La Voce - anno I - n. 30 - 8 luglio 1909

122 stro moderno per eccellenz.a. Giustamente lo considera, come lo consideravano alcuni pa• dri greci, un cristiano avanti Cristo, il pri• mo forse che insegnasse ad adorare Dio in spirito e ,,eriH1. Anche considera il cristia– nesimo come uu platonismo compiuto e per– fezionato. Nè vuole che si giudichi il paga• nesimo sano come estraneo, contrario e abor– rente dal cristianesimo. E anche 111 questo crediamo che il buon Gio~rti veda assai giusto. L'anima è naturalmente cristiana 1 se• condo la formala di Tertulliano e il cris1ia• nesimo è nato col primo uomo. Cristo è venuto a compiere, perfezio1ure 1 fecondare e sviluppare i germi deposti nella coscienza umana dai savi e dai santi che lo hanno preceduto: """ veni 50/ure set! adimplert. Il miracolo non è momentaneo, è conti– nuo ed immanente. « Ogni esistente, osser\'a Gioberti, è virtualmente una contraddizione (gli opposti coesistono nella materia, secondo Aristotele) e quindi potenzialmente racchiude la distruzione della p1opria legge. Da ciò la possibilit:\ della metamorfosi la quale non è altro che l'attuazione del di\'ino e O,:?"nimi– racolo è una metamorfosi ». < La radice, I' interno della natura è però sempre un mi– racolo (atto creadvo). Onde per questa pane il miracolo è come il continuo (P intrinseco del tempo e dello spazio) e la natura ne è il discreto (l'estrinseco) >. In queste bre\'i parole del nostro si ha tutto il costrutto del– l'evoluzione creatrice di Bergson come si ha una prefigurnzi.one dell'immanentismo blon– delliano in quest'alt re: « L'ontologia non do– vrebbe esser separata dalla psicologia, come si fa ordinariamente, perchè il subbietti,·o non può essere separalo dall'obbieuivo e lo studio Jelle facoltà impl1c,1 lo studio di que– sto e inchiude la cognizione di quello ». L'uomo è intelligenza ed azione e queste due fanno uno - ossia un'a11ivi1à intelligente. L'essere è immanente ali' intendere e I' in• tendere al volere. Non ho che delibato alcuni dei punti pii., interessanti di questa ricca farragine gio– ber1iana. Anche dn questo poco l'nttento Jet· tore :1Vt':\ polllto ar~uire quale inesauribile dcchena di alti pen!<!icrie d.i feconde sug– gestioni vi si contenga. ~ il proprio degl' in• gegni prh•ilegiati antivedere e preparare J'av• venire. A questa missione pochi s1 confor~ marono ptù fedelmente del nostro. Già si è visto ciò e meglio ancor., si vedrà da chi con mano pietosa e con occhio vigile sfo– glierà quelle pa~ine che '-0110 come il te,;ta– mento lllosofico e scientifico d'un carattere in\'ilto e d' 1m nobilissimo intelleuo. Le que– stioni e i problemi ch'egli h:t solle\ato e che noi fugacemente accennammo, sono oggi cosl vivi e cocenti com'erano nllora qoando Gioberti vi mise l'anima e l'opern. E potete esser certi che saranno cosi atto.ili domani come son oggi perchè toccano i punti più essenziali e virali della scienz:1 e della coscienza moderna. .\\•er po,.,o se,;:~ant'anni fo questi problemi e averne :l\·vi:uo o promos,;:o la solullone è merito g1ande e 1ncon1co:1abiledel nostro che può a buon dru10 esser consiJern10 come il fondatore e Il p3tri.arca del modernismo. Come politico riformatore, fu il creatore e il suscilwtorc d1 lutto 11 moto nazionale che s1 prolungò dal 4 al tio: come riformatore religio,;o è l'uomo della generazione presente e di r:1recchie genera1io111 future. Poche at• th iti\ furono, dunque, co!