La Voce - anno I - n. 10 - 18 febbraio 1909

38 E d'altra parte, andando proprio in fondo, anche quest'accomodamento va bene tino a un certo punto. Per scriver ottimamentet per dir delle cose grandi bisogna esser liberi, liberi. liberi, bisogna aver tempo di fantasticare. di riflettere. di oziare e di studiart. Chi ha da star dietro agli affari difficilmc11tc potrà se– guire i sogni e le idee e una delle due : o fdrA fallimento o scriverà delle me– diocri boiatc. E allora? h[a io non ho mica scritto queste cose percl1l) avessi pronto in cas– S<'lla, da tirar fuori all'ultima scena, con un bel sorriso, il rimedio unico e perfello ad uso dello scrittore iuliano! E non ho avuto nrppur l'intenzione di lamentarmi o di prcndcrincla col fato e le stelle pcrchè non ci s011 pitl me– crnati che dian p<.'nsioni, o editori pro– dighi e geniali. o lettori numerosi e simpatici. ~[a che lamentarsi I Bisogna lavorare e bene, e meglio che si può, e sciuparsi per il guadagno meno che sia possibile. Dopo sad. qu<'I che sarà: il buio o la vera glorii.l [o ho voluto esporre ingenuamente, senza chiacchiere ma con fatti, in quali condizioni si trovi uno scrittore non an– cora conosciuto, non volg-arc. che voglia guadagnarsi da vivf'rC" srnza prostituirsi o avvelenarsi, e votrlia fare qualcosa di degno e di non comunP. E nient'allro. Giovanni Papini. LaChiesa hegeliana. Caro Prezzolini, Kell' ultimo numern della ro.t, giuntomi oggi, vedo ricordato il mio nome tra i se– guaci italiani del!' llegcl, con queste parole: e 11 G. stesso \':\ anno,·erato alla Chiesa degli hegeliani d'Italia, sebbene interpreti ed ap– plichi con libe1t~ sempl'e cn:scente il pen– siero del maestro ►. Ora, vorreste permettermi <l1 cominciare la min collabora11011e alla l'o.t col dire due parole <li chiarimento alla desi– gn,uione che ,- 1 e piaciuto <l1 fare del mio indirizzo di pensiero? Piu d'una \'Olta, in \'Crii:1 1 mi son sentito gridar dietrn: - D,I//J~ diii/,, } m, hcgeliano. - E non mi son mai \'Ohato per difendermi e spiegare come, in che senso, fìno a che punto io sia hcgeliano. G -.tata un'invincibile ripugnanza a parl.1r di me stesso: è stata una ,·ha coscienza del dovrre, che ho sem• pre sentilo di rare, d1 fare sempre, senza sostare, per dire: Ilo fatto, e ho fatto questo; C stata insieme la coscienza della pochezza, della miseria di quanto ho fatto nel mondo del pensiero, per cui non \'ale,•a proprio la penn di cercare un'esatta defini- 1.ione e di tirar qu:-isi le somme i è stata anche - de,·o dirlo? - un'istintiva sicu– ren.a che quel d1illi, d,il/i non era una mi– naccia Stria. da do\'e~ene preoccupare, poichè a nessuno di quanti grida\'ano mi pareva che impor1asse un bel nulla che io o altri fosse per llegel o pel dia,•olo. E però ho sempre taciuto, e lasciato dire. E a chi mi s'è tal– volta piantato innnnzi, sbarr:rndomi il passo e chiedendomi in tono perentorio: - i\la fin dove. insomma, crclletc acce1tabile Hegel? - ho risposto pacatamente, per ollenere una dilJzionc e ripigliar la mia \'ia. che ciò l'avrebbe saputo da una monografia, che io penso realmente di scri\'ere un giorno su liegel. t.:na di\'ersa rispo~ta non anebbe supposto in chi I1 aspetta\'a una cognizione precisa, profonda, di 1utta la filosofia hege– liana? E io mi permetto di credere che