L'Unità - anno VIII - n.48 - 27 novembre 1919

, che come tutte le Camere precedenti ha anche il potere di modificare lo Sta tute. ln verità, chi chiede la Costituente non ha il coraggio di dire che vuole la repubblica: chiede la Costituente, perchè spera ohe una Costituente proclami la repubblica. Il problema reale, che si deve discutere, non è dunque se convenga o no convocare • La terra a1 Una d~lle ripercussioni, che la rivoluzione russa ha avuto nei paesi occidentali d'Euro– pa, in Italia sopratutto, è quella di aver riac– -cesa e resa p'.ù viva la disputa circa la desti– nazione economico-sociale del latifondo e delle cosidette terre incolte. A mano a mano che dall'ex impero mo– scovita ~iungevano notizie più o meno parti– colareggiate e veritiere intorno alla grande ri\'Oluzione che strappava all'aristocrazia ter– riera il potere politico, divideva la proprietà a furia di popolo. manometteva Castelli, ville, palazzi, la stampa e i partiti conservatori si limitavano, fra noi; quasi esclusivamente a dipingere con le tinte più fosche gli eccessi e i danni immediati del movimento rivoluzio– rario; viceversa la stampa socialista, notando CQme pure in mezzo agli inevitabili eccessi, comuni del resto alle rivoluzioni di tutti i tempi e di tutti i paesi, una secolare aspira– zione del proletariato russo si compiva, l'acqui– sto defla terra, lanciava anche fra noi il grido della « terra ai contadini». In un paese, come il nostro, di gente im– J)rovvisatrice e di difettosa educazione econo– ,mica, la formula « la terra ai contadini >> ha ottenuto un grande successo. Ne son ve– nuti fuori scritti, opuscoli, proposte, comizi, congressi, ordini del giorno ; si è data la via a progetti di legge d'iniziativa parlamentare e a decreti legge. Nella formula semplicista, piena di misteriose lusinghe, ognuno ha cre– duto di ritrovare ciò che ha voluto: dalla to– tale soCializzazione del suolo, al suo contrario, cioè alla I i partizione della terra fra i coltiva– tori, è tutta una gamma di interpretazioni molteplici, ognuna delle quali è conforme agli .scopi e alle tendenze di chi parla o scrive. Le statizzazioni. I più audaCl propongono subito la nazioM nalizzazione del suolo. « La requisizione delle terre incolte del Re– gno e la distribuzione ai disoccupati e alle popolazioni che le richiedono>> è, fin dalJlagp– -sto 1916 il programma, che al Governo pro– pone la Confederazione del lavoro ; la •quale Scopre che in Italia vi sono b.079.800 ettari -di pascoli e prati stabili, e 1.035.000 ettari completamente infruttiferi, mentre si avvera annualm~nte una larga disoccupazione e una continua emigrazione. Dividendo queste terre ai disoccupati potrà risorgere la ricchezza della « Saturnia tellus parens frugum », potrà ri– solversi il problema che « si trascina di gene– razione in generazione per neghittosità di classi borghesi e pitoccheria di governi ». I socialisti riformisti non vogliono essere scavalcati dai socialisti ufficiali; e l'on. Drago, nel congresso riformista dell'aprile 1917, pro– pose, plaudente il ministro Berenini, che i la– tifondi formino le /erre sociali da affidare alle comunità. costituite in ogni distretto agrario, perchè le coltivino sotto nonne e con mezzi -determinati (La /erra sociale, Roma, 1917): norme e mezzi, che l'on. Drago si dimentica del tutto di determinare, quasi che non di– penda esclusivamente da esse la serietà o la scempiaggine di qualunque sistema. Jl Congresso riformista dà l'aire alla con– correnza fra i progettisti, socialisti, clericali, monarchici, senatori, deputati. Per il sequestro di tutti i latifondi, che, incamerati a vantaggio dello Stato verso una pensione vitalizia agli antichi proprietari, deb– bono essere coltivati da Cooperative e da eoti collettivi, è decisamente S. Laureti, per il quale il latifondo rappresenta << la più mici– diale manifestazione del diritto di proprietà qual'esso è stato inteso finora » (Il lallfo11do ,colro,use e la guerra attuai,, Milano, Soc. ed. «Avanti», 1917). Rusli'cu.s(Lo. /erra ,mmopolio di Staio?, Mi– lano, 1917) propugna in.vece la nazionalizza– zione delle terre, dei fabbricati, e delle scorte L'UNITA una Costituente, ma se sarebbe, in questo mo– mento1, utile al paese che