La Voce - anno II - n. 12 - 3 marzo 1910

276 LA VOCE al nostro orecchio, che dubita e paventa in quella misurn. che le complesse parole già lo tenHano in un inganno ozio5o quanto fastoso. Come nelle loro elucubrazioni musicali Aldo e \'ana, abbandonando al fiotto sinfo– nico le fioriture disfogliate delle loro es.i– stenze, cedendosi morti alla rapina, con u11 sorriso malato ,•ivevano della vita fittizia del sogno, il nostro spirito era assordato e vuo• lato dal torrente verbale, e la sua vita vern s~ffriva 1 sospesa, di non ritrov:1re sè stessa. Ed ecco, a quando a quando, la trama com– plicata si lacera\·.i. lngenue \"Oci sotterranee di vergini, di fanciulli, di forti prorompe– vano. E le loro parole eran tali che, uden– dole, quella vita smarrita si riconosceva d'un tratto, con un sus'òulto nella sna profondilà pil.1 profonda. Pare,·a come se in una sala, sacrata al pii1 insolente trionfo dell'orchestrica modernissi– ma, tratto a tratlo, sost:111do la furia degli archi il ronzo dei sistri e lo scroscio degli ottoni 1 per le porte dischiuse su tile di vuote chiare stanze, gilrngessero sopra un'aura cli mistero le melopee dei puri cantori dell'a• nima di fuoco, però che una mano ardente cavasse da un pianoforte lontano un selvag– gio grido stridulo dì Chopin o gli accenti torbidi e sommessi di un poema d'amore beethoveniano, e queste musiche smarrite, soggiogassero inconsapevolmente quello sforzo scomposto, dicendo nelle loro lncrime in– senue1 alle anime perplesse il possente se• deto che s'ern perso in quel turbinare. Soltanto che qui è lo stesso spirito che tesse \' inganno e lo stesse 1 e s'aggira con– vulsamente per i bui meandri dell'illusione a trovar con noi la porta soleggiata schiusa sul vero ; per ritornar tosto lungamente nel bujo e riuscire un attimo nel vero; ad un tempo, guida e ingannatore, Circe nefasta e psicagoga Athena. I Ili. Si può dire che iali qualità sien cru,la– mente irreconciliabili e reciprocamente dele· terie quando si a1formano 1 una accanto .:1ll'al• tra, nella stessa opera? Per parte mia credo di no. Tanto piì.1 che la ritlessione porta a riconoscere che se esse posson coesistere, este– ticamente è una che \'aie, non m' imporla auche se in frammenti ed in schegge i ed allora, negando e cond:mnando a p,iori', si corre rischio di rinunziare a rendersi conto di quest'una i di buttar via, come dicon gli loglesi, l'acqua del bagno con dentro il bam bino; e, cioè, precludersi ogni approfondi· mento. Si enunci, infatti, che, come in matemR• tica, meno con più fa meno, un~opera nella quale sien mischiati il bello ed il brnlto è esteticamente negativa. Si $arà stabilito un comodo canone stroncatorio, ma non certo un fertile principio di cri1ica. E mi vengono i brividi a pensare a tutti i grandi poeti moderni 1 a Vittore Hugo, a Balzac, a Browning 1 a Zola, lavati con que• sta sodit caus1i.:::1 1 piallati cosl a sanguei stac– ciati così a velo. Come candela che <:i con– suma si consuma, vedremmo sotto un ul trattamento, la loro opera estenuarsi, ill.111 guidire, ridursi con celere tisi ad un tal libm e poi a un tal capitolo o ad un ml poema di questo libro, e, ragione,·olmente, anche ad un::1 tal pagina e del capitolo e del poe– ma, davanti alla quale il critico si fermerebh: commo..;so, annunziandoci che siamo da,·:1111i a!P ìn1uizione vergine, monda come ne,·..:, all'espressione compiutamente e purissim:1- men1e viv:t 1 111 una parola al capolavoro. lo affermo che è legittimo tirargli uno schiaffo, da\'anti a questo capola,·oro. Perch~ il capolavoro non rivela forse mai la \'ila intiera 1 il compiuto modo d'essere <l'un temperameoto 1 che è ciò che più importa co• no~cere e s1udiare. l capolavori di Leopardi ~on forse quelli che De Sanctis ha addi1ato 1 e che ru1ti