-I feconde come la sua e poche ebbero una 11sonanza pili larga in resultnti morali, Cl\ 1 il1 e religiosi. Tb. Neal. Preliminari a una rassegna di poesia I. C è come un riseccamento nel nostro spi· ri10 poetico contempornneo i e i segni ne son palesi in lotte le opere, pur nobili e fre– quenti, che ,•edi:amo llltùrno apparire. Dopo le' grandi orgie liriche del D'Annuo• zio, e la ricca \'ella del Pascoli di un tempo, mentre le forte di questi poeti 1 stancate con una premalurità tutt:a meridionale, non san LA VOCE più procedere diritte e sicure per sempre nuovi cammini, ma fanno gorgo intorno a sè medesime, s' intorbano, scavano e sc,wano e non riescono a rifecondarsi nello sterile co– nato di un penosissimo autoparassi1ismo, con I' in1ervallo di una generazione che propri artisti non ha d:Ho, sono apparsi spiriti in– quieti, appassionati e insierne sottili, nei quali la critica e l'analisi, giit latenti in quei grandi, non che tentar di di::isimul:1rsi, sembran com– piacer cercando ognor più nitida coscienza di sè, detìmmdosi ognor piì.1 crudamente, proiettandosi negli aspetti delle ,•icende umane e delle cose, cercando di affermarsi in forme lor proprie, e riuscendovi anche, com'è, per esempio, del Benelli. È, il loro, uno stato cosi dello «ironico>; con che non s'intende che la sua forza d'i– ronia debba sempre essere esplicita, o vera• mente giuoc!1i sempre nel punto sul qua.le essa crede o sembra giuocare. Chè, anzi, no– nostante la molta analisi, nella sua essenza più profonda, ess.1 non si scuopre mai. non mai rivela sè a sè medesima. Se così non fosse, avremmo un'arte doloros.1 o ridente, di nuda disperazioni;: o di vittoria, ma un'arte risolta, senzn volontari o involontari sottin– tesi; umorismo magari, che, almeno, non dis• simula la morie che porta in cuo1e, ma che la nos1ra et:\ non è, ccrt<,, ancor 1an10 disfatta da poter :avere. L'umorismo è tor1uoso lam· peggiamento di fuoco fatuo sulle civiltà de· crepite. Rompe con la tradizione e nega ogni futuro. La miglior poesia, invece, che questo stato« ironico> ha prodot1a 1 meni re s'imposta vigorosamente sulla tradizione, attesta, con forza di fatti, fiducia di futuro. Sembrerà, per avvenlur:i, che siamo occorsi in un' 1mplici1a con tradizione, affermando che mentre questo staio irnnico è pullulato da un ingenito bisogno di autocritica e di analisi in certi spiriti contemporanei, debba escludersi ch'esso riesca a conoscer sè stesso nella pro– pria essenza vitale. Che critica è allora la sua, se vien meno al principal unìcio della cri1ica? Egli ò che ogni critica ch'esso eser– cita e può controllare, sorge da un fondo in– quinato pili intimamente di quello eh' essa, con I~ ._n, nt>g;17iont- il ,;:uo s:1rc:1!uno la "su~1 beffa, riesca n signilicare. E l'ironia che, a volte, essa esprime sugli uomini e le cose. è nulla in confronto a quell'1roni:1 piì1 larga, sotlerranea, che la include, generandola e pur burlandosi di lei i come delle passioni, degli entuc;iasmi, dei dolori, diretti e sinceri, che agitano altri spiriti_ che non sanno farsi iro– nici. Mi spiego con un esempio. In un mer:1"iglioso scrillore della genera– zione che ha dato questi e ironisti », ,;:crit– tore cui un 1cmperamento di forza esuberante, e. forse, nnche particolari condizioni di am– biente, come di bal7o portarono fino al cuore della propria ricchis!