Via Consolare - anno II - n. 4 - aprile 1941

dato su quel benedetto individualismo che è in arte la differenziazione degli intelletti a~tistici e l'impegno ad una ·serietà fascista per la responsabili!~ che ci saremo assunti di fronte a noi stessi, di fronte alla compagine nazionale e di fronte all'arte intesa come travaglio vissuto ed atto di fede. R. r. non intendeva parlare di « interventi dall'esterno,, da lui giudicati giusta• mente " ridicoli » e però pretendevJ ad un cinema fascista espressione sostanzialmente di una morale fascista. De Chirico o Montale ad esempio con i loro intenti fantastici o pessimistici sono ugualmente dei grandi artisti itaiiani. Se noi avessimo oggi un De Chirico od un Montale del Cinema ogni polemica sarebbe inutile. Ed allora? Invoca r. r. forse una sostanza fascista per una futura arte nel cinema in Italia? Un ottimismo obbligato, poichè I·ottimismo \'irile è una caratteristica ufficiale dell'uomo nuovo, dell'uomo fascista? E così di seguito? In defìniriva invoca forse r. •r. dei sentimenti fascisti a tutti comuni che siano il substrato di una nostra arte del cinema? E non è forse un po' eccessivo ipotecare i sentimenti degli artisti di ,!omani, siano essi cineasti o pittori e- letterati::> Non è precludere ad essi le vie del1'arte in anticipo::> GIANNI SCOGNAMIGLIO l'Arte di cui la Compa,gnfa ne è appunto " il logico sviluppo " e « lo sbocco naturale "· Ebbene, questa volta il cinema può, anzi deve imitare il teatro. Che i film del Centro siano il logico sviluppo e lo sbocco naturale della scuola di Chiarini. Nè in questo modo ! 'isHtuzionc, nata con nobi!i intenti, cadrebbe nella bolgia dei commercianti del cinema. Il Centro nel produrre deve rimanere autonomo. Come autonoma è rimasta la Compagnia del1'Accademia d'Arte, la quale offre alle platee « soltanto il 'frutto di nn convincimento preciso, la seria preparazione spirituale, la purezza degli inten.ti, 1! gusto dello stile ". IDEE e PROPOSTE E dopo u.na tangibile e concreta prova, dinan2i, vogliamo dire, ali 'evidenza dei fat•· ti, sarà impossibile .ai produttori di, flnger1> di ignorare non solo l'esistenza del Centro, 1na anche !a sua organizzazione, o a trincerarsi, comunque, u dietro una sprezzant~ indifferenza ». In altre parole: quando al diploma teorico - comprendeteci : non sappiamo dir meglio - si sarà dato ali 'allievo, con la produzione di Alm al Centro, anche un diploma pratico; quando cioè - specialmente i diplomati attori e registi - non saranno più ctei nomi ignoti (chè il pubblico ed i produttori li avranno incontcaii sullo schermo grazie alle pellicole proriotte al Centro), allora i casi di ammissione alla produzione, diciamo così, esterna al Centro non saranno più rari come lo sono attualmente. NECESSITA' DI UNA PRODUZIONE FILMISTICA - AL C. S. C. « La pos:zione degli allievi de! Centro Sperimentale di Cinematografia nei confronti deìla produzione - scrive Bianco e Nero (settembre XVIII) - è veramente un problema da risolvere con la massima urgenza ed energia. u Sacrosante parole. Almeno per noi che abbiamo sempre creduto nei giovani, e di conseguenz:i, nel C.S.C. che dei giov,ani è un ferio e nutrit:.> vivai'J. Ma come risolvere il problema? Ecc~ : noi abbiamo un 'ide1 che ci ror buona e cnn la quale ci piace lniziare q~e- &ta nostra rubric.3. La di.amo così, com 'è. Sicuri comunque di offrire il nostro modesto contributo alla risoluzione della scortante questione. Se « troppo spesso - come a ragione annota Bianco e Nero - i produttori fingono di ignorare affatto, non àiciamo I 'organizzazione. 