L'Unità - anno VIII - n.26 - 28 giugno 1919

L'UNITA Scuole del Governo e scuole della Nazione In una breve discussione privata Guido Mon– dolfo mi annunziava l'articolo dell'Unità come quello che doveva chiarirmi la legittimità del suo atteggiamento a Pisa, contro la proposta della riduzione delle scuole sfatali. Vho letto. Penso come prima. An:d il Mondolfo mi ha convinto sempre più ... di quel che pensavo. Dice il Mandolfo : 1. Teorie a parte, i fatti attestano che c'è una generale tendenza ad accrescere le attri· buzioni dei pubblici poteri nelle funzioni della vita pubblica nazionale. Perchè fer– marsi in questo tentati\'O, ch'è così generale e spontaneo in tutti i paesi, proprio per ciò che riguarda la scuola ? 2. Non bisogna esagerare il disservizio scolastico. Qualche cosa di buono s'è fatto. È stata deficiente l'applicazione. Deficienza' di governanti, di burocrazie, di citta<lini. 3. La legge non vieta te scuole private; ma l'iniziativa privata fa cattiva prova anche essa. L'iniziativa privata crea solo le istitu– zioni scolastiche ulililari'e. Senza il dissidio dello Stato non sorgono per opera privata scuole d'indole superiore, speculativa. Questo non vuol dire che si debbano vietare le ini– ziative ri!pondenti a bisogni locali. Ma niew.te deleghe dei poteri dello Stato. Le iniziative private devono imporsi da sè, per proprio vi– gore. Non si possono creare artificiosamente colle rinunzie dello Stato. Lavori chi vuole; c'é posto per tutti. Credo che il riassunto sia fedele, e rispondo punto per punto. . .. Mandolfo confonde Staio e Govtmo accm– lralo. Ora i Governi sono espressio1;e della vita dello Stato; e devono non solo guidare il paese, ma anche user guidali dal paese. In fatto di ~ducazione, debbono indirizzare l'atti– vità nazionale, con scuole che simo scuole 1 e cioè le migliori che essi possono fare per ubbidire all'ideale della cultura e della for– mazione morale della gioventù che è vivo nella coscienza nazionale ; ma i governi deb-– bono allresì vùlarsi, per rispetto al paese che li investe del potere educativo, di sottrarre forza alla libera iniziativa degli altri enti pub– blici minori e de~li stessi privati, adescando la popolazione scolastica con facilitazioni in– degne e direi quasi simoniache ; debbono non Jmere neanche ,ma scuola di più oltre quelle che possonotenerecon decoro,. debbono a ·ce/laree desi– derare la concorrenza (rendendola si difficile e sorvegliando che sia normale e onesta) come un utile campo di esperienze differenziatrici della attività educativa del citta(\ini. La più gelosa idea dello Stato non resta punto ferita da questa dualità di forze edu– cative, che è poi una perenne trasfusione dl sangue fra le iniziative del governo e le altre; nè, d'altra parte, sono div,rsi dallo Stato per ,opacità giun'dica nel campo educativo, anzi sono veri e propri organi dello Stato, i Comuni, le Provincie ecc., cui si potrebbe attribuire fa. coltà d'iniziare scuole medie, chiedendo solo certi risultati, ma non imponendo i metodi per raggiùngerli. Nè i privati stessi sono fuori dello Stato, se è vero - come è verissimo - che i citta– dini, esercitando la loro opera educativa, de– terminano non solo con proposte, ma con esperienze ed esempii, nuovi indirizzi, ai quali lo Stato potrà, se valgono, dare aiuto o che lo Stato potrà a sua volta seguire. TutTE LE JSJZlATIVE STATALI ERA,.~O, PRJ.\lA DI ESSERE STATALI, INIZIATIVE DI SINGOLI O DI GRUPPI. Lo Stato non crea e.:i· nihilo, ma prende dai suoi cittadini idee ed opere nuove. Che il male della scuola attuale sia stato da noi esageralo, non so come il Mandolfo possa dirlo. Non solo è ad una voce ricono– ciu to da molti valentuomini di diversissima mentalità 1 ma è nel fatto grandiss,it,o, e non solo per cagione della guerra. Vorrei leggere una statistica sin_kera degli scioperi scolasltC1~ per dir solo di un segno di turbamento morale della scuola ! A documentarlo, in concreto, attendiamo ora, con una libera inchiesta nazionale, che dai galantuomini come il Mandolfo, sarà giudi- cata con