UOMO - Anno II - n. 2 - aprile 1944

38 era fiabesco» dice Katherine : fiabesco è che in ve– rità, fra queste cose così lcggierc, incoerenti e fra– gili trascorra la nostra storia. E la Mansficld si muove cauta in mezzo a questa fiaba viva, come si passa fra i bambini che dormono adorandoli in punta di piedi. Questa è la vera fiaba, non la nostra attonita fiaba da natura morta, deformazione fiabesca della realtà, crescere prodigioso, nel silenzio, dei senti– menti minori - unico nostro immobile senso del meraviglioso - ingigantiti finchè non sono più vivi. Ma tutta viva è la Mansfield, colla sua arte di minimi cenni, di minimi passi, di minimi mezzi sì che l'arte stessa quasi scompare. E' la vera arte < senza architettura», quella pagina che si può leggere camminando, sospendendo per guar– dare un uccello, e riprendendo senza avvertire stac– co fra la lettura e la realtà: della realtà ha lo stesso ritmo, la stessa intimità e naturalezza, la stessa di– vagante libertà. Noi ormai ci intendiamo ai minimi cenni, subito colti, senza bisogno di «costruire» un·« opera», di cambiar voce, di introdurre perso– naggi e trame, di architettare. Il « mondo dell'ar– te » sembra che scompaia, coi suoi personaggi e tempi eccezionali, fondendosi col tempo reale, co– me nel teatro il « cerchio magico» della vicenda ora è continuamente interrotto: se in teatro appa– risse improvvisamente un angelo, da fuori, potrebbe appellarsi ai personaggi ed a noi spettatori con le stesse parole. Così l'arte della Mansfield, fatta di impercetti– bili concreti: un seguito di cose vive senza inter-

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