la Camera attuale, che può quando vuole modificare lo Statuto, lo modifichi anche in quelle parti, che tendono a perpetuare la monarchia, e proclami la re– pubblica. Noi, ora come ora, rispondiamo negativa- mente alla domanda. L1 UNITÀ. contadini vive e morte - da ripartirsi poi in uf:ufrutto se~ondo tassativi criteri - previo indennizzo ragguagliato ai semplici redditi imponibili, lie– vemente aumentati in qualche caso, e pagato in cartelle di un « prestito di riscatto>. I promotori di una riunione tenuta a Bari sui primi del febbraio 1918 (Giornale d'ltalio, 4 febbraio 1918), propongono che la nazioM nalizzazione del suolo e del sottosuolo si ri– solva in un'immediata presa di possesso da parte dei poteri statali, ovvero sia attuata gradatamente nell'avvenire, mercè altissime quote della tassa di successione. Liborio Granone propone alla Commùsio– nissima del dopo-guerra d~e sia senz'altro vie– tato a qualunque famiglia di posiedere più di 100 ettari, e si formi, con le eccedenze inca– merate, un vasto demanio nazionale da affidarsi alle cooperative. Le quali entrano in dibattito per mezzo del loro organo federale (C(J{)perazi'onc italiana, I I ottobre 1918) invocando la crea– zione di un ente nazionale dei beni collet– tivi, destinato a raccogliere « coi beni rurali pubbliCi e socializzati gli immobili, gli stabi– limenti, gli impianti industriali, i grandi mezzi di trasporto m4rittimi e terrestri », per sot– trarli con l'inalienabilità definitiva a qualsiasi ritorno di appropriazione particolare di gruppi organizzati non m~no che di persone. Alberto Geremicca (Per l'avvenire della vila economica ilalia11a, Napoli, 1918) propone un grall.dç : istiluto agrario nazionale, da formarsi con i contributi di tutti i proprietari e coloni (100 lire per ettaro) ed investito del diritto di espropriare le terre pubbliche e private mal coltivate. onde cederle alle università agrarie 1 o convertirle in poderi-modello eserciti diret– tamente. G. P. Valente (Emigmzùme e l~voro, 1918, n. 3, e Corriere d'Italia, I I febbraio 1918) immagina un istituto colonizzatore, « grandioso organismo tecnico-finanziario, inSieme forte ed agile, dotato di energia e di volontà, discen– trato nella esecuzione, capace di imprimere, in fatto di bonifiche e di colonizzazione, al pesante meccanismo della vita e dell'evolu– zione agraria d'Italia _il ritmo del mille per cento di rapidità, sicchè quello che si sarebbe altiimenti prodotto in dieci anni si pro.duca in uno, e quello che in cento, in dieci ». Compito di detto istituto sarebbe: coltivare i pascoli permanenti e le terre incolte produttive, che giungono, nella fantasia dell'autore, alla mira• bolante cifra di 7.400.000 ettari; spezzare i i~olti latifondi complicati da metodi patriar– cali di cultura e da assenteismo abitudinario e i due milioni di terre da bonificare, e cedere tutto ciò ai coltivatori italiani in ragione di 10 ettari ciaSClln0. Ma, al solito, nulla sap– piamo della organizzazione interna dell'orga– nismo grandiQsO. Più moderati consigli. Altri si sfon-ano di essere meno Iadicali. Così l'Associazione monarchica liberale di Napoli, immaginando « tutto un nuovo dise– gno politico ed economico ». si a~gura la costituzione d' un grande Demanio nazionale, « formato dalle terre dello Stato· e degli enti pubblici e di quelle incolte o mal coltivate da espropriare, mediante indennizzo, ai privati, e da dare in affitto o cedere alla collettività od alle persone direttamente colti\·atrici >. Un anonimo scrittore della Stampa di To– rino (9 luglio e 15 agosto 1918) propone la costituzione di un « grande demanio agrario nazionale >>, formato da terre incolte, demani, latifondi da distribuire in utenza 1 per u~ pc• riodo indefinito, alle famiglie più povere, costiM tuite in consornio, amministrate da un consiglio direttivo, sotto la guida di un direttore tl!cnico diplomalo,- i Comuni, le Provincie, lo Stato do• vrebbero avere il monopolio .di acquisto delle derrate prodotte da tale demanio. L'ex pre– fetto Scelsi (li credilo az· laV<111ator1~ pagine 14. 