La Voce - anno I - n. 22 - 13 maggio 1909

86 LA VOCE gli spiriti indipendenti, che nulla hanno a temere o a sperare dagli altri, alzino la \'Oce contro le quotidiaue indegnit~ della nostra ,·ita uni\'ersilaria, che clo\'rebbe essere il pa• trimonio più nobile della nazione. ~oi vogliamo fare discussioni accademiche e preferiamo parlare di riforme generali, che non si far.inno mai, mentre occorrerebbe una vigilanza assidua sui piccoli fa1ti 1 sui piccoli espedienti e sui molteplici ingranaggi :utr:wcrso cui passa sguscia inosser\'ata l'atti– vità nefasta della nostra ,\linerva. Antonino Anile. I . . g1ovan1 e il coraggio. l"na ,•irtì.1 dell.1 quale troppi giovani che noi conosciamo non abbondano è il coraggio. Si può dire che in generale i giovani non hanno coraggio. I gio\'ani sono moltissime volte audaci e si>ensierati e mettono in peri– colo magari per un atto da nulla quello che i genitori chiamano e il loro avvenire >: ma la spensierateiza è un difetto, mentre il co– raggio deve essere una virtl1, non può essere che una virti.1. Il vero coraggio, in fondo, ha radice nel sentimento sicuro, saldo della propria perso– nalità, e non è una corazza della quale ci si copra di fuori :111'occasione 1 ma è come una continua guida inleriore che ci indica lo stesso cammino per il quale ci spinge il noslro in1elle110. Il coraggio è una delle tante corde che \'ibrano veramente solo negli animi di coloro che hanno una qualche vocazione, e ch1'! sentono di :were assolutamente una mis– sione da compiere. ~ una virtù indispensa– bile agli uomini non comuni, agli apo!-toli, e a ognuno <1ualunque di noi che abbia la certezza assoluta di dovere e di potere com– piere nella vita un:1 data opera, diversa o contraria all'opera di tante altre persone le quali oggi tengono il campo, usano del po– tere, e pretenderebbero di schiacciarci e but– tarci in un canto con una risata e una pedata. E però parrebbe che il coraggio dovesse essere in particolar modode' giovani, cioè delle generazioni che vengon su 1 che hanno da farsi nella socie1à una posizione e che hanno anche da conquistare un punto di battaglia, e una striscia di terreno da sollevare, da rivolgere, da trasformare a modo loro. Ma ci sono mollissime ragioni, economiche, intelletluali, morali per le quali la pluralità dei gio\'ani è piuttosto portata a farsi innanzi nella vita usando !'arti piccole e meschine e sfruttando gli istinti servili, che non man– cano al nostro popolo staio per secoli e se– coli ropolo di servitori e di cortigiani. Il primo seme del male è nelle famiglie; e più particolarmente nei genitori i quali dopo aver messo i ligli al mondo, e dopo averli «educati» non si rassegnano facilmente a ,,ederli cre– scere d iver<:i da quel li che ec;si sono (magari molto simili a quelli che essi stessi un giorno furono) e però ne contrastano e contristano gior~o per giorno le mosse piì1 aperte, le idee più franche, e li av,•ezzano a tacere, a mentire, :i falsificare il propno mondo inte– riore, a quest' uoPo servendosi del senso del• r autorità e del rispetto, e chiamando in soc– corso i più teneri e profondi affetti. In que– sta piccola cerchia famigliare il coraggio dei giovani non si tempera quasi mai bene; so– vente si stempera; e poi con gli anni e con un po' d'attrito si consuma, si perde, finisce in polvere. « Avrei fatto cosi; ma il pensiero della mia famiglia mi ha trattenuto "· « Si vorrebbe fare; m:i non si può; dinanzi alle lagrimc