al• l'utile generale. Circoli di lettura \'e ne sono, ma inncleguati al loro ufficio. Nella Società del Casino e nel Circolo commerciale si trovano, oltre i giornali J>Olitici, alcune tra le più diffuse riviste. In quella, sino a pochi anni addietro, molti ammi– ratori ed :unici raccoglieva intorno a sè Gaetano Quercia, un vecchio gentiluomo, il quale, pur essendo ridotto in tri1ti condizioni di salute, discorreva animatamente di libri e di autori, non senza una certa sonorità declamatoria, che ricorda,,a un difetto, tra i grandi pregi, di Gio• vanni Bovio. Delle biblioteche, la pili antica, ma anche la più trascurata, è quella annessa al R. Liceo, la quale, non essendo S0\ 1 venuta 1 come dovrebbe, dall'amministrazione municipale, non è da gran tempo rifornita con nuovi acquisti, tanto che, per avere un certo numero di classici, special• mente greci e latini, si senti la necessità di chiedere un sussidio al ministero. Press'a poco il medesimo è a dire della biblioteca, fondata, or è qualche anno, dal Comune con un mate• riale formato la pili parte cli vecchie opere giu– ridiche ed aOìni: anch'essa, nello stato in cui si tro\'a, non rec:1 vantagb.; --;j;,>rezzahili c 0 ha scan,i fre<1uentatori. Pili fortunata, forse perchà meglio soddisfa nlle esigenze locali, è mm bi– blioteca tutta speciale, quella dell'ordine degli a\'voca1i, che è anche sussidiata dal minh.tero cli Grazia e Giu'ìtizia. Non si può parlare di Trani senza rammcn• t:1re Valdemaro Vecchi, cosi benemerito, con la s11:1intclligenz:1 e l:1sua simpatica .utività, della cultura meridionale. Numerose pubblicazioni u– :,cirono, in veste nitidis3ima e corretta, dalla sua oflicina tipografica, la qu:ile raggiunse incon- 1estabihnente il primo posto tra le altre del Mezzogiorno. Basta citare, per la loro impor– tanza, il Codice diplomaliro l,a,-ese, preziosa rac– colta di materiali storici non ancor finita di uscire, e l'opern in tre splendidi volumi in folio, intitolata « Ltt /erra di /lari sollo l'aspello slo– rico, eronomico e 11a/11ra/e • (1900), utilissima illustrazione dovuta ad alcuni professori della R. Scuola superiore di commercio. Ma anche notevoli riviste furono stampate e si stam1>n110 coi tipi del Vecchi: la Napoli 1106ilùsima, la ,N11ovaParola, la Cri/ira, I:, C11//11ra, la Rivi$/rr di Gi11rùpr11de,,:a, e infine quella Rasstg11a pu– gliese, che dal 1884 in 1>0i è un es1>011cntcnon trascurabile della cultura regionale. Esce a irre– golari intenialli, e, se manca cli un carattere \'eran,ente organico, perchè accoglie scritti di vario genere e d'ineguale ,•alore: poesie, no,·ellc, critiche, la\'ori storici e ora 1>en,inocenni necro~ logici di gente oscura, che a1 >pen:i.troverebbero posto in un giornale quotidiano, ha però il me– rito innegabile cli a,·cr recato, sotto la dire1.ione del Vecchi prima, del Bel1rani poi, utilissimi contributi agli studi di storia e di arte pugliese. Quanto ai giorn:1letti locali, che spu111a110fa. cilmente, specie ne' periodi elettorali, ma non sempre si mantengono in vita, essi dovrebbero seriamente occuparsi dei problemi che la nuova Italia fa sentire urgenti alle città meridionali, menlre spesso preferiscono affogare nel pette– golezzo o fare dell'anticlericalismo a buon mer– cato: e tro,·ano di certo buon terreno nell' in– differenza rcligios.t, che in alcune pro,,incie del Mezzogiorno è più accentuata che altrove; ma .... con quanto profitto? Quelle declamazioni settarie 1>0ssono bensì far il giuoco delle ambizioni e degli intrighi personali; ma nulla giovano alla soluzione diretta dei problemi che riguardano la cultura del paese, nuzi, se non m'inganno, fomentano quello scetticismo, che poi guadagna Bibloteca Gino Bianco e corrocle tutta la coscienza. Che significa mai far professione d'irreligiosità o areligiosità? ì\la la religione (nel senso migliore) è una funzione integrale della vita! Tra gl1 istituti regi i, primeggia il Liceo, eh' è assai freq,1entato, come in generale accade nel ì\le1..zogiorno, dove l'istruzione classica è prefe– rita alla tecnica, non per la convinzione di una sua maggiore eccellen1.a 1 ma perchè si crede che la licenza liceale sia un titolo pili valido e anche pili comodo al raggiungimento di questo o di quel fine pratico. Sebbene le