UOMO - Anno II - n. 4 - ottobre 1944

diamo alla pagina di domani ansiosi di una sem– pre più chiara rivelazione di noi stessi, incammi– nati ormai in una miniera che s'annuncia vasta e ricca, meravigliati che i limiti da noi posti attorno alla nostra misura umana, se ad altri apparirono ristretti, si dilatino invece per noi fino a sfiorare tutto intero un orizzonte nuovo. E' invece necessario tirare le somme non dico ai risultati, in sè conclusi, ma alle nostre stesse aspirazioni, a quell'apporto cioè cli problemi di– stesi fin'ora nei quaderni, per trovarne se mai lacune o carenze. E una lacuna c'è, caro Valsecchi, c'è una cupa assenza di voci su di un problema tra i più vasti, tra i più impegnativi - forse il più urgente - della letteratura: il romanzo. Ma qui vorrei su– bito spiegarmi sul termine: quest'urgere che è in noi ancora informe ma acuto verso una « riso– luzione» da concretare sulla pagina, questo biso– gno di scegliere e valutare gli eventi che nel loro svolgersi ci superano, questa necessità anche di giudicare, rifiutando le traverse vie dell'analisi, cioè senza centellinare in una beuta una umanità nostra, che va vista e letta nella sua sintesi, nel comune dolore e nella comune disperazione, questo desiderio di confessarci cercando nel «fatto», in questa tregenda di fatti che ci sommerge, l'essen– za nostra più viva per scorticarla da ciò che la occùpa, per arricchirla delle nostre speranze e delle nostre vergogne e per affidarla infine come un messaggio di noi creature vive agli uomini di là da venire, perchè possano ritrovarci nelle nostre parole, questo io dico è la nostra aspirazione alla prosa, questo io intendo per impegno al romanzo. Tutto ciò vado per· così dire scandagliando den– tro di me, quassù. sotto il tuo bel cielo cli Lombar- 27

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