UOMO - Anno III - n. 3 - settembre 1945

compiacenti compromessi o m abili ca– muffamenti. Di fronte a coloro che son qui a rivedere i nostri bilanci, a giudicare i nostri atti, a decidere del nostro destino, non gli individui devono rispondere, non i partiti, non le classi, ma noi come un tutto, come nazione appunto: stato e popolo. Il malessere che ci tormenta, le disillusioni che nel corso di questi ultimi mesi abbiamo già subite, l'inquietudine e l'incertezza con cui guardiamo al nostro avvenire, dipendono dal non aver fin dall'inizio e da noi stessi voluto comprendere la dura lezione che gli occupanti ci stanno impartendo con la loro presenza e con il loro atteggiamento: il senso della responsabilità per avvenimenti quali quelli che ci hanno condotto allo stato in cui siamo non è trasferibile dalla comunità a pochi o a molti dei suoi componenti. Vi è nella vita dei popoli, comunque essa si svol– ga, una legge di continuità e di solidarietà ~he è vano tentar di interrompere o di sfuggire. Sarebbe d'altronde cliff1cilegiustificare sul piano nazionale la punizione non solamente delle colpe e dei delitti, ma anche degli er– rori di quanti sono stati i diretti apportatori delle rovine che hanno colpito il popolo, se questo si rifiutasse cli assumere a sua volta le proprie responsabilità nel campo inter– nazionale. Occorre a noi, in questo momen– to, senso di dignità e cli sacrificio anche se 79

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