L'Unità - anno VII - n.41 - 12 ottobre 1918

cittadino dell'impero e della protezione dell'esel'– cito e della (!Òlta comune; - quando sia ricono– sciuto che l'Irlanda non è abit84a da un'unica na– zionalità, ma da dU!\ nazionalità tra di loro -diffi– denti e discordi (vedi Unità, 8 giugno 1918); - che cosa può voler dire in queste condizioni, per un inglese la dom11,ndad'indipendenza irlandese? Che. cosa direste voi del vostro vicino, se pretendesse i'iJnaner assoluto pat.lrone in casa sua, ma non volesse impegnarsi o non sapesse impegnarsi a impedire che i !ad.ti passassero per il suo appar– tamento per svaligiare il vostro, e negasse a voi il diritto di chiamar la polizia? L'Irlanda, specie la parte cattolica, a cagione della--sua ritardata evoluzione storica, è più o meno in quesla condizione: vive nel passato più che, nel presente, che ancor non comprende; vive in ·sè stessa, e non capisce i legami con la Gran Bret– tagna; le sue velleità d'indipendenza sopravvivono alle cause che le spiegano; soddisfarle. vorrebbe dire, fino a che l'Irlanda sia divisa internamente r incapace a dar garanzie" d'amicizia politica al– l'isola vicina, mettere in' pe1icolo la sicurezza e delJ!lnghiltena e dell'll'lancla. L'UNITÀ Que~to non vuol dire che l'Irlanda debba essere, tenuto. in condizione inferio1•e a- quella delle altre parti dell'Impei'o. La conseguenza della sua imma– turità non è già che essa sia priva dei diritti, dl cui le altre nazionalità del Regno già godano; ma che \'iene l'Ìts1,r'dato per tutte il godimento di una maggior autouomia. Essa è come l'alunrÌo meno intcllig.ente d'una classe che ritarda il profitto degli altri. E' come la urutà più lenta d'una flotta, che sogna i I passo delle unità più veloci. E' questa una distinzione, che sfugge a molti ri.0n solo in Italia, ma anche in Inghilterl·a: le quattro nazionalità che foi·mano la Gran Bretagna (inglese, scozzese, gallese, irlandese) sono già ora, in quanto a didtti, allo stesso livello. L'Home Rule pe1·twtte sarebbe per tutte una forma di maggiore lihertà, che già ora è da tutte egualmente goduta in forma meno adeguata. :\1a quella forma più larga non è possibile fino a quando non esistano rn tutte le nazionalità le condizioni p,sirologiche, necessarie all'eserrizio di es. a, cioè unità cE S!)i– rito politi.co tra le due nazionalità che sj dividono l'Trlanda, e tra esse e la Gran Bretagna. Ang-elo Crespi. DUE PROGRA.Ml\lII L'on. Salvatore Orlando, che sotto la veste del– !' uomo di governo non riesce a dimenticare la sua origine di costruttore navale, ha magnificato, giorni sono, in un discorso tenuto a Livorno, i progressi ~ l'avvertire dei cantieri nazionali. Na– turalmente, non ha dimenticato IJI,punta polemica contro i soliti teorici del liberismo, che per lQloro fisime antinazionali vorrebbero condannare l'I– talia anche in questo campo ad essere in eterno tributaria dell'estero. Ed ha auspicato con parole altisonanti alla famosa indipendenza economica, non solo in fatto di navigazione, ma anche di co– struzioni navali. Pochi giorni dopo, una voce ben diversa s'è fatta sentire nel nostro massimo centro marinaro, q non fu pl)r bocca cli qualche teorico, ma di gente pratica, che forse non ha mai sentito una lezio11e df economia politica. In occasione della visita in Italia dei rappre– sentanti delle .organizzazioni operaie nord-amerk cane, la « Federazione della gente di mare " ha deliberato un indirizzo, in cui « considerata la di– struzione avvenuta in questi anni di guerra di una grande parte della marina mercantile ita– liana, e la disoccupazione che ne deriva per mol– tissimi ·uomini di mare, costretti ad abbandonare il loro antico e tradizionale mesliere ", essa ri– volge una caldissima raocomandazione agli alleati americani perchè concor1·ano ad agevolare agli armatori italiani l'acquisto di navi, in modo da permettere la rapida ricostituzione· della no;,tra marina mercanlile. Nel discorso dell'on. Salvatore Orlando e nel– l'appello della gente di mare è tutto H dilemma, quasi diremmo il dramma, a c,ù va incontro la. vita economica italiana negli anni immecliata– mente successivi alla firma della p111». O si sta dalla pa1ie, della gente di mare: - e iu questo caso, si rinuncia, è vero, alla soddis!a– zione « morale » di navigare su navi poche, ma éostrttite in cantieri italiani, e •in compenso si as- , sicura lavoro ai nostri marinai, e - ciò che im– porta assai più - si assicura la vita dei nostri porti, si lascia libero sviluppo al nostro traffico internazionafe, si Jacilita l'esportazione dei pro– dotti italiani e l'importazione delle materie prime e di tutti quei IJrodolti d'oltre ma're, che alla nostra ~•ila economica dell'immediato dopo guerra sa. mono nec.essarl più rlel pane. O.si sta con !'on. S. Orlando, e con gli interessi di cui egli s'è ratto esponente: - e avremo bensl i od 8 canUerl nuovi, che fabbricheranno due navi all'anno per ciascuno a furia di premi di cost,-u– zion(l, cioè facendole pagare a ·pe30 d'o~o dai con– tribuenti; ma in compenso quegli armatori e quelle