conoscono. la Leopardi non vi,·e tutto in quei c-.i.polavori. Infatti, negli sc,illi ù1tl,h, :1pparsi nel 1906 1 sono abbozzi e frammenti, inegu:1li e sconnessi 1 nei qu,11i $i ri,·ela un I eo pardi nuo\'O 1 un Leopardi che tende la m:rno all:l lirica più naturalisticamente moderna che poeta abbia immagin:1to; lirica quale a\ rebbe potuto scrh·ere un Pascoli, se inYece di an– darsi diluendo dopo i primi libri, si fosse sempre più approfondito e puriticato. I capo· lm•on di Leopardi continueranno, tuttavia, a perpetuar l'immagine di un Leopardi incom• piuto. I capo la, ori I i J11 la storia e I i battezza piuttosto con nomi di grandi uomini, che con nomi di grandi opere; non li fanno nè Ii scelgono personalmente gli uomini, i quali 1 quando son da tanto, pensano ad offrirle un'opera ricca di vita e d'impetfl 1 se non sem• pre in numero e in vasti1à, nella quale essa possa cercare di che comporsi la ghirlanda. E all'occhio della storia piglia senso equilibralo ciò cui noi diamo un valore paradossale, nel noslro entusiasmo ch'è sempre un po' cieco. mentre si rialzano valori che a torto deprez• ziamo 1 per ;1verli superati effeuivarnente o sol· tanto nella nostra immagin;n.ione. Senza poi coniare che la materia più dozz.i,~e che, specie nelle opere moderne anche elettissi me, sostiene le colonne sulle quali l'ispirazione posa le sue s1a1ue pili pure, nella storia piglia uspello meno \'ile, perchè ivi è eliminata la nausea dal ,·ederne l'officio comune nelle opere di tutta un'epoca, le meno valide delle quali sono allora naufragate. La pura vitalità estetica di queste parti deteriori può restarvi ugual mente scarsa: essa ,ii s'integra di una vitalit:i. appunto storica, rappresentati,·a. Ì\on solo. Dieci trimetri gii1111bici cli Euri– pide si potevan con tutla probabilità scnm· biare con dieci trimetri giambici d'uno di quei tragici periti nel naufragio del teatro greco Ma l'insieme di infinite volte dieci tri– metri giambici di Euripide, assai simili a quelli di qualunque dei suoi concorrenti, fece qual· cosa che dovette sopravvi,ere;; quel disastro. Le differenze, nel dettaglio 1 sono invisibili o fallaci. Una pagina di Balzac e una pagina di Méry posson benissimo somigliarsi. Ma Balzac è Balzac, e di Méry nessun più ragiona. Vi son bellissimi scrittori nei quali è impossibile tro– vare una pagina bella. A Flaubert 1 grandissimo scrittore di capolavori, manca il capola\'oro principale, che sarebbe un Flaubert davvero grande. li capola\'oro di Beethoven si chiama Beethoven. Voler tracciare una precisa linea di demarcazione che includa quest'opera ed escluda quella, è misero e presuntuoso. Come non sarà possibile ritrovare in un sol rigo di un autore tulio questo autore, dovd anche rinunziarsi <l cere.arie, segmentando l'opera in libri ed i libri in frammenti. E se d'Annunzio sarà degno di sopravvivere, soprav,•iverà come d'Annunzio, non come poela di questo poema, o roman– ziere dì quel romanzo. Invece il critico, avendo una sua inter– pre1azione di questo poeta o di quello, sotto la quale dorme fo1se il suo proprio ideale d'arte, e magari la sua autobiografia, piglia, di sol ilo, una parte dell'opera d'arte e la innalza, mediante l'esponente del proprio giudizio, a rappresen• tanza del tutto. Cosi quasi ogni critico ha sem• pre fa110; e cosl ha fatto anche il De Sanctis, benchè di rado 1 111,1 in esempi consìdere\'oli, come nel suo sag·gio su \'utore Hugo e patlando del Paradiso di Dante. Chi ,·orrà mai mettere a confronto I' hegelisrno un po' fanfarone di certi poemi delle Conl.:mplr,{i0'1i con la solida e lucid11 religiosÌ1il di Dante? Ciò non toglie che il De Sanctii:. 