una tale cognizione sia coi.a molto, ma molto difficile, da acquistar5.i non solo con lo studio diuturno delle opere di IJcgel, ma di tutta la storia della filo~fia, che in Hegel con– fluisce e quasi precipit,1 1 e con una lunga 1111ens:1meditazione pen,onalc. ,\la ora voi mi punile del mio atteggia– memo cacciandomi risolutamentr in una chies:1 1 nella chiesa di Hegcl, e date di me questo recapito ai vostri lettori. E questa \"Olta non posso, perciò, non correggere, se mc lo consentite: no, chi andrà a cercarmi nella LA VOCE chies:1 1 non so se trover:-i la chiesa 1 certo non vi tro,·erebbe me. La chiesa (quella cattolica) la frequentavo, e ,·olentieri, che ero fan– ciullo as-.ai, d'anni e di spirito; e "i tro\'a\'0 tanta foru. tanto conforto di raccoglimento e di fede nella sicura tc-.timonianza di mia madre, di mio padre e d'un mio maestro, che era prete e fu anche il mio direttore spirituale. i\la poi potei giudica1e da me, o credelli 1 le s1esse basi di quella testimonianza; e la chiesa mi parve qunsi <l'un tratto s,·a· nire nella preistoria ddla mi.1 anima. Ho avu1i più lardi altri testimoni di Vérità, al– cuni solenni, nella scuola (perchè a\'ete di– menticato nella vostra bibhogratia Donato Ja1a 1 uno dei pochissimi hlosoli veri, che l'Italia abbia avu10 dopo il t Stio?) e nei libri: sommo, Hegel. i\ln nessuno di essi riedilìcò pii1 b mia chies11 distrutta i perchè la loro testimonianza mi valse sempr• ~ potrele accorgen·ene ,·oi .,,esso dando una scor!-:t, quando avre1e tempo da perdere, ai miei ~ritti - come testimonianw del pen– siero stesso, di quell'unico pen11iero che è stato per me, volla a \'Olta, mie, ossia df"'l mio proprio pensiero. La loro testimonianza non è statn mai testimonianza; giacchè per loro me1.zo io mi son messo faccia n foccia con b mia verità: anzi, me In son sentita palpi1:1r dentro, come Lt mia pii1 intima so– stanza1 ma come '-Ost,rnza-pensiero, e però continuamente irrequieta nel perenne filr, del suo atto eterno. ~è si può trovar ira le mie un'affermazione, Ji cui io non possa dir come e percht: , i si.l pervenuto con le forze, quali che siano, del mio r:igionameoto e dell:1 mia ste~sa ricerca. GiAcchè allora sohnnto, io credo, si fonda L1 chiesa: quando uno s'acquisti tale tiducfa, che egli possa pensare per altri; ciOO quando ad altri un argomf"nto solo - per cui il maestro è creJuto - basta per credere tutto senz.a ul– teriore mediazione. Ma la chiesa è sempre da fondare finchè g-li adepti, che ci :wcte r;1ccohi dentro, ,,i chiedano conto d'ogni affermazione. E la li– bertà non consiste nel divergere dal pensiero altrui; che può essere effetto cli una servitù inferiore (nel senso relati,·o, s'intende, in cui è lecito parlare di -.er\"itù spiri1uale); ma in quella che Hegel chiama,·a la rcrltH_a del pensiero (proprio): nella vita (razionale) che unn dourina prende nel no1;tro spirito. Si potrebbe essere perfettamente cl' accordo con un :iltro pensatore, e pure essere nlfotto libero. Mn un tale consenso è poi possibile? i\l:t se noi non possiamo consentire neanche con noi medesimi? Se il nostro \'ero di ieri, t: di un'ora fa. non si può ripcn<::ire più da noi stessi, se non corretto e risoluto in una ,·e• ritl superiore? Questo è il mio llcgcl 1 caro Prezzolini ; questo è il mio domma: