UOMO - Anno II - n. 3 - giugno 1944

l'immortalità, il che equivarrebbe ad un suicidio spirituale e morale, e disseccare la fonte mede– sima della vita dello spirito e di ogni religione. Ogni religione, difatti, sorge dal desiderio, di un al di là che, come dirò più innanzi, si con– fonde con il desiderio di una finalità nell'uni– verso. La sete di eternità è il frutto della dispe– razione prodotta dall'inevitabilità della morte, e questo· bisogno lo ,-isolviamo affermando o ne– gando, credendo in un'altra vita trascendente o cercando di rassegnarci all'annichilamento. Ma tanto chi afferma come chi nega, lo fa per di– sperazione; gli uni, disperati di 110n trovar la soluzione del problema, affermano un'altra vita; gli altri la negano e ci consigliano la rinuncia religiosa all'immortalità; altri ancora ci dicono: « non si deve pensare a questo » oppure: « non 11' è problema >l. Osservate come la semplice enunciazione del problema provoca l'ira od i sarcasmi, e l'ùri– tazione o il disprezzo di molti chiamati uomini di scienza, che giudicano debolezza di spfrito il vivere torturati da tali angosce; non è per– messo parlarne. Racconta il libro degli Atti degli Apostoli, al capo XVII, come Paolo, dopo aver percorsa gran parte del!'Asia Minore, accolto sempre con persecuzioni dai suoi fratelli di razza, gli ebrei, arrivasse da ultimo in Atene, la città dei greci colti, tolleranti e scettici. « Ora tutti gli ateniesi ed i forestieri, dice il vers. 21, d'altro non s' oc– cupavano che in dire ed in udire qualche cosa

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