di mia madre io perdo il coraggio». Con queste scuse che non hanno nulla di sublime, ma che sono comuni per lo meno quanto gli uomini di nessuna volontà, i gio– vani si presentano nella vita. Il giorno poi che iO\·ece del padre e della madre abbiano intorno a sè la moglie e magari la ~uocera, allora hanno pronta sulla bocca la medesima scusa. e Eh. sl, si dice bene, ma quando si ha fa. miglia I > E cosi al bambino succede il ra– gazzo, al ragazzo il gio\'ane, al gio\·ane l'uomo maturo e all'uomo maturo il vecchio, e final- mente .:1llavita, o ad una sembianza sì meschina di vita, succede la morte, la vera morte pro– fonda e obliosa; il silenzio che tien dietro alla caduta di un atomo nell' infinito. Lascio ai lettori la cura cli guardarsi attorno e magari di farsi un buon esame di coscienza per :.1llargare i termini del quadro oltre le pareti domestiche e farsi una rappresenta· 1ione il piì.1 possibile completa di questo fenomeno. Il giovane e la scuola, il giovane e l'impiego, il giovane e la carriern, il gio· ,·:rne e il giornalismo 1 il giov:rne e la politica, potrebbero IUtti essere capitoli di un solo libro tendente a illuminare le scarse relazioni che i più dei gio,•ani hanno con 11 coraggio, con la indipendenza, con la ,·olon1à ferma e inconcussa 1 d1 affron1a,e battaglie piccole e grandi, sacrifici, dolori, mortificazioni e non di rado la miseria e la fame pur di fare trii.,. fa1e i propri ide:1li, di fa1e riconoscere tale e quale senr:t mutazioni o mutil:lzioni il pro– prio pensiero, pur di affermarsi in tulla la loro efficacia di uomini, o di artisti o di cittadini. Come nelle scuole i giov:mi che ,·ogliono far carriera cercano di venir su attaccati il più strettamente possibile ai loro maestri, e or– meggiando i loro metodi, imitando e paro– diando i loro libri; CO!òl in politica i giovani non hanno mai il coraggio di dir male di un partito se non per farsi una posizioncella nel panito :i, 1 verso che gli sta di fronte, e però il loro cor:iggio politico non è il più delle volte che un interesse, e la loro combattività un cal– colo. Questo è gran male. Bisogna im·ece che i gio,,:1ni si persuadano della necessità asso– luta che ognuno ha, entnrndo nella vita, di armarsi e di combattere, e di non lasciarsi prendere dagli allettamenti delle vecchie e comode istituiioni, dalla facilità delle vie da tutti battute, dalla banalith. delle idee che oggi sono più in voga. La storia della civiltà è un movimento continuo, un inint~rrotto superarsi di energie, di volontà; un sus– seguirsi, come a ondate, di uomini che deb-, bono essere insieme distruttori e costruttori, poichè se non si distrugge non si può co– struire e se non si costruisce non si può vivere. Ma i giovani sono timidi, perchè, con tutte le loro apparenze di energia, quando non li soccorra un alto proposito morale, sono de~ boli I Essi assomigliano molto all'uomo po– vero che naturalmen1e non si decide mai a buttar giì.1 la casa vecchia non avendo i mezzi per fabbricarne una nuo, 1 a. Ma se quel!' uomo fosse ricco, il pensiero di buttar giù i vecchi muri per tirarne su al loro posto di nuovi, gli farebbe molto piacere e non risveglierebbe in lui nessuna esilazione. Cosi è che noi il più delle volte troviamo i giovani non dove dovrebbero essere, all'avan– guardia, ma attergati alle schiere che prece– dono dei vecchi e talvolta dei rimbambiti; li vediamo in moltissimi luoghi farsi sostegno delle pii.i \'ecchie istituzioni, nlfìeri