un domma :1. cui lavoro continuamente (come so e come posso)j unA chiesa interiore, in cui l'itro\'o sl la pace 1 la fode stessa degli anni della fancm1lezza 1 ma non adagiandomi in una comoda, per qu:rnto sospirosa, contempla1ionc di un ,·erbo che è già, ma affalicandomi senza posa, con fon·ore e pienezza di cuore, a compiere lo stesso mio tempio, che non può essere mai al termine, e a fard suonar dentro l'oracolo, che non si tacerà mai. Troppo poco (non è vero?) :1nche questo per chiarir il mio hegclismo. ,\la abbastanza, credo, per dir\'i qual'è Li mia chiesa, - che non è una chiesa; e per conchiudcre che, se anche ,·olessi, quale sia Phegelismo che mi attribuite (cioè tutto 11 11110hegelismo, com· preso l'inedito! non po1rei dav\'ero dirvdo, poichè per l'appun10 esso non è il domma, o quello che vuol essere il domma, bello e definito, d'una chiesa. 1'.1ler1110, ti fobtmuo 1909 Caro Gentile, \'ostro Giovanni Gentile. Sono lieto che un errore 1ipografico (io ave\'O scritto schitrn e non rhusa, ma poichè il senso tornava non corressi) vi :tbbia spinto ., scrivere un:1 bella pagin:1 per la {'ore che, pili avrinti, quando compiti meno urgenti ci premeranno, discuteremo 1n11icme. \'ostro Gu;~ff'PE PRwous-1. Riccardo Strauss. È impossibile dire l 1 cffetto che f.1agli spi– riti !tani che hanno camminato non fuori o dopo il mon,to, ma semplicemt:nle con e<";,0 1 il sentir dpetere le cose giJ delle e rideue, gi:1 condannate e sepolte, e, per di pi\1 1 il vederle accetlare nonchè applatalire. Eppure sembra che il pubblico god.1 delle co11esol– tanto ljllando, pii1 che mature, !-icno marce. D' .\nnunzio era appena tollerato mentre, al– laganJo le nostre scene di perc;onaFgi e si– tuazioni che I' Europa g1it ben conosce,·a, al– meno ci faceva pronre il piacere di sentir dire alln lingua italiana, scolvrila nelle acca· demie e nelle arcadie, delle cose nuove - è stnto invece applaudilo con furore, ammannen· doci L1 fos.ça /111(11 che tra gli allri putridumi aveva anche lluelli che sogliono a\'ere le ,·ec– chia'ié ributt,mti dei libertini. ScmbrJ Jun~1ue che il pubblico non abbia slancio per n.rri– \'are a comprendere un con1enuto che quando è evaporato. Chi può neoare che, nel loro tempo pre-;enlc, gli scri/f,Jri d 0 h(•·\t'o11t, non siano s1i11ise non dei grandi certo dei veri pocli? Lhi può negare che per una legge na1uralis11imn lo spirito umano 11011 possa co· noscerc un errore, - una reazione est1gerata 1 in questo c.1-.0- se non quando l'abbia fatto, e che, 11ebbtne lardi.a in tutto come c.uole avvenirt: nei paesi di pro,•inciJ 1 la no ..tr.1 Itali:, non abhia poi sotferto un d.1nno irre– parabile nell'avere il suo Swinburne, il suo \Vilde, il suo Baudelaire, il suo Verlaine, etc, nel D'Annunzio, unico sì, ma forse il più ~ano di tutli costoro? - Inie irreparnhile è per coloro che si altardano a raccogliere le schiume estreme dei risucchi di questo tran– sitorio periodo di decaricnza e di disfacimento morale per cui è passata I' Europa. Per e'-si non vi ~1!1 neppure il consolante oblio che aspelt:1 llltti i pili miseri scrmorelh, che tra le loro -.c:n-.e qualità hanno quella, innocua e gentile, cl'es,.ere stupidi. Siccome sforzi mag– giori recnno modificazioni m11ggiori 1 I' uma• nità rins,1vit:1 e rinsanata tributerà loro nel tempoanenire qualcosa che è induhilntamente una forma della fama: il ridicolo. ..