La Voce di Molfetta - anno II - n. 6 - 11 febbraio 1951

. .. I . SETTIMANALE DI V I T A CITTADINA 11 Febbraio 1951 - Anno II, n. 6" Reda.z. e Amm. Molfetta. - Via Giaquin1o, 2:, - Tel. 12-52" Abb. (e/e. posta.le 13/.5671 Annua.le L. 1000, semestrale L. 550, per l'Estero dollari 3 - Una copia. L. 25 - Sped. in Abb. posta.le (Gruppo Il) Occuparsi · degli ! a·ff~ri-del Comune Durante le elezioni amministrative del 1949 che ci diedero quel Consiglio Co– munale che abbiamo oggi, noi facemmo un grosso errore, che, naturalmente, come tutti gli err01i, pres~o o tardi, si scontano. Invece di badare a leggere bene i nomi di quegli uomini che si presentavano can– didati amministratori nostri; invece di preoc– cuparci di conoscere la loro vita morte e miracoli; invece di infor~arci sulla loro . . ' . . . preparazione e capacita amm1n1strahva, votammo ad occhi chiusi o peggio ancora, votammo nero contro rosso, o bianco contro verde ecc .. Non pensammo a queste cose semplici: al Comune devono andare uomini che devono sapere amministrare ; che devono saper fare e leggere un .,bi– lancio; che debbono a vere il buon senso. di spendere bene i nostri denari che ~e· vono· preoccuparsi di una buona ammi– nistrazione come se si trattasse di affari loro personali; che devono avere l' accor– tezza_ e il pudore di chiedere permesso e tornarsene a casa se non pòssono tener fede al mandato ricevuto; che devono ammm1strare con giustizia e _bontà, non a fayore degli iscritti al proprio partito o di questo o di quello perchè figlio o ni– pote o cugino del tale e del tal altro, ma a favore di tutta la popolazione, per– chè paga le tasse tuJta la p(?polazione, democristiana. o comunista, liberale o so– cialista ecc .. A tutto ciò qon abbiamo fatto troppo att~nzione e allora-.~. allora la esattoria un brutto giorno ci ·richiama alla realta delle tasse e di tutto quell'elenco di nu– meri e di articoli che appaiono sulla car– tella delle imposte. Quel giorno c 'é poco da disperarsi e da imprecare : bisogna pagare, bisogna fallire~ ,bisogna fare de– biti o svendere·... C'è chi non manca all'appuntamento allora per pigliarvi per la gola!_ Quelle tasse non le· ha .decise « il Comune » , le abbiamo decise noi du– rante le votazioni; le approviamo noi as– ;entandoci dalla vita del nostro Comune, · lasciando così liberi gli intriganti di fare a loro piacere. Il Comune è alla fine come una fa– miglia o una società ; essa progredisce o fallisce a seconda della capacità di chi amministra. Quando i conti non tornano si aumentano le tasse vecchie o se ne met– tono delle nuove. Così ragionano ed ope– ra.no certi improvvisati amministratori sia di società che di C o m u Il i. Ricordate quanto fu scritto sulla Tassa qi famiglia nel N. 4 di gennaio ? per colpa dello scarso senso di responsabilità degli attuali ammini3tratori esiste una grande ingiustizia contributiva. Chi può pagare su 5 ~ 4 - 6 milioni paga appena su mezzo milione ; però chi non guadagna milioni o chi ha beni facilmente accer!abili paga senza pietà. Le casse del Comune sono vuote e ci sono debiti ... e quindi, dicono, bisogna aumentare le tasse. Non è più giusto (ammessa la capacita amministrativa) che si pensi prima di ac– certare, in tempo debito, se tutti pagano quanto devono pagare ? Dicono di aver provveduto con la Commissione di revi- sione quando i buoi sono scappati da la stalla! Delle due l'una : o c'è gente che · di amministrazione se ne intende pochino · pochino e ad orecchio e noi siamo i dan– neggiati o c'è qualcuno che sa quello che fa e allora tutto il Consiglio ha il dovere di cercare e cercare fino a sco– varlo e mandarlo a casa o in collegio. Se no il Consiglio si assume una peri– colosa responsabilità di fronte a tutta la popolazione. La maschera e il .volto - Chi paga? Caro Gadalefa, un nostro autorevole amico, intrattenen– dosi con me sullo scritto < La tas.5a dei poveri \), mi faceva rilevare alcuni elementi critici, di carattere generale, sul nostro bi– lancio e sull'azione dei nostri Amministra– tori, che· io sintetizzerò per i lettori della « Voce >. J) Un bilancio, in genere, e quello di un Ente, in specifico, si compila con intelli– gente gradualità. Si accertano le uscite ed; in seguito, si determinano le entrate. La fiscalità di un Comune, ad esempio, deve essere proporzionata solo ai consumi ed ai servizi, e non già determinata in astratto su calcoli di pura matematica. Il merito di un Amministratore consiste nd saper equilibrare le due voci:• Entrate> • Uscite >, non alterando a nessun titolo di spese. Nirote prebtmde extra, niente premi, niente lavori straordinari, niente spese im– provvisa te e, di conseguenza, niente esaspa– razioni fiscali, se non indispe~bili, niente disaTanzi. - Quale la situazione del Mezzo– gioruo nello Staio italiano? Qt1ella di tutte le regioni naturalmente· po– cvere, messe a contatto con regioni naturalmente ricche, e, qt1indi, di maggior produzione, così le une co- • me le altre sottoposte a identiche organizzazioni statali complesse, in cui l'industria, dote quasi escluslcva delle più ricche, ha· già. assttnio il carattere di fenomeno predominante. Perciò, qaale il primo Impellente suo lnfere$St ? Qaell• senza dabblo di an regime doganale assolt1fam~11te libtro,e, poichè il Mezr1og{erno paga di imposi e più di qtJanfo docvrebbe, di ana cosi radicale riforma fribtJ– faria, anzi, più cne radicale, sin– cerar la quale, meglio che assodare la giustizia · proporzionaltt fra classe e cl a s se, com/riel dal!' i-ntrodur1e questa, cli.e manca del tttffo, fra. il nord e il sad della penisola. Il Mez– zogiorno non ha bisogno di elemo– sina. Esso cversa nelle casse dello Sfato, ogni anno, a dir poco, cento milioni in· più di ciò che gli spetta, e li 'bersa in luogo della ricchezza Dissociando una tale correlazione, PAm– ministratore, esasperando le « entrate >, beneficia di una disponibilità di cui abusa _- per debolezza, per incapacità o per calcolo (clientele). . mobiliare del nord, che, con i titoli al latore· del 'Debito Pt1bblico, ne è esentata ••• (Glustlno Fortunato 1909) . 2) La voce t lavoro straordinario • , diceva il nostro amico, non dovrebbe comparire nelle spese « servizi pubblici >. Intelligentemente, egli affermava che un lavoro ainministrativo, qualunque .esso sia, deve essere espletato in un determinato periodo di tempo (ore di lavoro ordinario), economizzando sulle chiacchiere, sui pette– golumi privati, sui diversivi vari, in cui si dilettano di buon grado gli impiegati di un Ufficio pubblico. : .

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