La Voce di Molfetta - anno I - n. 2 - 10 dicembre 1950

4 LA VOCE DI MOLFETTA LA SCARPA DI S. NICOLA A MOLFETTA / Il culto per S. Nicola di Mira ha nella nostrn città origini molto antiche, anteriori alla stessa traslazione delle ossa del Santo in Bari, traslazione che ebbe luogo il 9 maggio del I08,. · . Prima del I078 infatti esisteva in Molfet– ta presso la Casa Municipale - che si chia– mava Università - una Cappella dedicata a .S. Nicola, che apparteneva ai Benedet– tini di Banzi, poi ali' ordine religioso dei T cmplari, e, in ultimo, ai Cavalieri di Malta. Essa fu chiusa a\ culto e acquistata dal Comune il 2 luglio del : 8 "O. * * * .-/-- E' consuetudine che risale a circa un secolo e mezzo fa che i bambini a Molfetta mettano, la sèra del ·5 dicenbre, la tradi– zionale scarpa presso il camino-o la finestra, perché S. Nicola, passando con i! suo carico di doni, la riempia di dolci, giocat– toli ed anche di utili oggetti di vestiario Quasi sempre ai bambini non basta il contenuto di una scarpa, e allora parenti e amici di famiglia sono incaricati di tenerne anch'essi qualcuna a disposizione del com– piacente S. Nicola. A noi pare che questa tradizioue si ricolleghi ad un'antica leggenda. Si legge infatti nella vita del Santo di Mira che un signore abitante presso la casa del Santo a Patara, caduto in miseria, volesse che prendessero la via .1del vizio le sue tre figliole giovinette, perché si procuras· sero una dote, e che S. Nicola, mosso a compassione di quelle 'povere e oneste donzelle; venisse loro in aiuto, lasciando cadere dalla finestra per ben tre volte un gruzzolo di monete d'oro, che potesse ser- vire loro per dote. . E' noto che la tradizione di mettere la scarpa a S. Nicola, é una caratteristica della nostra città. Nessuno infatti dei pae,i limitrofi, neppure Bari, che pure S. Nicola venera per patrono, ha questa usanza. In quasi tutte le città del mondo; la Befana porta i doni ai ba:nbini nel giorno dell'Epifania. Forse nòn tutti sanno però che l'ufficio di distribuire i doni viene attribuito a S. Nicola anche in terre lontane dalla nostra citta, quali la Baviera ed altre zone t1J I Ci-I El E della Germania, come pure la nostra Trieste. Infatti la nostra usanza che, come di– cevamo, risale a circa un secolo e mezzo fa, proviene da Trieste, verso cui conver– gevano fin ai primi anni di questo secolo le nostre barche da carico. Infatti un ne- Sènda Necòele vè pe mère vè vestut 'a mèrenère, vè cu libbrE; e cu bastòene, vè cu sacche e nu Ùegnòene. E' nu vècchie Menzignòere, vè de notte a nisciun' òere: mètte cose citte, citte : mètte dulcce e chembitte, mètte fiche e cecchelate ind 'o scarpe preparate. A le triste e mèlaggende, nè le cure e nè le sènde ; a ci po nè u Ònne credde, mètte scorze e carvenèdde. IDic. 1948) Vine. M. V ,lente goziante molfettese, Michele Panunzio di Pantaleo, c!-ie per ragioni di commercio, col suo veli,ro « La Bella Au.rora·» , si recava spesso a Trieste, introdusse presso di noi l'usanza, gia affermatasi e diffusasi in quella citta e oei paesi limitrofi. Lo ·imitarono poi subito i capitani marittimi, i quali conoscevano assai bene Trieste e le sue usanze e co,Ì a poco a poco l'uso si diffuse e si affermò. E' da anni parecchi che· a Molfetta per S. Nicola i negozi mettono in mostra tutto quanto di meglio hanno in deposito. S'improvisano persino dei mercati all'aperto che durano spesso diversi giorni ed è or– mai tradizionale che la sera del 5 dicem– bre si esce di casa per dar~ uno sguard~ alle bancherelle e fare gli acquisti necessari. I compratori continuano a girare tra al calca fino a tarda sera, spesso affrontando i rigori dell'autunno ormai avanzato. A noi sembra deprecabile che, per ra– gioni di commercio, l'usala segretezza sia stata definitivamente messa da parte, a scapito dell'ingenuità dei bambini i quali troppo presto imparano a conoscere chi abbia in famiglia l'ufficio di S. Nicola. Sarebbe tanto più bello ché l'usanza co– servasse ancora il valore tradizionale di I O Dicembre 1950 premio straordinarìo; quasi sopranaturale per i più buoni ed i più meritevoli. F. S. FIABA Lontana infanzia ! quando gli uomm1 ti sorridono buoni e tutto sembra ravvolto da un raggio dorato : il rosso del cielo ti appare come la porta del paradiso ed il buio di una camera fa muovere mille fantasmi. Notte furiosa 'di dicembre quando il santo, dal barbone bianco scendeva dal ciclo d'argento, carico di doni e mi acca– rezzava nel sonno, raddolcito dalla musica degli angeli. Che notte ! fatta meno buia da quel canto e meno lunga dall'attesa di un'alba che già incominciava ad affacciarsi più bianca. Quella notte. io sognavo: sostavo in un gran giardino dove dormivano le rose e le viole chiuse dalla notte ed appollaiati su di un ramo dormivano gli usignoli fatti silenziosi, Distese su di un prato, io ve– devo, nella notte, un tappeto coperto di doni che saltavano come uccellini nel bosco. E nel sonno io aspettavo, in quel giardino addormentato, il Vecchio dal barbone bianco e coperto da un manto di lana, seguito dagli angeli, dalle lunghe trombe d'argento, che gli .facevano corona. Sotto un cielo che già ,i apriva a raggi, io vedevo avvirinarmi il Vecchio, dalle spalle curve ed i fiori incominciavano ad alzarsi nel giardino e si muovevano sullo stelo come a degli inchini e le rose e le viole e gli usignoli cantavano l'inno alle stelle Il santo adagiava le sue bisaccie colme e le svuotava : uscivano ca%11inibianchi, dalle sonagliere assordanti e rotolavano a mucchi gli orologi che suonavano la mu– sica coine quella degli angeli e pupazzetti che camminavano in fretta come liberati da quel sacco che li stringeva. lo, in un estasi incantevole, aprivo le braccia ed il Vecchio mi accarezzava dolcemente sul viso. All'alba che già spuntava grigia e pio-· viginosa mi svegliai d'incanto e diretto al camino, ancora coperto di fuligine, non trovai nulla di quello che mi era stato don~to nel giardino incantato. Ah se io potessi ancora credere !..... non importa che tutto questo è fiaba. s. Nicola 1950. 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