1 sentenJo in queste opere. dietro l'immagine, una per.masione, faccia in• tendere, ad un modo, che la poesia della loro specie gli suscita dubbi, ed offra a!P;:mmir!l· zione e.lei suoi contemporanei, come massimo poeta moderno, un \'iuore Hugo iJillico, cantor di gioie e di dolori familiari, non diremo un \'htore I lugo mi11ore 1 ma quello la cui arte prende sulla più spicciol.i vita, senza risolu– zioni medi1ative, piacendosi ingenu.imente del– l'alterno fiotto del rallegrarsi e del soffrire; mentre 1 se \"ittore Hugo è anche questo, que• sto solo non è in verun modo Yittore l-lugo. \'i son parti e atlltudini più ,olatili e inaf– ferrabili1 nella psiche e nell'opera di certi poeti, le quali si esagerano e si falsificano, parlandone anche con la circospezione più tes:1 1 mentre, d'ahro canto, non parlarne equi• vale a ucciderle, negarle; il che mi sembra anche peggiore di cercar pur imperfettamente di metterle in rilie\'O. Così, per esempio, in Euripide. Egli e forse il primo vero ani,1a ironico, il quale, cioè, non alzanJosi a un ,·ero Bibloteca Gino Bianco superamento tilosofico, chè allora la poesia gli si disfarebbe, non crede al suo mondo, anzi lo critica rappresentandolo; e poichè un bisogno fondamentale al suo temperamento lo fa porsi di traverso ad esso, piega i soggetti tradizionali ed è portalO alla necessità di gi• rare il suo dialogo in modi d'obliquità spesso delicatissima, che a noi che, nello sforzo per comprendere, saltiamo anche un po' oltre il vero, fanno a volte un effetto di comicità ef– fettiva, mentre comici in reallà non sono. Ciò che fa Euripide, spirito agro, nella sua ma– niera tc,rta) in toni differentissimi fanno altri poeti, nati come lui in seno a civiltà com– plesse. Cosi Vittore Hugo 1 cosl Roberto Brow– ning, cosl Giovanni Pascoli. E così Gabriele d'Annunzio. Si può ,·io– lentare l:1 significazione della sua opera nelle formule simili e diver$C di un idealismo panico. di una barbarie insorta contro la sioria, di un crudo sensualismo, di un ilare faunismo prt-dace e canoro; ma in ciascuna di queste successive attribuzioni, anche I~ dove più si cerca innalzarlo, in re·altà lo si deruba di qualco<:a, Le Vergini delle Rocce o il Pocmrr Parad/siaco, che contengono cose bellissimt", poco hanno che vedere con l'idealismo pa– nico. In Aidone la crisi del libro di l\laia è ben sorpassata. E, d'altronde, le lacrime di Vana ed il suo canto rincociono e fanno do– lere in fondo al mio cuore i miei dubbi sul faunismo gioioso. Nessuna critica esaurisce un poeta, che si esaurisce in tutta la critica, cioè in tutta la storia. Ci può essere, e ci deve anzi essere, nella sua opera, un mondo centrale più omogeneo, che viene appunto adombrato in proposizioni sif· fat1e 1 esprimenti caratteri per un punto o per l'ahro vicini. i\ta intorno a questo centro si \j. bra un mondo che vive d'una vita pili sorda, e a momenti direi quasi previtale, cui il critico ha pur dovere di non amputare con disse· zioni troppo sommarie e non lasciar scappare in nebbia dall'alambicco, per un fuoco troppo screanzato. T,1nto pili che questo mondo più ambiguo e ,,oJatile spesse volte è vero complemento del· l'altro, la cui pasta s'è fermata e raffreddata prima. Si muove intorno ad esso e l'a\'\'olge, cercando di depositarglisi sopra. E se sempre non riesce a solidificarsi nell'opera dei singoli individui, vi riesce quasi semprt;! in un processo storico più lungo che non sia la carriera di un particolare scrittore. Sta a rappresentare in che modo questi senti e realizzò, per quanto gli era possibile, aspirazioni d'un'arte che doveva crescere di sul punto dove la sua arte precisa e conchiusa era giunt.1; ciò che poi non significa ch'esso sia alcun che d'ineffabile, o un nirvana degli esauriti. La sua natura è pili confusa e intricata, in ragione della prema• turità, non sempre intima, ma spesso anche storica delle cose ch'esso si sforza