39 e segg.) riscatterebbe a prezzo di estimo le proprietà comunali e le private mal produttive per affidarle ai lavoratori, isolati o a gruppi, preferendo i combattenti, sotto la direzione di un Commissario provindale assistito da nume– rosa giunta tecnica. Il gruppo parlamentare socialista presenta alla Camera nella s~duta del 29 novembre 1918 !a costituzione d'un pruno nucleo .di demanio collettivo con le proprietà degli enti pubblici e delle opere pie, e l'espropriazione delle terre mal coltivate o incolte, come avviamento alla socializzazione della terra. L'..:,n.De Ambris,esponendo (Popolod'Italia ro giugno 1919) tutto un vasto piano di espro– priazione parziale della << ricchezza già realiz– zata, improduttiva o che per produrre non esige speciali attività del possessore », vorreb– be che le terre da espropriare siano concesse in enfiteusi perpetua ad associazioni o a fa– miglie di contadini, con l'obbligo di un ca– none annuo, indennizzando i proprietari con un titolo nazionale corrispondente al valore catastale della terra prima della guerra, su cui la nazione pagherà un interesse massimo del 5 per cento. Renato Zavattaro, nel Congresso dei com– battenti tenuto all'Augusteo nel luglio 1919, vuole la ricostituzione della piccola proprietà come fondamento delle ricchezza nazionale, il graduale passaggio della ricchezza nelle mani degli organi di lavoro, spezzamento del lati– fondo cori la costituzione di grandi cooperative di acquisto, di produzione e di credito, e l'intervento regolatore dello Stato per finan– ziare le imprese e diffondere l'istruzione a– graria. (Giomal, d' Jtali(l, 24 giugno 1919). Progetti di legge. Non mancano progetti di legge. Primo fra essi, quello presentato al SCnato dal Pullé per I' acquh:to da parte dello Stato delle terre comunali; delle opere pie e private di reddito inferiore al 2 per cento e la loro ripartizione ai soldati in lotti di due ettari, con stanziamento di un miliardo da accordarsi in fondi d'impianto e d'esercizio. Segue un progetto dell'on. Labriola, (Roma, 20 agosto 1918), che vuol creare un demanio agri.colo con· le terre incolte mal coltivate e da bonificare e con le terre già demaniali da dividersi fra i contadini uniti fra loro mercl! vincolo asso– ciath·o e ·cooperazione obbligatoria. Un altro progetto « pro militari combattenti » cui col– laborarono deputati di ogni colore, Ciccotti, Labriola. Federzoni, Giretti, Celli, Canepa, au– torizza lo Stato e<l espopriare per causa di pubblica utilità le terre incolte da almeno un decennio a distribuirle in ragione di due ettari per persona, quando un gruppo di famiglie di 50 o· più individui domanda di riceverle in utenza, e che accorda una generica facoltà di, requisizione temporanea per la cultura, sem– pre che ciò risponda ad evidenti ragioni di bi– sogno e di utilità pubblica ed avvenga senza turbamento dcli' economia locale (art., 2 e 7, in Atti Par/amenta,·1~legisl. XX.l V, sessione 1913- ,9,;, dac. n. 932). Uno schema di legge, preparato da una commissione ministeriale (Alti dei/a Commissione per la riforma della legge sugli usi civici e su1- l'ordinamenlo dei domù,i col/r.llt"vi. Roma 1 1918), presieduta dal Senatore Mortara, vuole affidare ad una istituenda « associazione comunale di agricoltura », non solo i terreni soggetti in qualsiasi tempo a usi civici e i terreni patri– moniali dello Stato, del Comune e quelli ap– partenenti ad opere pie, ma anche i latifondi non migliorati o porzione dei medesimi; eque– ste terre, divenute inalienabili e non ipoteca– bili, dovrebbero essere amministrate dalle as– sociazioni sotto il controllo di un istituendo ispettorato delle terre pubbliche, e lasciate in uso comune ai consociati, o assegnate in mi– glioria agli utenti capi di famiglia. Persino l'on. Orlando, per disgrazia d'Italia presidente del Consiglio, rispondendo ad un professore d'universitit, suo vecchio amico per– sonale, che lo esortava « a intensificare lo stu– dio del problema ~erièionale ► facendo dalla soluzione di questo dipendere il rinnovamento d'Ìtalia, convenendo che << questione meridio– nale e questione agraria sono termini correla– tivi ~. si dichiara contro le << espropriaiioni in massa,.. che null'altro rappresenterebbero se non una semplice sostituzione di persone, 235 e vagheggia l' idea di costituire un « nuovo demanio collettivo », t:he « mediante acquisti collettivi ed esercizi