La Voce - anno II - n. 12 - 3 marzo 1910

CE Esce ogni riovedì in Firenz~, via d · R bb' 42.:,. o· d GIUS p " 0 13 • irella a E PE PREZZO UNI $ Abbonamento per il Rer,,o, T rcnto, T ricste, Canton Ticino, L. 5,00. Un numero ccot. Ji). Anno II .,,. N.• 12 .,,. 3 Marzo 1910. so,tM,\R~O: Sul Sccdileia c'è la one, Scrl'IO S1.,\T\PJ.R .. Foru <bt 11 forse cbe ao", 1-:,-111.10 CEcc111 - Au,■ 110 Forti con ritratto, P111i10J.\llllll Piacu,a, C,1tu1 \,t,t1,,0L, _ Prlm1 'tosira llallana dtfl hnp,c11loal1II fraacul e di ,~cdardo Rouo - Il 1lor11t1,1a da Ocmlto, s. s. _ Niallrn .V~alllwi. Sc,r,o SI.AT. \rl R l'ilo 0 ,' /Jr/lii, 1 , \'uc.:, _ .l,Jti/1~ I. ,n., SUL SECCHIETA C'È LA NEVE Dunque facciamo l'articolo. Da molto tem– po 1&0zillo: è tempo di risbucare. Lapis rosso; 1, '21 3 1 4.... : le cartelle son nume– rale. Accendiamo la sigaretta. Inchiniamoci sul tavolino per venerare il pensiero che gorgoglia, commisto ali' inchiostro, giù dalla penna. Lo sv1LuPro o'uN'ANIMA A TR1esn. Comin• cio n scrivere j lacero ; di nuovo, e altro strappo. La stanza s'empie di fumo, e i pen• sieri si serrano come corolle al vespro. lnu- 1ile illudersi: io non ho da dire niente. Son \'UOIO come una canna. Che ta,•olino I alzati. Anche se tuffi il muso nella fraiw:a verde della boccia, con cui i rnoi occhi cercano d'illudersi, tu qui non respiri. Ora, qui anche Shakespeare è solo una pila di libii che ti ruba un tocco d'o– rinante. Dirimpetto, I' Incontro s' inrossa per l'aurora, e se t'aff~cci alla tinestra e guardi alla sinistra, Fiesole si rischiara come un cri• stallo. Sul Secchieta c'è la neve. Andiamo sul Secchietn. Ghette ai piedi; doppia maglia al petto j un boccone di cioccolata in tasca : e mentre pesto forte il lastricato della città perchè dni piedi il srmguc mi scorra piit caldo alla te– sta, penso: - Che ha da fare con la vila dello ~pliito cotesta imprO\•visa c;campaJu,ata? C'era 111 te un ostacolo un poco più alto del Stc– chie111: e tu invece di pigliarlo cli petto e darci dentro col cranio, gli giri intorno cre– dendo cosi di andare verso il sole che ti illuminerà a tuo uso e consumo tutte le cose. Sei già stanco? e ieri ancora sbalzavi oltre i vigneti e gil1 dai muriccioli scontarti e assodali dall'edern che t' intralciava i piedi, e pumf! col muso per terra, e cervo » vinto che i tuoi coetanei « cacciatori > sbnii- 111ndol'alalà di vittoria legavan con venchi per le 111mpe e strascinavan a casa - il viso rosS,o Jalla scalmana e dal trionfo. Buttavi giù li1ri d'acqua, immersa bocca e naso e occhi nella secchia del pozz.o : sbuffando e ingorp.ogliandoti, senzn tregun; sicchè l'ale• nare ddlle narici sca"ava due fondi buchi nell'acqu1L Stanco? Qui nel treno che mi porta a S. Ellero c'è contadini che dormicchiano appena mon· lati e sputano. Cammino su e git'.1 per la corsi,1 centrale del ,•agone. Strmco? lo non so niente, ora. Non sono più in citt?t. Non ho pii1 l'obbligo di S3pere perchè faccio que– sta e quella cosa. Scendo dal treno : e sono un animale irrazionale. Scampagnata, git.1, foga, pania, sciocchena ; non so : so che ndo c;ul Secchieta dove c'è In ne\'e, Su per gl' intricati viottoli de' carbonai, che qui lr. s'allargano in uno spiazzo nero. liene, se non mi !