delle pili screditate bandiere, galoppini elettorali di uomini che rappresentano un passato politico senza speranza di risurrezione, fattorini lette– rari di giornali diffusi si, ma decrepiti, anchi– losati e che non potranno mai riprendere le loro giovanili funzioni di vita. La società è piena di giovani che non sono gio,·ani se nor. in apparenza, per il fatto che ancora non hanno se non l'ombra dei baffi; ma in realtà sono facsimili dei vecchi, e non comJ>iono in nessun modo quella funzione sociale, di rinnovamento, di rivolgimento che è affidata alla gioventù. Bei campioni di questa razza è molto facile trovare nelle redazioni dei grandi giornali; animali tristi e ironici, stanchi e nauseati 1 invidiosi delle altrui fortune, senza principii, senza volontà di lottare se non per una ricompensa direttoriale, o nella certezza assoluta, non ottenendo vittoria, di non perdere nulla. Di gente simile ne abbiamo anche incontrata su pei sentieri della carriera profes• sionale, con danno non piccolo della cultura, e della moralità stess:i della scuola. Orbene, questo danno dovrebbe cessare. Ma come potrà cessare? Forse coli' improvviso in.-lberarsi di tutti i giovani e con un aggres– sivo e tumultuoso loro spingersi innanzi, a chiassate, a calci, a pugni per entro le fitte schiere che li precedono? Questo sarebbe il modo più spiccio per farsi prendere a pedate Bibloteca Gino Bianco e per poriare la confusione, lo scompiglio, la gazzarra là dove c 1 è bisogno di ordine, di compattezza, di serietà, e di coscienza. I giovani non debbono pii.1 tornare indietro e fare i ragazzi ; ma prepararsi con serietà alla loro fonzione di uomini. I giovani non deb– bono essere nè cosi timidi da accodarsi ai vecchi, nè così tristi da getrare loro le sas– sate nel la schiena. Non debbono dare I' as– salto alla vita, in nessuna delle sue forme, po· litiche sociali o letterarie, spinti dal desiderio abbaslanza volgare di e fJrsi una posizione» di e mettersi :1 posto »i ma debbono pre– pararsi energicamente, ,·olontariamen1e 1 co– scienziosamente :1nuove forme di vita politica sociale, intelletluale. I giovam debbono amare, volere e studiare prima di odiare, di posse– dere e di det1.1r la legge. Le , ie della gio· ventl1 sono lastricate di buone inlenzioni, come le ,•ie dell'inferno; ma le buone intenzioni non bastano; ci vogliono i fatti, le opere, o almeno la buona preparazione. Noi non possiamo concepire un giovane che entri in uno dei \'cechi partili, [oggi tutti i partiti sono vecchi)i solo per diventare uomo di par– tito; senza portare nulla in sè di diverso da quello che portano gli altri, non una prepa- razione di studi speciali, non una combattidtit più energica, non un' iJea più pratica o più ideale. Il giovane che oggi si fa monarchico per farsi monarchico, o soci:tlista per farsi socialista, è un idiota qualunque che potrebbe risparmiarsi la fatic:1 della iscrizione a que– sto o quel partilo. ~la in politica, come in ogni altro campo, ogni giovane dovr?i portare un elemento di vit3 1 di pensiero, di az.ione suo proprio; e sotto l'unità della ban– diera comune deve essere sempre un uomo, una \!Olontà, un discernimento e un controllo. Per far questo ci vuole :111ività e corng– gio; e all'occasione bisogna combattere anche coi propri amici e partigiani e però rischiare di perdere « il pos10 » o • la posizione >. Non impor1:1. Non abbiate mai paura di esser soli, o in pochi. Tutto quel che v'è di grande