UOMO - Anno III - n. 3 - settembre 1945

88 abbiamo combattuto, perdendo lungo la stra– da dei compagni credenti, e sacrificando ad esso le migliaia di indifferenti, non più as– senti. Se non avessimo avuto nemmeno quel– lo, ditemi, cose ne rimarrebbe? Cosa sa– remmo? Siamo stati sconfitti, ma ci vo– gliamo e ci dobbiamo salvare. Dobbiamo ave– re la forza di dire: siamo uomini falliti, per– chè lo diciamo di fronte ad altri che sono pur'essi fallibili. Questa è l'unica possibilità di riassumere su di noi la responsabilità del nostro destino: riconoscerci la responsabi– lità per il nostro passato. Alla figura del « povero innocente » traviato dai cattivi com– pagni o dal pedagogo infedele, preferiremo sempre quella di Paolo sulla via di Dama– sco. Solo essendo sinceri potremo essere de– gni di acquistarci il diritto e quindi la ca– pacità di alzarci per giudicare anche le colpe altrui: perchè tutti ne hanno. E dopo le col– pe, i meriti ed i diritti. Se è troppo presto chiederlo a un popolo ancora stordito, è già troppo tardi per ricordarlo ai singoli uo– mini che ne son cittadini con la propria, par– ticolare presenza. Non è che il richiamo ad una eterna giustizia: imicuique simm tribue– re. Solo così la nostra guerra perduta può diventare un inizio e non una tomba. CARLO BROCCA

RkJQdWJsaXNoZXIy