-perdo ; se mi sperdo, me– glio. C'è \'Cechi castagni senz:i midollo nè carne i l'elleboro \'erde è fiorito. Forse i miei occhi troveranno tm le foglie brune e il musco la paim:1 primola, accanto alla macchia di ne,·e. Allenta il passo: l'animo si può ingrassare rapinando la natura. Tutto è fiorito J' imma• gini intorno a te. Stendi la mano 1: non i getti del rovo tu tocchi, nè il cespuglio tenace delle ginestre, nè i sasc.1 della terra : accarezzi e ti pungi del tuo sp1ri10 che è svolato via da te a crearci il tuo mondo. S'è abbattuto contro l'oscuro amorfo, e ha piantato di colpo le sue radici entro di lui ; onde il \iento lo agi1a - umi in\'ernali gonfi come pugno che più s'ingrossa come più si c;forta in ~ stesso; e i tuoi scarponi lo marchiano terreno umido di linfa sue• chiata c;u in mille forme dal sole; e al tuo sguardo si spande in lui come un torrentac– cio, rotti gli argini orizzonte divino d1 colli verdi nen sollo li ciclo 1:mp1do e Jie,e i:he par s'elevi - luce - più in su dell'aria. Saltino. La prima ne,·e nei fossi lungo il binario den1a10. Dentro I: è dura e crucchia come ossi fra i denti d'un cane. C'è degli alberi pieni di gemme incufiìatc di peluria argentea, come strani tìori. R !?. Telefoni: 50 cente• simi e sono a Firenze. E pur cammino ur– lando sulla neve, e nessuno si ferma a guar– dare il pano. Tutt' è bello. Capisco la ri– forma della scuola media e il cipresso stron– cato s0110 il peso della neve, che giace in• fissato nella neve attraverso la strada e mi obbliga a un salto allegro, fermati i lembi della mantella sul petto. Ed ~ buono 11 <talame e il burro e il I~ e il p.1.ne cas dingo J' una settimana dell'osteria di \'Jllombrosa. Qui è impossibile si:rn mai venule JJme slrascican1i lunght gonnelle per c.1mri Mn peuinau, nè ministri h:111m1i giocato ltm1iJ in solino: molti alberghi attendon di spa· lancars1 : ma io non credo. Però po1rei pi– gliare a -.a,sate quelle due aquile ins.1ccate in stracci gialli, appollaiate sui pilastri d'un portone. Su, che :ti Sccchieta c'è neve intatl:t. Nes· suna peJ.11a sul dorso del monte: i gio\'ani italiani dove sono? Scrivo con il cl110Jo dell'alpens1ock il nome e \'oce • nella neve. Propongo che la festa vociana sia un'annua salita al Secchieta, dì ftbbraio. Lupercalì.1.... Ah ah, qualcuno proprio 111questo momento esce dalla rcdatione d'un cotidiano I E ba~rn: il disotto spJrisce. Non e' è che una cosa alta, non vis1,1, che bisogna rag– giungere. Nessun' imm:iginc. I rami son rami irrigiditi che scallano sul viso se ti sfuggono di mano. Picchia il racco nella nevt: per farti il tuo scalino, e un altro più in su. Pianta l'alpenstock. Anche se affondandosi tutto t'avverte che la neve è alta quanto te, non camminare a serpcncina: pianta dritte le pedate. Niente 11011 mi giunge dentro di consen• 111neo,attorno a cui s'affollino le idee e lo poppino e lo assimilino restituendolo mio, frutto del mio pii.1 profondo. Tullo è pur.1 sensuione di oslacolo che bisogna vincere : io e il monte siamo; altro no. E non devo esser che io, in velia. Ti vol11 a contemplare? Sci già stanco che li metti a fare il poeta, caro amico mio? Se i polpacci li scoppiano e la schiena ti si ripiega insieme e per ogni centimetro di vipor i:t !itronchi col viso, col pe110, un ramo; e un altro e un altro - chiss;.