-ima opera, :ipparente– mente senza fargli senlire 11 alito arido che spirava intorno, corrodendo i virgulti meno forti, aduggiando Pacque meno impetuose i in An1onio 13eltramelli 1 che sembra per eccel– len1a l'ete1namente gio,•ine alle croscian1i polle della v1ta 1 Il selvaggio perpetuamente innamorato, l'uomo dal «: cuore come una piatta •. quello stato è pur implicito e la· tente ; e non alla poca profondil:l che le parti chias"ose e beffarde della sua opera potreb• bero far credere; sibbene !I t.1le profou– dit:\ d:1 comprometterla tuua. E ,•1en fatto, a momenti, di chiedersi: ma può veramente costui, in 1u110 e per tutto, credere a questo suo mondo? è questo mondo i I mondo che gli è piu i111media10? o piuttosto non traduce egli, benchè, forse, quasi sensa accorgersene, un suo mondo oscuro e segreto, sul qunle non è cosl nudo e forle artista da poter porre di– re11amente le man, 1 non lo lradua egli, in un inondo v:uiopinto 1 nrngnifico, possente, ma la cui passione, appun10 perchè non più immediala ma tradotta, non sempre riesce a pigliarci intieramente, la cui magnificenza a volte ci abbarbaglia come una luce pazza più che non ci persuada, il cui balenar di colori è fiamma d'immaginazione in tumulto, ma non tumulto di vila? Cosa significa, nella sua opera, quel continuo sfocare dei contorni, ap– pena segnati, quel costante frangersi delle fan- 1asie appena accennate, quel continuo \'eaerle spezzarsi sotto la mano furiosa dell'artista, quasi ch'egli senta che, non uccidendole a quel modo, esse gli morirebbero fra mano di morte pii.1 ignominiosa? l..n criticn che, delle forme di estrinsecazione di quello stato « iro– nico » pili parndossali e appariscenti, con mano inesperta, perchè troppo pronta e vio– lenta, il 8eltramelli ha abbozzato nella se• conda parte del suo Canliro, non implica da parte sua, il profondo superamento, o meglio, il trovarsi nativamente fuori di quello stato. In che modo preciso, lo ,,edremo in uno stu– dio speciale che alla sua opera ci propo– niamo dedic:1r su queste colonne. Se, pertanto, questa « ironia :. si crede in taluni dei suoi pili freddi rappresentanti, sin· golarmente complessa, essa, come quella che è assai ricca di forza poetica, è, nel fondo, pur singolarmente ingenua. Se crede di essersi tulto lasciato dietro alle spalle, in realtit, è sol– tanto perchè, come ogni forza poetica, sente di do\'er ridire ttllto d:1 capo; e 1 a momenti, le sembra 1 forse, non a\'er vigore abbastani:i. Se piglia, a ,•ohe, arie definitive di dispera- 1.ione, è, per av,,enrnra, disperazione di gio– ventì.1; gioventù nel tempo, se non sempre nei singoli indi,•idni. Segna, è certo, un punto d'arresto, dopo l'esaurirsi di un grande con– tenuto, forse \ 1 oscuro prepararsi di un grande contenuto nuovo. i\la, in fondo all'anima, non c'è nessuno che l'ami piì.1di questi consape· voli o inconsapevoli « ironisti » quel vecchio contenuto. Anche la \'Ocina da conv~lescente di Guido Gozzano piglia un tremito indissi– mulabile quando rievoca la fl/01 lt del Cervo. Onde bisognerà andar molto cauti. mi penso, a ragionare, genericamente, a proposito di essi, di reazione ai grandi poeti che hanno prece– duto. Del Benelli, in ispecie, giacchè mi ca• pita dirlo, se per quella reazione dannun– ziana, della