di conte– nere; e i critici, i quali non fanno già i critici per decretare più o meno punti di merito a questa o quella opera, devono stu– diarlo scrupolosamente, se ,·ogliono davvero inte11dere uno scrittore, e, con le significa• zioni della sua arte, le tendenze nelle quali essa sfuma. Sta intorno a quei mondi più compatti, come l'aureola di puh,iscolo che cer– chian non le nebulos~ soltanto ma anche i soli, e nella quale gli astronomi \ 'egg.on sovente muo\'ere nuclei prima mal delineati e oscil– lanti che un giorno si dititaccheranno e sa– ranno anima di mondi a\'venire. Ben lungi, insomma, da esaminare questo ultimo romanzo di Gabriele d'Annunzio per derivare una formula sedicente conclusiva, sarà chiaro che 111i contento cli cogliere il signi– ticato, e, per ciò di atfernrnr la legittimità este tica, di quelle voci che, ho detto, a quando a quando, vi si odono, pur senza ch'esse , i si fond,1110 in un canto compiuto, Troppo ridicola anche questa volta è s.tata la chimica droghiera e l'anatomia macellara di quan1i, prescelto, secondo i gusti, questa cosa o quell'altra, e tino il dilettantismo descrittivo, amante dei hric ,; hrnc decadenti e delle sensa1.ioni difficili, onde rinnovar l'elogio al meraviglioso stilista 1 al!' insuperabile cesella• tore di frasi - espressioni che sono strazio a chi ha dato opera di poesia, - hanno gillato il resto :li cani. È vero, gli equanimi e i più veggenti 1 non han saputo disconoscere, pur circoscri\'endola d'un diniego, o ponendola, tosto che confes• sata, in non cale 1 la presenza di quelle forze sulle quali la nostra critica preferirà concen– trarsi. « Chi volesse raccogliere le frasi e i periodi 1 nei qual i si esprime con ardente lucidit?l. una frenesia di senso e un aspello febbrile della natura, ne a\'rebbe per parecchie pagine grandi ». ~fa percht.', dunque, non leggiamo queste pagine grandi? (Conli1111a) Emilio Cecchi. AUGUSTO FOREL Qu:mta energia hanno ri~pMmiato per qut:sto ribelle i suoi pii antenati cah·inisti ! Di ribelle egli ha anche la figura: la persona eretta ed aitame, il petto ampio, le spalle robuste, l'occhio \'igilc e scrut:llore. La parlata t: familiare e pcr– suasi,·a nella sua schietta spontaneità, ma le affermar.ioni e i dinieghi sono recisi, come quelli di un uomo che è giunlO :i.Ila maturilà delle conclusioni: taglia corto se volete ::l\'venturarvi con lui in un'oziosa guerriglia di opinioni: se ascoltate sarà per il \'Ostro bene. Cumprenderete, passando qualche lempo in sua compagnia, co111e egli abbia J>Otuto raccogliere una cos1 larga mès,.,c d► faui unrnni per i :moi studi, di quei fatti che ordinariamente si celano qua<:.ia noi stessi; con quest'uomo le confesi;ioni più intime , i vengono alle labbra "ienza che egli vi abbia chiesto nulla, sentite di poter ripos:tre in umt fiducia a,;soluta, rimpiangere~te di non esser\"i aperli con lui. Gli i; che, vedete, ha le mani pulite e il cuore saldo, signori medici, funzio• nari dai mille cartelli, e 11elle sue vene batte 1111 sangue generoso come non ci fu mai l'eguale. Ci \'Ogliono delle mani d'angelo per sciorinare i panni sporchi dell'umanità. E prima di .tccinger\'isi converrebbe fare come lui: semplificarsi scrollando dietro le spalle forti il carico di quello che si è ricevuto e creduto, cercare un nuo,o afliatarnento coll..: cose e colle creature, una comunione più intima col reale e poi spezzare coll'azione creatrice la prigione costruita dalle nostre mani. Così ha fatto Augu~to Forel. C'è da maravigliar~i se il p:1esc della stabi• lità intellettuale e morale O\"e la virtll si misura col contatore arrugKiuito dd conrc~,.,ionismo lo abbia co.,tantemente di-;conosciuto? l·u apo.,tolo' il lèmpo degli apostoli è semJ)rC

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