\ Jìno a <lo,·e - ti ao:petuno duri, ghiacci, ipocritamente velati di ghiaccioli come una bianca fiorita di mandorli, e i ghiaccioli ti si rovesciano dentro al collo e negli occhi abbacinati dal• l'eterno luccicar del bianco i e il berretto che 1i ~guiz1r1 via 1 gil1, ti costringe a rica– lare un poco, e l'alpenstock ti si caccia fra ramo e uonco cosi eh~ tulle le cose indi– spensabili tentan d'impedirti ciò che devi; agguanta coi denli la lingua che vorrebbe imprecare, e cammina. E lassù - non sai do,·e, perchè forse tu non cammini verso la cima reale, delle calle geografiche - e il tuo lassi1 è gra,•c di nebbia, forse; onde tu raggiuntolo, non ,,edrai più niente: non gli Apennini indor.1rsi come giovane carne sotto il sole, nè la ne,·e immensa che accende i colori, nè lontano, in basso. Firente. Ma tu, Bibloteca Gino Bianco amico mio, u -.ci ltvato da tavolino per salire sul Secchieta; e s'anchc 1u11e le opinioni tlella stra,-b, che ti si son inrihratc oell'orec– chio, dalla tinestra, col fomuono dei barrocci scamp~ellanti e le canzoni sporche di , ino non dijjcrit0, s'anche tutta la vita degli altri ~ prt,1. ~ i 1 te anche on e tenia, come una \'cntata poh·eroSJ, di storcerli il collo \'erso quello che hai g,à superato, a rimirarlo, e ac– cosciarti, tra l'aho e il basso, sulle me gambe si.anche - niente, non im1,or1a: tu vai in su: Forse che ' St I. Si sa, l'opera dt Gabrit:le d'.\nauntio è ricca qua1110 nessun'ilhra d1 clemen1i turpi e <li gusti di rien·ersione. Z\ella indifferente pe· nombra della deri\'ationc letteraria i giu~ c.quiami dell'.1.dulterio vi spalancano le bocche velenose, t 1 più in fondo, come freschi grumi Ji s:rnguc, sin c;1ramen1e ,plendide ,·i osc1llan follemente le di,fa11ecorolle Ji fiori mcestuo-.i che neppure I.anno nome. Gli strumcnci delle torture sadiche sono appesi come emblemi e ~parsi intorno ad una spudorata s1a1ue11adi .\more. I e oinime timorate restin lontane. E, prim I di Ltsciarmi più proseguire, uno dei miei lt1tori 1 che sia :wche medico psi– chiatra, s'a,•anti e mi rnstl ed in1errogl11 ed 111,estighi a riconoscere che, per ora almeno, non porto ,:;tigmate degcnerath•e. I miei amici, devoti a me, ma piil devoti a ,·erità, potranno dirgli, credo, chei. in fondo, son quel che si dice un bravo ragazzo. Non ho debiti. Non ho lusso. La,•oro. Aspiro a legiuimi amori. E chi un tempo sperava da me qualche cosa mi raccorcia la stima nella misura che s'al– lunga la mia barba di ~ hlisteo dalla gran pipa •. Non già eh' io fumi ! Ma la frase e di I lerne, non ho potuto 1rattenerla e nor1 I' ho voluca sciupare. Filisteo, infatti, finora, faceva pipa. i\la siffattamente io son filisteo che ho pcrfin perfe11ona10 questo perfet10 tipo di filisteo. Si potrebbe dunque defioirmi : un filis1eo quasi lirico, un filisteo a potenza. o, assai piil chinramence e dimessamen1e, un tìlisteo che, per ragioni di fomigli:1 1 ha smesso anche di fumare. Le necessità del mec:ticre mi costringono oggi a metter le mani nella materia vischiosa di un libro che ha fatto orrore perchè i dubbi elementi di quell\111e ,·i concorrono con un effetto insolitamente complicato. e Una storia raccontata da un ubriaco, rossa d1 tuna e d'onla ». E ho anuo bisogno di confermar preliminarmen1e chi legge, sulla nalura dei miei principi. In ,·erità, SCll\tndo, non mi sarei sentito libero e leggero, se le anime candide, subito ,•isto quel 111010 1 non a,·c~sero potuto immngin:tre ed apprtndere che anche io, se ero gi~ inornJ110 la mi:1 p.irte 1 ragie· volmentc, dopo questo romanzo, devo esser più inorridilo che mai. .