serenità e accettata come doloroso ma doveroso atto di sincerità. Nulla potrà impedirla. . .. Quel che nego 1 con tulle le forze dell'ani– mo mio, è che le iniziative :_.,rivaleeducative disù,teressale manchino oggi in Italia. Fra l'al– tro, il Mandolfo vive a Milano, e vede dav– vicino molte buone opere educative, e dà ad esse un contributo intelligente e convinto. li Mondolfo nega che, « senza il sussidio dello Stato», possa esistere nelle nostre grnndi città, ad esempio, una scuola di filosofiao di matematica pura. E proprio sceglie male i suoi esempii, perchè fra le inir.iative più rigo– rosamente affermatesi ci sono precisamente il o·rcol' 111alema11Co di Palermo (organo di studii e di ricerche e di coordinazione scientifica nel campo delle matematiche, quale nessuna facoltà matematica) e le Biblioteche jisolofiche (che sono pure sede ùi sistematici con,i di lezioni e discussioni) di Firenze e di Palermo. Nè si dica che non sono « scuola», perchè nel campo degli studi superiori non saprei che cosa voglia dire una scuola, se non un centro di coordinazione di studii e di eccita– mento alla ricerca. Potrei rispondere ancora al Mandolfo che nessun grande tesoro librario e nessuna impor– tante raccolta di opere d'arte si sono mai formate, se non come prosecuzione di una ini– ziativa non governativa; che le più Regie e governative accademie hanno origine non sta– tale; che gli istituti superiori dello Stato più attivi e fecondi debbono la loro efficienza quasi più agli enti e ai consorzi locali e re– gionali che non al governo; che dove non c'è altro che la spesa governativa, le Università sono p'.ù sterili; che i grnndi meu,~ in ogni cam– po di innovazione scientifica, sono frutto di slanci disinteressati o di imprese editoriali, che sanno sfruttare entusiasmi e apostolati e assecondare le tendenze scientifiche nuove. Nessuna Università ha fondi capaci di alimentare una vasta opera di collaborazione scientifica; e i periodici scientifici sarebbero ben misera cosa, se facessero assegnamento sull'impulso stat:.ile. li Giornale storico del.'a lelleralura italiafla, il Dullellù10 della Società dantesca l'Archivio glollolog,Co dell'Ascoli, gli Sludl stori(i del Crivellucci, etc. e•c. (per ci– tare solo alcune imprese di carattere 1mive1·– silar1"o) sono dell'iniziativa privata; i grandi repertorii bibliografici, le grandi pubblicazioni an.heologiche, gli Archivi storici regionali etc., etc. non debbono quasi nulla, o solo sussidi, alla 1.-finerva. E quindi ingiusto affermare che l'iniziativa privata « seppe far vivere e creare solo quelle << scuole, che r'.spondevano ad una concezione « utilitaria e trovavano applicazione immediata « alle condizioni ambienti della vita materiale». Bisogna sostituire alla parola «scuola» le pa– role « istituzioni di cultura » per sentirne la profonda ingiustizia. . .. Scuole vere e proprie l'inizi<ttiva privata• non poteva creame, perchè lo Stato ne fon– dava nel campo degli studi superiori e mcdii pùì del 11ecessa11"o, e l'attrattiva del bollo statale requisiva tutta la scolaresca possibile. Ma l'i– niziativa privata ha fatto meglio du scuole, a integrazione e a correzione delle scuole supe– riori e medie I Perfino per essere informati di ciò che si fa nelle università italiane (corsi, tesi, esperienze nuove etc.) bisogna ricorrere ai privati, perchè il l\linistero della P. l. non ha neanche una Rivista della pubblica istm– l1"one l Io affermo dunque che se ci fossero delle scuole governative falle sul serio, cd in numero non superiore a quello che consentono i mezzi di cui lo Stato crede di poter disporre perchè sicno al possibile per/elle (per il personale, le dotazioni, i locali, l'ampiezza e sincerità dello studio, l'autarchia didattica); se questo si fa– cesse con completa s 1 ncerità, in Ita 1 ia, OGGI, potrebbero sorgere in concorrenza colle scuole dello Stato scuole laiche molto buone, capaci di innovazioni tali da costringere col loro esempio le scuole dello Stato ... a farsi ancora migliori. Ma confesso che non è solo la speranza di