UOMO - Anno II - n. 1 - gennaio 1944

30 per noi era il mondo ... Tuttavia quella ricchezza na– scondeva una malinconia di cui ci avvedemmo più tardi. I nostri genitori si erano separati; nostro padre, invece di tenerci con sè, ci aveva inviati qui, sotto il lento controllo di una zia che morì quando appena cominciammo a sentire la gioia di vi\'ere per conto nostro. Badavamo a divertirci nelle più fiabe– sche maniere, a leggere senza passione: insensi– bilmente, ci studiavamo. Rosa, nei primi giochi, .mi imponeva parti fantastiche in cui dovevo agire automaticamente, obbedirle: io ero il nano, la bam– bina sempre perduta nei giardini o nel bosco, il Yecchio bisognoso delle cure di un mago; lei, sem– pre, la fata, il capo selvaggio, il mago.. Le obbe– divo volentieri. Mentre a Rosa interessava il gioco, a me piaceva il momento in cui esso finiva, noi ri– devamo sorprese e felici, tornavamo ad essere più sincere e, anche tacendo, potevamo sentirci istin– tivamente sorelle e finalmente amarci, essere allea– te, non in uno scherzo, ma quasi componendo la promessa che avrebbe allietato per intero la no– stra vita. Questo, che a me parve in principio una necessità da risolvere senza discussioni, fu la causa prima delle mie più segrete disperazioni, caratteriz– zata eia gelosi dubbi. Per essa lottai nell'anelar degli anni con ostinata parzialità. Come nei divertimenti infantili, appena salite alradolescenza apparvero ben distinti i nostri ca– ratteri: ma ormai ci conoscevamo. Nostra madre morì, lontana da noi, e possiamo dire di non aver mai conosciuto nostro padre che viveva con una altra donna. Molto ricche, cresciute in un ambien– te provinciale col tempo divenutoci familiare, deci– demmo assieme di rimanere qui. Rosa .s'era fatta bellissima, a f /ascinante nel gestire, nel discorrere; io temevo di restare nella sua ombra. Contro la

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