UOMO - Anno III - n. 1 - febbraio 1945

38 stacco d'una folle gaiezza. Iniziando la sua corsa il treno ci donò ancora la vita del canale, il con– fine turchino delle acque; poi prese impeto, s'im– pennò a una curva, nascose anche quell'ultimo sim– bolo gentile dell'estate. Ce ne stavamo tutti ai finestrini, il vento dei binari ci scompigliava i ca– pelli, affollava gli occhi. Stretta tra gli amici, l'Adriana, che era al mio fianco, m'appoggiava la tempia a una spalla. Di– scutevamo più a gesti che a parole : a un tratto, alzando gli occhi, mi chiese « Ieri se'ra hai detto che dovevi parlarmi d'una cosa molto importante: qual'è?». Il treno ci scuoteva nel piccolo corri– doio, volgendo il capo mentii con sforzo, dissi che non era nulla, non ricordavo più. A B... terminava il mio viaggio: mi apprestai a scendere insieme alla mia famiglia e ad Antonio. I saluti furono affettuosi e sbrigativi, accompagnati da recipro– che promesse di lettere e notizie. Stando sulla banchina salutai ancora l'Adriana e sua sorella che si sporgevano dal finestrino: eravamo d'ac– cordo che ci saremmo rivisti a M. durante l'in– verno. Di lì a poco il treno ripartì in uno spazio d'aria che prolungava una sottile angoscia: io e Antonio sottobraccio ci avviavamo all'uscita, già iniziando, nei nostri discorsi, memorie e commenti di quell'esta'te memorabile. GIULIANO GRAMIGNA

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