questo lievito non governativo, di buona qualità, che mi rende favorevole in massima alla relazione Codignola: soprallullo voglio eh, le scuole dello Staio non simo una fin:ùme. Sfol– lare, sfollare, sfollare. Non vedo altra via. Simo scuole di scolari degm: /mule con digmtà. Curioso poi: voi negate allo Stato la capa– cità rii' vi'gilare, perchè le scuole non sue sieno degne; e gli attribuite la capaci'là di creare in regime di monopolio! Chiamate corrotta e incapace di operare bene la massa che fruisce delle scuole e la classe dirigente che dovrebbe difenderle dall'assalto degli sfrutta– tori dei titoli i quali vi fanno ressa; e poi vi affannate a togliere (Moro) la possibilità di ogni concorrenza, o attri uite (Mondolfo) l'utilitarismo alle libere iniziative in confronto dell'ùleal/J'mo ... del Go\·crno, nel quale tutti gH otilitarismi si sono organizzati fino ad oggi! - .: Faremo la rivoluzione» - Fate pure: intanto la rivolu:.ione scolastica nostra è su questa direttiva: far bme le scuole e ltuciare che chùmq,u sappia farle bene, ci si provi anche lui 1 ti, c011corrt1tza col Governo, il quale ha sem~ pre la possibilità di fondare nuove scuole e di vincere la concorrenza, a misura che lo può fare, senza abbassare la tradizione scola- stica. . .. Questo per le scuole di cultura superiore. Per le scuole tecniche (o popolari di secondo grado) credo che neanche il Codignola ne voglia la diminuzione. Quelle rappresentano un ,mi,imo diritto del ci/ladino e vanno considerate parte integrante, nella politica scolastica dei nuovi .tempi, dell'obbligo scolastico. Bisognerà solo trasformare le tecniche (o pseudotecniche) in scuole popolari superiori vere e proprie. Le scuole medie, in\'ece, debbono essere scuole di elelli. Col denaro di tutti si paghe– ranno gli studii mcdii superiori ai gùmani rheme– ritano di piri (perciò rigore estremo nelle am– missioni, perciò anche ammissione per concorso, perciò sfollamento degli inetti o degli ospiti che non cercano cultura ma diploma per gli impieghi). Che cosa c'è in questo di antidemo– cratico? Col denaro di tutti si deve anche provvedere a un miTl,;no per lulli (e perciò alle scuole postelementari, risolvendo in esse le tecniche), badando a non dimenticare i comuni che nonchè le post-elementari non hanno an– cora neanche le elementari e gli asili di in– fanzia! Ma anche qui l'iniziativa pri\•ata con– corrente non va disprezzata: NON È DISPREZ– ZABILE. Vorrei domandare al Mondolfo: di chi era– no le scuole /etniche prima d'essere g()Vernalive? Nel 1874, di fronte a 63 scuole tecniche go– vernative (vedi Boflelli110 ufficiale 1874 1 pag. 358), ce ne erano 192 comunali e provinciali (ibid. pag. 649). Le governative avevano 6498 alunni, le altre 1079é>. Le Puglie non aveva• no neanche una scuola tecnica regia, mentre si erano provviste, da sè, di 22 scuole tecni– che.. Chi oserà dunque dire che è so~o il go• verno capace di fondare tal genere di scuole? AnJavano male, e le prese lo Stato? E ora, \'anno bene quelle dello Stato? E chi mi dice che le scuole tecniche del comune di Milano, ad es., vanno peggio che quelle dello Stato? !;ta non insisto: in questo campo lo Stato può e deve moltiplicare le fondazioni scola– stiche, scindendo le pletoriche scuole tecniche attuali, vere Q bolgie scolastiche ». • .. Vorrei poi domandare al Mondolfo se, do– ve lo Stato non fii affatto il suo dovere e dove è possibile una reale concorrenza educativa, cioè nel campo della cultura elementare ed infantile, l'iniziativa privata laica sia mancata o sia per mancare, o abbia carattere utilitario. Non v'è tentativo serio di avvivare la cul– tura dell 'infam.ia che sia del governo. Chi ha fatto le prime ctue del bambù,o? Da chi furono e sono fondati i giardini d'ù1/anzia? Chi creò le scuole del 'Agro Romano? Chi pro– mosse le scuole!ambulanti nelle montagne del• l'Abruzzo? Di chi sono le opere educative del Teslacdo a Roma? Chi ha iniziati le Colonie dt 139 vacanza? Chi va, qua e là, riformando il me– todo dcli' istruzione infantile (la Ghisolfa, la /lfonlesca, la scuola di Brizio Casciola, etc. etc.)