\lcuni tenuti suicidi, soht11r1 o a più per– sone, da una ,·oragine o con l'automobile; tre amori illeciti al passato proo:c:imo di lc:a– bella lnghirami e un quarto tf.1110 amore al suo presente; una follia 111cestuos11che interseca questo amore ; spionaggi e contu• melie i l'amore•odio <li \"ana e il suo suici• dio; e poi una pattia in piena regola, non contando una cadUla <l'an:oplano, principale, e alcune altre purnmente eii.ornalhe. E ripi– gliamo tiato. l"n concubinaggio -.0110 il letto p:uerno 1 e \'arie melomamc, malinconie pre– raffaellcsche e infantilh3 decadenti di \'aria qutsto -.olo è ,·eroi IU dc,·i: questo solo ~ bello. l'n J1rupo nc\'OSO che non mi permetto di superare a tig•zag : l'auacco due tre ,·uhe, con I' unghie. E -. Sul Secchieta e' è una bJssa cappella con una Madonnina dipinta. ilo acceso un tiammrfero per timore che il lupo \'i si fosse nascosto. Sono entra·:, stri– sciando per il pertugio ostruito dJlla neve e son ruuol:110 sotto la Madonnina. Scipio Siataper. forse che no. ,, s~c1c 1 pasce come sfondo. Sotli d'aria s.1lma– s1ra, stiatati, che non valgonC' a refrigerar queste febbri. \'i'ìuali pisane e ,•iareggine ri– falle, <li sulle pagine di .1/,.io,u. Sogni <li 1crrc: lontane, prtgni d1 odor i libreschi più che eso1ic1, e resriranti la sospc11a barbarie delle mostre di un bJtar turco. In hne, eroi– ,;mi di l1ual11J tanco equh·oca, che un critico sagacissimo ha potuto :1dJiri11urJ riassumere il p1i1 ingen1e <li es.si 111 un ,·olgar pedilu– \'ÌO •••• In realtà, se ,•er;1111en1ela catarsi di 1:11 roman10 consiste in un pedilu\'iO, possiamo senz'altro ferm:irci, e dire che neppur la lin– gua dei trivi e dei bordelli s:1pd1 foggiare epiteto valido, per huida raninatezza, a carat~ 1erinare adeguatamente i viti le colpe le vergogne che possono com•enirsi a si0:111a purificnione l Il. No. lo ho un bel propormi di ridere, e cat:ilogare la strana fnola del romanzo in modo da conferirle aspetto di butfa demente fantasmagoria ! C'è, anche in quest' ultima opera del poe1a, qualcosa che dentro al cuore mi d:\ l'urlo sicuro, come dànno le cose grandi, e mi vieta di simular più a lungo un' ironica allegrezu che non sento, mi vieta di adoprar piit a lungo le tut parole e il 1uo 10110 1 o ipocrita /e11ore. Come in un canto di desolazione, sel\'ag• i.tio a traili, e d'un subito ripieg;uucsi a com– passionar sè medesimo, per rial1.arsi in im– peti folli e 1orna1c a illudersi in sommesse parole, in un canto quali si sentono in certi angoli degli ospedali e dei luoghi di mise– ria e di morie, e sembran cantati dalla bocca della stessa disperatione, psissa per entro il suo disordine di disastro il soffio delle pa– role 1erribili 1 e ,,i venta sopra un'.1la d1 ra– paci ,1c:ioni. EJ io più 11011 ce1co, quando sento que-;1e parole, n~ più voglio ~apere, quando son scnato da quell'artiglio, qual sia la musa che le sommormor;i nel suo pianto, qual sia lo sp:1simo che improv,•iu la forta d1 quell'ala. E \"ana mi <lh·enta umana e s:mta, in quelli :mimi irrefragabili di lucidità profonda, ed Isabella, senza piì.1 la sua maschera di reginotta bizantina, sollo la quale i critici han pur po1u10 sopportarla, mentre non I' hanno potuta soppor111iediven• 1a1nuna ignuda mic;eria, uno s1rnccio di carne dolorante, ,rnch'essa acquista un'anima, o, non già di Sibilla michelangiolesca, come il poe1a proporrebbe nell,l sua e,:ihazione 1 ma anima cosciente Jell,t sua ruiu.11 agghiacciata d,ill'alito della propria follia; pur sacna, per• chè d\fa, E si ;aprono nelle pagine sfondi incom– mensurabili j e scagliate in ~dJi fuggicid le ,·iolente ragioni di quelli spiriti, che sem• brano un i-;1an1e sollevar,i d' uno -.forzo su– premo !-UIgorgo che li trac:cina, giungono

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