quale è slato fa110 l'esponente al suo uhi mo successo, s'intende non so quale alfaristico sfruttamento di lenclenze, di :111tÌ· patie momentanee, io non mi occupo di sif– fatte abilit:\. i\la quanto poi, il Benelli s1esso, ~ lodevolmente, sia indebitato col D'Annunzio, saprò, spero 1 mostral'lo 1 nel seguito del mio disc◊r'-O, Che re:n.ione :allora? Ma le reazioni si fanno imponend0 nn contenuto nuovo. Qui, se un contenuto c'è, esso è la coscienza 1 - versata nelle parole cui i poeti reagiti ieri ne insegnarono, - la coscienz.a deW acerbità presente di ogni contenuto. Con ciò, frallanto 1 non credo affatto valga me-glio déll'affermazione, assai frettolosa o assai interess.1ta, che con ques1i scrittori ci tro\'iamo addiritlura davanti ad una nuova civili:\ letteraria, la diffamazione, del resto assai facile, del loro fatale stato « ironico ». l:Ja– sra illustrare, e non importa farlo neppur molto brillantemenle, per riuscire a persua– der la poco agile coscienza i1alia11a,qualcuna delle più equi,•oche manifestazioni di ·questo stato; o, !-e non add1rit1ura delle equivo– che, delle antipatiche; come, per esempio, l'opera degli improvvisati ironisti dei quoli– diani. ~la si vedrà, poi, che 4uelli che ogni valore gli negano, e ragionevolmente, in queste forme, non sanno non riconoscer– glielo, - e con quale esagerato colore glielo riconoscono, - in altre delle sue molteplici apparizioni, nelle quali sembra loro cosa radicalmente diversa. Una s1illa di rammarico che lo distempn e lo accori, una pur graci– letta f:rntas1a che lo d1s~imuli, bastano a renderlo più che grato agli ammiratori, per esempio, dei Corazzini e dei Gouano, spiriti di forza assai disparata, ma di qualità sorella. Sicchè, 11t1llato nelle liriche o sottilmente e crudamente drammatizzato, o riflesso nelle vicende di \lite selvagge e potenti, che ci balzano un momento davan1i esterrefatte, per franare immediatamente nel buio, il vuoto tormento di questi scrittori s:i, infine, inte– ressare e commuovere; e interessa e com– muo\'e perchè. pur , uoto, è. Se i segreti che talvolta essi si provano a dirci son fuori di proporzione a questo tormento, e non po– trebbero risolverlo mai, noi sappiamo ormai di do,,er tender l'orecchio, e ascoltare, sotto la loro opera e la loro \·i1a 1 un segreto vero, possente e necessario, che non slarà forse ad essi di cogliere ma che, col loro lavoro, essi riescono pure, in qualche modo, a cir• coscrivere, nel disordinato \'lluppo del nostro Bibloteca Gino Bianco momento storico. Non soddisfalli dei \·alori immediatamente passati nell'arte e nel pen· siero non rossono foggiarne di pia11w di nuovi ; pcrchè? perchè son deboli? non serii ? disonesti? 1u11'altro i ma perchè, per dir cosi, la storia ancora non vuole. Son troppo artisti per poter non credere alla poesia e vi vere senza di lei ; I roppo poco artisti per saper ridestarla, dopo una più profonda elaborazione intima, in una forma che esprima un nuovo equilibrio nativo. Sono spiriti che stanno sul discrimine pel quale dall:1 grande :irte solare, omerica, tutta sbalzata nella eflettuale realt:\ delle cose, si passa ali' arte scavata tutta nel l'anima; e, mentre non posson pii.1 disciogliersi in ciò che era l'equilibrio di ieri, s'immaginano, più che non vegga..;"o,quello che sarà l'equilibrio di domani. Si sa con qual 1ensione di sforzi