società di navigazione, che non siano legate al trust siderurgico-meccanico-navale, saranno ostll– colati in mille modi nella loro attività, non po- tranno· acquistar navi all'estero, dovranno acqul– starle in Ita)ia pagandole al doppio Il al triplo del loro valore; la bandiera estera sarà, con tutti i mezzi possibili, tenuta lontana dai nostri porli; le nostre banchine rimarranno deserte, con danno enorme dei lavoratori del mare, dell'induslrja, del commercio, e di tutta l'economia nazionale. In compenso assiste,·emo tutti gli anni ·ad una doz– zina di vari, a cui assisterà, semp.re qualche mini– stro, e per cui tuUi i giorn.aloni del trust ,;ide- 1·urgico dedicheranno la prosa delle grandi occa– sioni al « risveglio magnifico dell'economia na– zionale )>. E' vero che l'on. S. Orlando dice di 'non voler proibizioni,, ma df voler anzi la mas,slma libertà nell'acquisto e nell'importazione di navj dall'e– slcl'O. .Ma. i~ lai caso egli dovrebbe anche spie– garci come i cantieri del suo cuore riuscirebbero r,on solo a vincere la concorrenza straniera, ma a tirar avanti la vita, dato che in quasi quattro anni di guerra, in condizioni di mercnto cosi eccezio– nalmente favorevole, essi son riusciti a costruire a ricostruire (le cifre sÒno dell'on. S. Orlando) meno di 150.000 tonnellate di stazza lorda, rap– presentanti appena il 31 -per cento delle no~tre [>(lrdite totali per ~ischi di guefra e di mare. * * ...... Con questo non, vorremmo essere fraintesi. An– che noi comprendiamo che l'Italia. col suo grand~ svilui,po di coste, con la sua pos~zion!l nel Medi– terraneo, può possedere una grande !1otla mer– cantile. Anche noi saremmo fieri, se un giorno lungo tutte le nostre coste sorgessero cantieri n.u– morosi, che fornissero le navi non solo alla navi– gazione italiana, ma anche a quella dei paesi meno progrediti nel traffico marittimo. .\la il sogno di domani non deve aggravare 1n modo irreparabile i mali dell'oggi. E purtroppo la reallà dolorosa del momento è che noi siamo at– tualmente ~enza flotta mercantile, senza ferro, senza carbone, senza tutto ciò che è necessario a provvedere I apidamente nlla costruzione ex nuovo cli una grande flotta, che non costi un prezzo quat– tro o ri nquc mite maggiore dj quello a cui si potrà ottenerla sul mercato inglese o o.me ,icano. L'on. Orlando dice, e dice oenc, che un. paese non può· essere condo.nnato o. rinutl(:iare ad ogni attività industriale, sol perchè gli mancano le ma:terie prime; ma l'industria · sorge dove l'im– pulso dj organizzarla si maniresta per necessità di vita dello pOl)Olazioni, per integrnrne i traffici e rispondere ai suoi bisogni e alle sue attitudini. :\fa se non è indi!'J)ensabile .were le mate.rie prime su I posto, è almeno necessario poterle otte– nere alle condizioni meno sfavorevoli; e non è questo nel rnomooto attuale il caso cli una indu– stria delle costruzioni navali, che sor'!a in llrtlin come filinzione diretta di quei siderurgici, che hanno il 1>recisoprogramma di mantenere sempre 203 a lirnlli altissimi i prezzi del ferro e dell'acciaio. L~ volontà è ce1tan~ente la mas~imu forza pro– pul ·iva anche netlo sviluppo economico delle na– zioùi. :\la essa non può bastare, quancto·utti con– tm condizioni naturali insuperabili. L'atto di navigazione del CronweJ.I pot.è gettar le basi della ipotenza· marittima inglese, perchè 11dl'Inghiltena di quel tempo esisteva non- sola– mente la ferma volontà di vincere il monopolio olandese e di soppiantarlo, ma esistevano anche l, conditioni naturali favorevoli per lale ,lotta. Un atto cli navigazione italiano, in qu1:sto momento, farei be forse la fortuna di pochi gruppi capitalisti e di pochi parassiti della politica. e della stampa, n1a ~<.nel·-Oe anche la rovina del comme1·cio ma- rittimo nazionale. I ln avvenire, quando sarà ste.la o.ttrave1·sata la crisi di ~onabbonda.nza di no.vi , che si rivelerà appeua finita la guena. e la richiesta di navi nvrà di nuovo superalo l'offerta, quando le ma· terie prime ricominceranno ad affluire abbondanti a, no-;tri !>Otti, e l'industria delle costrnzioni na– vali si sia svincolata dall'industria 1,iclerurgfoa mollOJ>"listica. parassitaria, allora potrannQ. sor– gere munerosi i nuovi cnntiori anche in Italia, e moltiplirare la loro p.roduzion.e'"senza bisogno di premi, di· protezioni, rii proihizioni. Mo. nel momento att.ua !~ il p,rot,J~1}rt1 urgente è quello d\ agern)are il· l'isveglio di tulte le attività di p,·ocluzione e di sco.mbio. Ogni ostacolo, rra1>– posto nd esse nell'interesse di pochi. è un, atten– tntd all'economia ed alla Yita ste$sa' della nazionç. g. l P. S. - L'articolo era. scritto prima ~he l'ono– revole S. Ol'lando si dimettesse da s·,ttosegretario di Stato per _protestare contro il decreto Villa sulle costruzioni navali. QuPstc dimissioni sono un buon sintomo; e auguriamo che l'on. Villa abbia l'enPrgia per persi~tere nella sua strada. l'u. CENSURA l'dl!t;•}---..511ilL§,'IA:~ ,., 1.,; o· lill!t;;titifdUJ,l;,f}f,:Uì'fl t~•!?tB~

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