nel mondo cominciò dal poco o dal nulla. Tutto ciò che ora. è accetto un giorno fu combattuto: la fede di domani è l'eresia di oggi. La civili:\ dei secoli nasce nel silenzio di una solitudine in cui è solo una coscienia che vigila e un':1- nima che preg~. Cepperello. •• IL MARZOCco·· 11. \"i sono state nel passato, anche non remoto, altre \'OCi come <111ella del .lf«r::orro: e conso– liamoci: ce ne sono anche og~i, cc ne saranno in a,•venire, chè mai la s1oria si ra muta. Più forti dove la storia, a guisa di f{Omito d'una strada, muta direzione e c,;irn,·\·olge c;use stessa, per raggiungere il fine; pcrchè allora le idee si personificano in qualche gruppo di J:iovani. ca– valieri del santo sdcf{no è profeti dell'assoluto, e in essi s'incarna ancora una volta l'eterno, mesto, ardente e valoroso don Quijote che s'agita nello spirito umano, e che s« che i mulini a \'ento son gi~ran1i tirannici e le gualchiere un incanto maligno d' 1111 mago. Fu prima I.a Cro- 11am /Ji::1111/i,m: poi // /1/ttr:ocro gio\'ane; e dopo lt /1onanlo; oggi è /,« l'oa: ecl è tut1'uno stesso clima spirituale pel quale pas– sano venti cli primavera e nel quale sboccian più freschi dalle gemme gommose i getti degli alberi. Quando Scarfoglio spcra"a • di scuotere con qualche fanfaroncsco ma opportuno fragore di ferri questa generazione italiana che se ne sta, come le rane cli Esopo. in meao al pan– tano della santn ignoranza, dondolandosi nella contentezza di se medesima, acclamando ni re travicelli della critica oppor1unista e laudativa• e lanciava arditamente in mezzo nl popolo di Italia quel suo Libro rii Dou C/,isriol!t\ dove, egli dice"a, • férvono i più vivi e i più caldi entusiasmi della mia gioventù ; e se bene esso pare pessimh,ta e nihilisrn., v'arde per entro il fuoco sacro cli un dcsiderio immen:-o, il quale, a mio rischio e pericolo, ho voluto propagare fra tutta la presente generazione: che il senso e l'amore dell'arte in Italia rinascano libera– mente e largamente, e <.'hC le fonti della coltura moderna, chiuse dagli argini dell'erudizione ge– losa cd egoista, tr:tbocchino a fecondare 1ut1i gli intelletti capaci di fertilità • e si affcrmava « roman1ico •• era forse lontano da noi, o lon– tano dai primi anni del Jl/«r::oao l Anche :,ul suo capo gli imbecilli e i vigliacchi ;iccumula– vano • una fiorente mè~se di \'itu1x:ri e di disdegni e di can,,.on;turc •· Anche su lui, come su noi, come sui mimi uomini del .1/ar:orro. Pili cli tutti fatta seguo ali' odio degli eruditi, al disprezzo dei pedanti, al riso clei borghesi, fu l'anima calda di Angiolo Conti, la Pizia del /lf«r::orco. Nessuno :wrebhc sospettato in quel pigro maestro, in qucll'o.doso impiegalo, la ca– pacità cli scm1dire in prosa ricca e numerosa, gli oracoli e i n.:s1>on-.idi una critica fondata sul sentimento. AI battf.!re del suo piede nervoso, al suono della sua voce infiammau, la natura pareva spinger con più fooa le sue linfe nelle fibre dei vegetali, e far pulsMe con ritmo pili fervido il sangue nelle :mcrie degli animali: e le 0J>Cred'arte, continuazione umana della na– tura, si riauimm·an ltmtamcnte nélle penombre discrete dei musei e nf!lle luci sfacciate delle esposizioni impudicl1c, J)t>rcl1è le riconducè\•a nel loro ambiente, chics:l, palano, fragor di battaglia o salmodiare di saccrcloli, e il fresco color d'un tempo tornava ;alla loro superficie, come sulle gu:rncit: cl 'una troppo casta fanciulla il sangue, quando ~•;1nicina lo spo-;o promesso. Angiolo Conti ri'i,·cgliò opere d'arte e animi d'uomini: sempre pronta era la sua in\"Ctti,·a contro gli erudi1i, e s:1ptva for fremere di sdegno contro la freddezza notarile degli storici dell'arte, e fen·ente alz;1.r la protcsia per la profanazione dantesca settimanal111en1e compiuta dai profes– sori in Orsanmichele. « Le cose che noi diciamo ,. esclamava, e faranno cre1>are di rabbia i nostri nemici che sono qua ... i tu1ti segu.ici del buon senso e del senso comune » (I. 6}. 