disperati un D'Annunzio, al quale, :.embr,1 1 non ba– stavano le se11sa;Jo11i, e un Pascoli, per certi rispetti, tanto pili attuale di lui, cercarono di reggersi su questo discrimine. Non saper varcarlo con passo sicuro, portò quello al diffuso errore di gran parie dei suoi romanzi e di quasi tutto il tealro - il quale egli pur creò con ver11e significativa passione -; questo, per coglierne l'errore tutto in un'opera, allo sbragiamento parossistico di Odi e luni, dove, nel momento stesso dello sfasciarsi, la forza del poeta si fa sentire come di rado altrove. In ,·era luce, e nel suo pieno valore l'opera di Sem Benelli e di altri poeti che in questi studii gli seguiranno, mi sembra non potersi intendere fuor di tal disequili– brio che quei due grandi, già da gio, 1 ini sentiron accenna.rsi dentro, nè poteron poi domare nella lor torbida malurit:\. Ora, se molto è stato discorso, a propo– sito del recente trionfo della Cena, di to– scanità, di aurora del teatro italiano (I), di ri– torno alla storia (?), di fonti cinquecentiste e di metrica, altrettanto, e pili, come dove– vasi, e come ci proponiamo, si è cercato quel che il Benelli sia intimamente? Esaltarlo, come fa l'Olivn 1 a immort:1le 1 e sbrigarsene, come altri ha fallo, col semplicismo delle spiegazioni a base di alfarismo e praticità, dice poco ad un modo. Accingendomi a studiarlo, unica norma mi tengo le sue parole, nella prefa1.ione alla 1\/asclura : « Pensa che il conforto « migliore che tu possa dare ali' artista è « quello di parlare dell'opera sua, mostrando « di averla compresa •· Emilio Cecchl. LOSTATOEDITORE Non ho nessmrn vo~lin, riuucndo questi a1>· punti, d1 portar s11ssoli11i o mattoni alla f,thbrica d1 cp1alc.:ht: tardivo re~gicoda e.liSpeucer - 11011 vog,liu, cioè, prettiudican• la ques1io11egenerale se lo Staio può u 11u11 può fare t11rnlcosad1 buono quando esce dalle v~re faccende sue che sono la giustizia e la difesa, Fatto sta che in lt,llia tutte le volte che lo Stato s'è messo a. far l'editore ci lm fotto uua gran figuracda. l'och1 tte 11 'accorgono pcrchè le sue 11111,resc, 1>erun' iufinilà <Ilrngiom, sun tt:nute al buio, 111,1 siccome s, tr:t11a,al sohto, di t1uaurim di lutli sciup,lli a hendizio d1podu, è bene farle conoscere. Ecco in1,u110 n/c,mi fatti, avvertendo che uc a,•rc1 trov;.tti mviii di pili se fossi andato a cerc.1rli appesta. Una dtlle prime edizioni che ha fotto il Go– verno ltaliaup - almeno di quelle a mia notizia - è quella <.lell'opt:re latiue di Giordano Bruno. iluonissima iden: ma pcrchè 11011 co111i11ciare da quelle irnli.111e, d1e 1anto 1>iùfacilmcnle potevano esser lelle e .. ~usta te? Tanto pili che in Italia, fino a poco tempo fa, 11011 si Avt:va110 che edizio, nacce scorreue delle cose ilaliane del frate di Nola e neppur di tutte, ma c.11 alcune solta1110.Le uniche edizioni complete e deceuti delle 01,ere 1ta– li.1neera1101 come ognun sa, quelle fatte in Germania da tedeschi. C'è voluto l'iniziativa di Croce e di Laterza e la bu ua volontà d1 Gt:ntile, cioè )'o– pera di privati, per avere fiualmentc un'edizione 1taliaua, cu1ata eia 11aliiwi e stan11.>a1a in Italia. Intanto di quell'edizione governativa delle 0l)Cre latine ce n'è ancora co1>ieal ministero e vengon regalate a chi ha qualche conosce11zr1 là dentro. Nel 189<>, dopo le tante insistenze e i buoni

RkJQdWJsaXNoZXIy