111,i fin I'esistenz~ del Centro, o, tutto al più, si trincerano d'.etro UJ1.a sprezzante indifferenza n occorre - è ,>V·· vio dimostrare a quest: ottusi produttod che essi sbagliano, che essi hanno torto, cioè, a fingere d 'ignorarç e comunque non credere nel Centro. Ed è appun,to in questo che consiste, per no!, la questione dq riso!vere : senza ricorrere ali 'imposizione tli una u norma ministeriale n, come vorrebbe invece il camerata Rosario Leone (Cinema, 25 ottobre XVIII) Ora : " per la mentalità mercantile dei r.ostri produttori gli aliievi diplomati del Centro, tranr.e le rarissime eccezioni dei fortunati " (Aiida Valli, Luisella Beghi, Carlo Crisman, Silvio Bagolini e pochi altri) debbeno " affrontare agli inizi della loro carriera difficoltà pressocchè insormon- :abili "· Ebbene, perchè il Centro stesso non promuove una produzione di lìlm, i cui realizzatori - tecnici ed artisti - siano tutti, o meglio, nells1 maggior parte, ; giovani cui esso ha dato il diploma? L'idea. sugger:ta altra volta da noi ~u altre colonne. ci ~embra, ripetiamo, buon:i. Ed anche realizziabile. Al Centro esiste pure un te:itro ct: p:Jsa: nuovo, moderno, .:lt· trezzaro, almeno ckI quanto abbiamo potuto dedurne dalla Peccatrice che è stato il pr,- mo film girato in quel teatro. E se poi per realizzare la nostra propost.a ci sono - Fondazioner~uff111r~ba~òrW - diffiPag. 22 coltà finanziarie, allora è proprio qui che il Ministero deve !nterve·nire, dal momento che il C.S:C. da questo Ministero dipende. Soltanto se :I Centro produrrà pellicole, il problema, secondo noi, verrà risolto: cioè si èarà, come si voieva, Una tangibil1.!i e concreta prova che i giovani di Luigi Chiarini valgono veramente qualcosa, che il Centro insomma è un'istituzione seri.,. Cosi come la Compagnia dell'Accademia ha ctimostrsato la serietà dell'Accademia de!- CESARE ZAVATTINI Un profano che si avventuri nella savana del nostro cinematografo. dopo un certo periodo di tempo si accorgerà di uno strano fenomeno: i rari punti solidi, le rare eccezioni che vi si osservano, ti fanno giudicare tali non da ciò che hanno realizzai? bensì. da ciò che non sono ancora riuscite a .realizzare. E' il caso di Cesare Zavattini, Questo nome io/alti noi lo vediamo spesso fegato a delle opere cinematografiche alle quali non è certo titolo d'onore aver partecipato. Eppure non crediamo di esagerare afferUna delle maggiori cause, invero, del- ! 'indifferenza dei prcduttcri per i diplomati del Centro, è che essi diplomati non hanno un nome noto. GUIDO ARISTARCO mand-0 che Zavattini è uno di quei pochissimi dotati di una personalità tale da poter far sperare in un cinema d'arte italiano. Ma finora le speranze sono rimaste tafi. Chi infatti ha letto i suoi soggetti può constatare come in sede Ji realizzazione essi siano stati generalmente rovinali o per lo meno privati delle note più caratteristiche e personali. Leggendo ora il suo "Tolò il buono" non è di.fficile notare come caratteristica peculiare di tale soggetlo sia um, riuscila sintesi tra fantasia e umanità. In conclusione lava/lini ha intorM a sè un suo mondo popolato da suoi personaggi. Questo mondo che lo ha fatto conoscere con i sui libri. Avvicinatosi ora al cinematografo Zavatlini ha piena coscienza di potersi esprimere altrettanto bene se 11011 meglio atlraverso questa forma d'arte. Per far ciò egli deve necessariamènte giungen~ alla regia. Questa è la sua meta e per questa si sia preparand.o. Noi saremo ben felici se egU riuscirà con le direzione di '· Totò il buono" a dire finalmente fa sua parola. Non ignoriamo le difficoltà che pub presentare un tentativo audace, ma mille volte è preferibile ad 1111 film tec'nicamente corretto ma privo d'idee, un film dotllto di una personali/ii anche non perfetlamente estri,seca e formata. Un'altra intelligente iniziativa di Zavattini sarebbe la realizzazione di uno spettacolo cinematografico: '' Otto favole moderne", Ò/1() pezzi re.ccontati da otto registi giovanissimi. coordinatori ciascuno di un complesso affiatato ed organico ili nuovi elementi. Ma naturalmente se alle soglie del cinema d'arte ci si ferma per mancanza d'idee b1Wne, alle. !oglie di certe Case produttrici italiane ci si ferma per averne troppe di idee buone. s.s. e.I.

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