1•: que~t:1 fu sempre la sua attiluclinc: quella cli uno che sdegnoso clel volgo ~ta a indicar la Bellezza agli eletti. 1\la la Bellezza per lui era Passato. L';1.rte mo– derna 11011 esisteva. I.a vit:1presente non la capiva. Odi;1.\•a, come eia R11ski11aveva imparato, la macchinn: « lo adoro il ;\leuogiorno cl' Italia, perché è la regione più povcrn di ferrovie • (lii. 40). E cos\ ..,·cr,l follo un'anima cPaltri tempi, :tnzi un';1nima di nessun tempo. Non si vive nelle nuvole, ~i \'ive ,ull.t wrra: e l'ideale dt:v' essere qui o 11011 è in nessun posto. Su quesia 1crra non a\"eva saputo scoprir che qual– che \"e<:chio muro, che rico1lriva con amore, abbellendolo, come un'edera procace e spess.1; era diventato un'appendice dell'arte an1ic.1. Lo si guardava come si guarda un monumento rispettalo d:11 tem1>0, con simpatia, ma senza corri<;ponclenza d'anima. I gio\'ani ,•ogliono an– dare :ivan1i; e il suo vangelo era: indietro. Nè in questo allegginmento tutlo era sincero: per lo meno non era d'una sincerità profond:1, apostolica. Era 1111 ollt,J[gi«rsi, più che un rrgùr .– e tnlora 1111 orrilarsi. Perciò non ebbe sc-guito: e il suo nrn)(g'Ìor di'iCt'l)o\o fu Gabriele d'An– nunzio, fortunato mos:ucista cli uomini, che pa– recchie delle sue con\·crsa.f.ioni rit1asse nel /•i,o– ro. i\l:l non si parli d'apostolo, nè d'asceta (stt:rih: o no) dc·lla Bellcua. Il Conti, in realtà, non a\'rcbbc ... acrificato troppo elci comodi suoi per la :ma Oca : e piu11osto li avrebbe immo– lati \"Olentieri sull'nltarc del« dolce far niente•· Gli ar1icoli, ..,iclice, gli veni\'an c 1 u;1.sistrappati ; i libri J>Oi J>Ort.rntraccie di poca rigidità a1>0..,tolica, tanto che in uno di essi, ).:'li articoli, che "i ~i trO\'an radunati son ripi<:ni di lodi, che prima non c'erano, 1>erCorrado Ricci, di\enuto superiore gPrarchico di Angiolo Conti. (Per es. confront: 1 nel \'0lnmc Sul l·ì'ume dd /',•mj,o l'art. N1/mi t· s/011a/11re con il corrispondente in /1/ar::orco 1 8 .Selt. IC)04). Di fronte a questo inspirluo, che mcscola\'a il lirismo naturale a 1111 po' di furbi.f.ia deside~ rosa d'ozio, Angiolo Or"ieto ingf!nuo e poeta, credeva tutto: Enrico Corradini, pili scaltro, credeva co~i e cosi : Dit::go Garoglio, pili eru– dito, si 1;1.sciava lr;1sci11ar !>olo a met:\: G. S. Gargàno più freddo tentenna\'a tra le s11t: ten– denze morali e l'arte; ma Znccoli cd Ojetti, i lestofanti della compagnia, se la ridevano; men– ire venendo cli fuori il ):'iO\ialc e mefistofelico Th. ì':eal, doPo esscr...i profu<;o in lodi s1>erlicate. andava a batter ... ulle spalle del 1,rofct:.t dicendo– gli in schietto fiorentino: • gli è un buon rn– gazzo, 'I nostro Conti ! gli ha pcrfin del buon senso ». Chi gli a<,;<;omiglia\·;1, nel fondo, più di quello che non si creda era Enrico Corradini : anche lui lirico nato, lirico in prn~a, e tutto spimntc entusiasmo e foga poetira: anche lui così e 3 ai-

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