sue condizioni da parecchio tempo non siano del tutto normali, tanto che provocano frequenti inchieste (nelle <iuali talora capita che siano coinvolti, per ef– fetti di anonime denigrazioni, professori illibati e coscienziosi); pure non si può dire che la scolaresca non dia buoni frutti. Ricordo con piacere cli aver conosciuto giovinetti, che alla natuntle vivacità dell'ingegno accoppiano quel• Jlentusiasmo per gli studi e anche per le que– stioni più vitali, che è quanto di ph) soddisfa– cente J>OSS.'l aspettarsi chi dedica le sue cure alla formazione degl' intelletti. MICIIELE LOSACCO. La musica a Firenze. GINO BELLIO E certo che in Franda, o meglio a Parigi, là dove si crede con tutta serietà di essere nell'om– belico ciel mondo spirituale, il gruppo di rivo– luzionari procedenti nlla conquista della nuo,,a musica sotto le insegne dei più paradossali ca– noni estetici modernissimi, ignora come nella vecchia Firenze serena ed apatica si prepara in silenzio un mondo di musica assolutamente nuo– vo e schiettamente concreto. Nè cli tale igno– ranza va troppo accusata l'alterigia invadente del celeberrimo gruppo parigino, se, a dire il ,·ero, i ri\'oluzionari fiorentini, che pur si con~ scono di presenza, s'ignorano, o quasi, tra di loro in quel che rigu:1rda la produzione dei loro ingegni. Giacchè, come sempre è stato ricono– sciuto, più in senso dì biasimo che di lode, ca• ratteristica degli artisti italiani i! il non saper fondersi in ben connessi o sconne:;si cenacoli, in cui il debole viva para&sitariamente a spese del forte, e il forte \'iceversa riceva dal debole la nube d' incenso necessaria a farlo apparire un nume dinanzi alla plebe dei non iniziati. No, io grazia della classica itnliana maledidlil, i,-re9uie– /e::", ,·ef,-allariclr> ai p,-eg-i11di:i 1 a1ddild di IINO• vo - parafraso qui le qualità che il nostro unico storico della filosofia attribuiva al Valla, le quali s.1crosante qualità isolano e fanno grandeggiare le scarse, ma originalissime individualità italia– ne - in Italia non alligna altro che sporadica– mente il fenomeno discretamente studentesco e ciarlatanesco ciel Ceuarolo, onde avviene checo• loro che fa11110 1>iùpresto che allrove e piì1 do– lorosamente s'accorgono che indh•idualità mag– giore è m:i.ggior solitudine ~ che raggiungere la propria indi\'idualità è votarsi eroicamente alla propria solitudine. Infatti, generalmente parlan– do, ho osservato che quelli nrtisti che tra noi più si lamentano della m:mcan1.a del auarolo, sono spirli o"morti o agoniuanti ~ia pur per crisi ef– fimera, e cioè :uti<;ti i quali non son pili suscet• tibili d'esser fecondati dagli spiriti dei veramen– te vi\'i, ossia dei grandi morti, 11(: dall'eterna vita della natura, 11~ clall' immenso miracolo del dolore umnno che Il preme con infinita onda da tutte le parti. La verità si è che io stesso che vivo solissi• mo e cerco di far della musica mia al di fuori cicli' angustia sia pur latissima di qualunque cer• chio nostrano o str:rniero, ho do\'l1to riconoscere. e 11011 senza una gioia se,·cra e gelosa, che pro– prio qui nella mia Firenze; 1>roprio in questa stanca e apatica città dove più mi sentivo tra• gicarnentc solo, seblJen solle<.itato a sempre piO: limpidi orizzonti di conoscenze luminose dal mi• stero austero della amicizia e del divino mira• colo dcli' amore; alita il sacro polline del rin• novamento ferace. trema lo spirito d'una pri– mavera musicale spontanea e feconda. Non folli proclami ebbri di distruzione, non urla incomposte d' iconoclasti, ma il nobilissimo silenzio, senza, del quale un mistico ebbe a dire che nulla si può 1>reparare di grande, annuncia e presiede il risveglio della nuova musica ... fio· rt·ntina? italiana? - no; dirò meglio della mu• sica del tale- o del tale altro. N'è Firenze per questa 11110,·a \'ena music.."lleche le pullula nel pii) segreto cuore, cambia aspetto e costume. Il nostro Pre.zzolini ha ragione nello sferzare implacabil· mente il carattere dei suoi .fiore11li11i. Una gara d' a,·iazione, come una grande sinfonia di Uee• thoven lascia Firen1.e alla sua antipatica apatia, Ma sotto la vetusta apparenza c'è sempre la vecchia sostanza ? Assolutamente ciò è falso. Son

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