? Chi ha creato le laiche e libere lscuole di ml/uro /opolare (C,mo: il modello)? E e l/11nJersilà popolari da chi furono Iniziate? lebiblioteclu popolari da chi hanno avuto impulso? Enti minori e privati; privati ed enti minori: il governo no. Per abbondanza, anche in ciò che riguarda la cultura popolare, giova ricordare una ini– ziativa che non è propriamente nè scuola nè opera integrativa della scuola, ma che dimo– stra la ,apaci!d educali'va dei privati, in con– fronto con quella del Governo: il Touriflg Club Itali'ano. Chi, se non esso, ha provveduto a diffondere la conoscenza del paese, a far ama– re davvero l'It.11ia, a educare allo sport intel– ligente? Nessuna scuola secondaria, nessuna ammi– nistrazione scolastica governativa ha fatto la milionesima parte, con tutte le cattedre di geografia, con tutti gli esami di geografia, con le gite scolastiche vecchio-stile, noiose e gui– date senz'anima. Lo stesso lounS,,w scola,stico è insegnamento del T. C. I.; scuola nazionale sopra tutte le altre degne, senza essere scuola con professori e panche e scolari! I sagrestani della Massoneria (contro i quali si scaglia il Mandolfo con giusto sdegno) non sisono ancora accorti che quasi tulle, e certo ilme– glio, delle iniziative per la cultura popolare sono state e sono laiche, e non clericali e non gover– native. Dunque se temono l'avvento della tiran– nide clericale da una riduzione delle scuole medie di Stato o da un semplice sfollamento di esse, sono ciechi e sordi, che non si sono avvisti che la scuola viva è del paese e il paese non è dei preti. Hanno tanta poca fede in sè che han sempre lo spauracchio del prete! Noi, anticlericali di diverso stile, ce la ridiamo. E diciamo: 1. che non è vero che l'iniziativa, privata sia prevalentemente clericale; 2. che se fosse vera Jl impotenza degli italiani a creare, senza il governo, libere scuole, gioverebbe Il pungolo dei clericali, che fossero più capaci di creazione scolastica, a risvegliarli. Volete sopprimere la lotta? avete paura della lotta? cercate perciò l'ombrello protet– tore del governo? li Mandolfo non è di costoro, e allora sarà con noi, vinte le sue ombre teoriche. . .. Ma non ci sono solo le osservazioni difallo,– ci sono anche, caro Salvcmini, le aborrite con– siderazioni teoriche ù Staio l educatore, ho ,ma misJ1"o11e direllù1a delle foru • educali've del paese. Lo Stato è il concretarsi della volontà morale dei cittadini, è l'espressione della loro cultura e del loro ideale educativo. Perciò io voglio la scuola dello S;ato, l' esa1ue dello St.ato, e la vigilanza dello Stato sulle opere educative di chicchessia. Ma il governo è (quando è un governo) "" reali:talore 110n tm ùnx:nlore. Il governo non è lo Stato. Lo Stato sono, oltre al governo, anche i cittadini e tutte le loro associazioni che hanno "alore educativo e funzione edu– cativa. Lo Stato, che sopprime la libera gara nel campo dcli' educazione, sopprime il citta– dino per il governo. Sarà lo Stato clericale, sarà lo Stato massonico; non è il nostro Stato. E vorrei dire che il Codignola ha « attaccato » le sue proposte concrete alla stessa teoria dello Stato, che Il Salvemini professa, da quel filo– sofo ch'egli è, anche quando non fa filosofia! . .. Per altro il Codignola esprimeva, a parer mio, una tmdm:a, non un programma di itn– mediata applicazione. Riduzione diceva. Ed io traduco: oggi mssu,i aumento del nu– mero delle scuole, e sfo/lamenlo degli ùulli, con tulli i possibili mezzi. Mi contenterei di umilissime riforme di questo genere: J. Nessuna licenza di scuola media è titolo di ammissione ai concorsi per gli impieghi minor.i dello Stato. Al reclutamento per gli impieghi minori (quelli per i quali oggi non si richiede una laurea) si provvede con swole penna,unli di esame, nelle quali ciascuno aspirante venga esaminato per almeno un mese di seguito, con esperimenti molteplici ·della sua cultura, soste– nuti insieme con gli altri aspiranti del suo

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