\rtisticarncnte la Germania si tro\'a ap– punto nello stato di ribiascicare della roba che qua,i minaccia di di\'enire (e sarebbe miracolo !-tupefacente: venerabile per sover– chia età .. \lcuni critici ingenui lrnnno lasciato credere che I' 1 lofmannsthal sia una specie di riHesso del D'.\nnunzio, ciò che è altret– tanto falso che il credere il contr,1rio - no, llofmannsthal e D'Annunzio sono polloni tutti dello ste'-SO ramo neoromantico al quale appa11cngo110, sebbeae ... in sen"o in\'erso, il Mae1crlinck, il Pascoli e 1 l'Orsini. ~la la Ger– mania più che terra di poeti è terra di mu• sicis1i, e in e$Sa è stato tentato (quasi direi : a maggior rngione che in Francia) d'innestare al gran tronco del decadentismo una gemma nuova 1 oltre la pittura 1 la scultura, l'architeltura: la musica - e Riccardo Strauss è stato il for– tunato au1ore del ben riuscito innesto. Ed era ,·cramente la Germ:~nia un clima adattatissimo. Da una parte una società che non chiedeva di meglio che sentirsi ,·cllicare dal– l'impudica descrizìoae del raffinato decadi– mento morale in cui è sdruccioluta, lll'n senza dare edificante spettacolo di sè al l<niser e al mondo intero. Dall'altra un linguaggio mus11.:alc, che, per essere stalo piegato da \\'agner a :;ignificare tulle le ro1azion1 ango· sciosce e tutti I vortici vacui del miqicismo, era tlessibile ormai alle ambiguitJ ps:cologi– che, ai serpeggianti \'aneggiamen1i dei mo– derni dilettanti di fedi e di sensazioni. - Così le malattie assumono colore locale, e come in ltnlia il decadentismo aveva folgorato di luci carnali e stilistiche greco-latine-spagnole, in Germania 1 il pat!se d1·lle ebbrezze senti• mentali e delle e~tasi ideali~tichc, esso era d1- ,·enuto musica, come musica era divenuta la Riforma, come musica era di\'enuta la Filo– sofia. Quindi è complicatis11ima la posizione di Riccardo Strauss. Lasciamo pure ali' ignoranza dei critici music:tli la defìni'l.ione troppo co– moda di tpigono di 11 'agner. Forse che Pe– rosi nella Passione, nelle due Resurrezioni 1 nel Natale, che contengono la parte ,,iva della sua Bibloteca Gino Bianco oper;1, non è anch'egli un epigono d1 \-Vagner? E i rapsodi russi, non sono anch'essi epigoni di \Vagner? Forse che questi epigoni non assi• milano formule espre<tSive trO\'ate da un genio maggiore di loro, sp:trgendo nuove semente nell'arte? O~n1 1anto nascono Jegli uomini che as1101 bono 111 "è tendenze di ~encrazioni anteriori, che improntano di si! tendeme di generazioni pO!-leriori Condnnnarc Pcrosi o uno dei molti l'llS'-Ì per il loro amore per \V :igner, è Ja spiri ii la cui freschezza di rea– zione davanti a nn"opera d'arte è soprall.ttta da una fi-.s,uione e <l:1 un pregiudi1.io . Sarebbe anzi un utilis~imo studio indagare le relazioni che passano tra il romanticismo e il neo ro– rna111icismo e le forme del sinfoni-.mo wa– gneriano. Si ,errebbe a vedere che certi modi di concepire i crescendi e lo sdluppo 1cma– tico, di ritmare frenelicamente, di es:1gcrare gli effetti, pili che un'imitazione, sono un bisogno p,icologico comune. Giacche, in un certo senso, il plagio non è effettuabile che intercalando in mala fede un brano d'opera allrui nella propria Gi~ si fa qualcosa