UOMO - Anno II - n. 4 - ottobre 1944

12 Rosmini ha fatto tra giudizio teorico e giudizio di valore, o, com'egli dice esattamente, fra stima speculativa e stima pratica (distinzione che è poi stata ripresa a difesa, per non dire d'altri, da Be– nedetto Croce), non è una cosa così ingenua quale molti hanno pensato che fosse: l'ingenuità è nella con fusione, non nella distinzione fra i due tipi di giudizio. Anche a questo proposito, insomma, Ro– smini è critico; e, come abbiamo già osservato rispetto al problema della conoscenza, quando si sia partiti dalla critica non si può più tornare ad una posizione pre-critica. Anche si potesse o si dovesse concludere ad una identificazione dei due giudizi 1 si tratterebbe, ormai, di una identificazione sintetica, costruita, riflessa, e non più di quella pura e semplice confusione, dalla quale si è usciti, soltanto col porre il problema. :Moviamo, dunque, dalla distinzione, ed esami– niamo le ragioni di essa: sono ragioni che si fon– dano, in sostanza, sull'analisi dello spirito umano nelle sue manifestazioni più spontanee e più imme– diate: altro è, infatti, proporsi di determinare la natura, l'essenza di un oggetto; altro è volerne apprezzare l'attitudine a soddisfare certe esigenze pratiche che sono o nell'oggetto stesso in que– stione, o in un essere diverso da esso. Altro è, ad esempio, definire un libro, altro è apprezzarne l'utilità o la bontà. E da questa distinzione, di– ciamo così, soggettiva, nasce un'altra distinzione eminentemente oggettiva: quella che si pone fra la realtà di un essere e la sua perfezione: la realtà è quello che è, oppure quello che noi pensiamo che sia; la. perfezione, invece, è quello che dev'essere o che pensiamo debba essere rispetto ad un inte– resse pratico, ad una volontà, ad un fine. E possiamo affermare, senza timore di ingan~

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