individuali, congiunga i benefici della grande con quelli della pi'ccola proprietà, l'agricoltura estensiva, industrializ– zata, alla pratica intensiva, specializzata, del lavoro umano »: ,:1 sogno di Faust, insomma. Un decreto legislativo, poi, ha dedicato 300 milioni all'Opera nazionale dei combattenti per l'attuazione dell'idea della «terra ai contadini». E l'Opera nazionale va contrattando nel subur– bio romano, nel territorio del Chiese, nelle vici– nanze di Potenza, lungo il Crati e nel territorio del Campidano vasti latifondi da bonificare, che dovrebbero poi essere divisi, fra gli ex-com• battenti. E neÌI' affare cercano di entrare le cooperative sociaHste ufficiali, che sperano di trovare così aperta un'altra via per continuare nel dopo guerra, a nome dei combattenti, ciò che prima facevano sotto altre etichette. Latifondo e buroctazia. Qualunque sia il partito, quali che si'eno le proposte e i_progetti di chi par-la o scrive, tutti, ripetendo più o meno pappagallesca– mente il lamento di Plinio, son concordi nel– l'ammettere cl;e la causa dcli' odierna ro– vina economica d'Italia è il latifondo, che V ostacolo ad una maggiore produzione agra• ria è il latifondo, che l'unica via di scampo per evitare la rivoluzione sociale e rer au– ment~re la produzione nazionale è la di– struzione del latifondo, che è indegno della civiltà e del progresso del nostro secolo che perduri ancora il latifondo. Distruggiamo il latifondo, e colla'. attuale massa di contadini miserabili, asserviti e oberati di debiti, cree– remo migliaia di intelligenti proprietari, inte– ressati alla maggior produZione della quota a loro toccatd, resi indipendenti dai loro anti- - chi padroni per la nuova acquistata agiatezza. Cosi creeremo veramente il benessere d'Italia. E tutti mirano a sott~arre l'amministrazione della terra agli interessati, per affidarla, media– tamente o immediatamente, all'arbitrio di fun– zionari disciplinatori. « Ispettori delle terre « pubbliche, » - osserva G. Prato, La terra ai contadini o la terra agi' iinpiegali_:,, Mi– lano, Treves, 1919, pagi[la 74 - « com– « miss~ri e dirigenti tecnici delle associa– « zioni singole, appro~ati o nominati dal mini– « stro, della relazione Mortara; agenti rurali di • Stato, di Rusticus ,- regolatori delle comunità « agrarie, dell'on. Drago; determinato~i delle « terre espropriande per reddito insufficiente, « del senatore Pullé; funzionari registratori << e ripartitori, del progetto « pro combat– « tenti » ; membri delle giunte provinciali « tecniche, dell'ex prefetto Scelsi; commis– « sari regionali d'agricoltura e membri degli « istituti agricoli sperimentali, di Liborio Gra– « none; amministratori dell'Istituto nazionale « dei beni collettivi, della federazione coope– « rativa; rappresentanti degli enti provinciali « e disciplinatori della produzione, dell'unione << socialista >>, e - aggiungiamo noi - ammini– stratori dell'istituto colonizzatore, del Valente; direttori di consorzi, dell'anonimo scrittore della StamJ:a; sono, in fondo, « tuui una famiglia sola, << dotata di poteri e rivestita di qualità e di « attributi sostanzialmente identici ad un egual « grado di fede nell'onniscienza mira.colosa e « nell' efficienza operatrice, arcanamente con– « ferita all'individuo, dalla mistica ordinazione « burocratica ». E si che, durante la guerra, tutti abbiam potuto toccare con mano di quali tristi spro– positi sia cap<1ce la burocrazia sopratutto quando si occupa di questioni agricole! Le invasioni. Tanto discutere di « terra ai contadini »– doveva avere i suoi effetti reali. E le masse dei contadini, hanno già comipciato a risolvere per conto loro il problema, invadendo in pa– recchi luoghi le terre e coltivandole senza aspet– 'tare la legge di nessuno. Dal Lazio, dove fin dal 1916 s'ebbero epi– sodi di questo genere, l'esempio si è esteso ad altre regioni, ed il Governo, con un decreto del 4 settembre 1919, ha autorizzato prefetti a le– galizza~e. caso·per caso, il fatto compiuto, ri– conoscendo per due anni il possesso acquisito, ove concorrano ragioni di maggiore produt– tività o di bisogno delle popolazioni locali; con un altro decreto (.2 settembre 1919) ha

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