più che rubare, armonizzando e orchestrando un tema o nostro o scelto da noi nella musica popo· lare con modi wagneriani. Il brutto che ne può dei ivare dipende non dal presunto pL1gio 1 ma da :iltre iagioni, quale ad es. 1 I' aver so– sti1ui10 allo i.pontaneo s,·olgimento di quel dato 1em:i, uno S\'Olgimento ,·ol11to 1 non ,pon· tanco. E yue-.to è il c:iso di S1raus-.. Jnfaui il ,, .1gnertsmo di StrauS$. lungi d:tl· l'essere 111i;l11ott110nell'impeto tutto a-.sor– bente d'una perspnalità imperiosa, è fonte di brut1ei.za particolare. i\la anche questa costante traccia di \V~gner è tffctto 1 non cau!kl. S1r,ni,,-, è una sc:1rsissirna personnli1à musicale, molto pili scarsa di quel che non fosse Brahms, l'epigono Beetho,·eniano. For– nito di una impressionabilità da,·anti alla , ita, magS?,iore di quella che non abbiano in ge– nerale i musicisti, anche questo c;enso poe· tico non è suo 1 originale, ma per nulla diverso dal comun senso lettera1io dell.1 v11a 1 oggi di mod:1. Beethoven falsificava G(ithe e I testi liturg:ici e qualunque :tltra poesi:1 1 slrapp.tndo il loro prirnith·o signilic.lto e forzandoli a dire quel che \'Oleva lui. Str,rn~, innegabilmen1e poeta anch'egli, come Bach, BeethO\'en, \\'agner, Schumann e i primitivi, non sente l.1 vita di\'ersamente da come la sentono i decadenti suoi conrerranci e -.uo1 coetanei. Cosi sar!1 nie1zscheano 1 come lo ,;ono stati tulli i scmipoeti d'oggi, e ci infliggerà un poema sintonico il cui progr.unma è l'« Also '-prach Zarathustra»-. - \osì, ruz– zolando sempre pii.I giù nei suoi gu ..ti che sono il riflesso del gu,;:to pubblico, musicherl le tragedie del \\'ilde e Hormannsthal che fanno ricordate la merniglios.1 scena del Jean Chr1\lhoplu, dove il sanissimo Kra!Tt s'a,•– vede a un trailo dell'abisso che c'~ 1r:1 la sam1 musica sua 1 e la tragedia di I lcllmuth, l'oslrngolh dlgfnld p:iludamentato alla greca. Con la differenza che la mu~ica di Lhri– stophe era musica, ma questa di Strauss! .. Ecco, io misuro la profondità dell' ammor– bamento uni\'er53le 1 quando leggo quello che ceni critici (ed ora tutti, mi pare) dicono di Strau,!-. Gli riconoscono la neS$Ull:t bel– lena e onginal11à dei temi, la falsi!;) delle armonie non spontanee, ma rirgiun11/c soprn un sistema cromatico in cui la tonica, la sopra1onica e la dominante sono responsabili della rn;il;t fede dell' .tutore, m:l 1 conJi5:i;en denti al fonat1s1uo \'ergognoso Jcl pubblico, in\'ocano 1.t orchestrazione sbalorJiti\'3 e b potenza (ciarlalanesca' di impor:.i "I pubblico con tutlo, fuorchè con una limp1Ja 1 forte, sincera i11111izionemu!-icale. Strauss non n·dt 1 fabbrico; e fabbrict1 rnnto bene che 11011 c'è motivetto, per brutto e volgare che sin, ch'egli non trasformi faticosamente in un colos,;o alla B~rnini; e se l'indole di que-.10 giornale non nh: lo impedisse, non penerei molto a dimostrare che il tanto vantato -.uscitatore di tempeste orchestrali, come non sa armo– nizzare. cosl non sa orchestrare. Stupiranno mohi di ciò che dico, ma non quei pochi che sanno che il possedere bene la tecnica d'un':trte e l'adoprarla senza vere idee é fare, spesso, dello stilismo mori1uro. - Cosicchè tutto è brutto in Strauss? Non dico questo. Non fo un'analisi detl'o-

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