L'Unità - anno IV - n.8 - 19 febbraio 1915

630 conflitti, ma in un primo tempo sarà su– perata. l}na eventual ità identica a quella che generò la seconda guerra brtlcanica, non è nemmeno da immaginar si possa avveni re tra le potenze della Triplic e Int esa. Ora qui appunto sta tutto il m,1,lc,o il germe del male avven ire per il nostro paese. A noi poco o punto gioverebbe che l' In – ghilterra, dandosi l'occasione, si mettesse al nostro fianco, quando già per 1' acquisito diritto il regime mediterraneo fosse mutato a tutto nostro dann o. In politica e massi– mamente in politica internazion ale fa d'uopo prevedere e provvedere, poichè la . repres– sione costa.. una guerra . Insomma, se 1a Turchia cesserà di esistere, o buona parte del suo terriroti o sarà la pred:i dei vincitori, che cosa in corrispettivo S!)et– terà a noi per questo fatto e per il nostro ~oncorso, ctffinch(· la nostra potenza \ non sia diminu ita o danneggiata dall' accrescimento dell'a ltrui potenza ? Qui sarebbe vano in– vocare i supremi ideali di . etica internazio– na le contro di noi, dal momento che le ~Jrre potenze non vogliono seguire unn re– gola di perfetto disinteresse . Quale è, dunque, il pensiero della Triplice Intesa in riguardo ,tg)i interes si mediterranei ita lian i nel caso di una •partecipazione del- 1' Ita lia al conflitto ? Naturalm ente ci man– cano gli element i positivi per una disamina concreta : non di meno piccoli fatti accaduti posson6 aiutarci a comprendere qua le è lo !-pirito che anima i componenti della Tri– plice Intesa in rapporto ai nostri interess i. Dopo rhe scoppiò la guerra - tutt i san– no - ogni gruppo di belligerant i per otte– nere la nostra cooperaz ione armata aveva qualche cosa da offrirci, si intende , della pelle dell'orso. Ma la più ingenua offerta fu, fatta dal signor Delcassé, proprio alla vigilia di essere assunto al ministero degli ester i del suo paese. L' Ita lia - egli disse - partec ipando al conflitto avrebbe potuto ottenere .... Tremo, Trieste, o giù di lì ; e basta (1), La stampa russa -;- natura lmente ispirar .a in alto loco - promi se che Trieste non sarebbe stata contestata al possesso dell'Italia, alla condizione che questa scen– desse subi to in . campo in ainto degli Al– leati . Una parre della stampa inglese, e non 1?, meno influente, aveva iniziata frattanto una campagna a favore delle pretese serbe sull'Adriat ico, e tanto andò innanzi che il Titttes fu sconfessato ufficialmente dal go– verno inglese. Richiam i, lusinghe e mi– nacce sui fogli della Trip lice Inte sa varia– rono secondo le vicende della guerra. Oggi la guerra stagna, è una vera tisi mi– li rare, e - quel che è più notevole - in una situaz ione milita re che non è sfavorevo le al blocco tedesco-ungar ico; il quale, anzi, si può pe'r'mcttere il lusso di allarga re su di un'altra fronte la guerra . I fra ncesi ormai sono persuasi che se non si farà uno sforzo potente, sarà difficile svellere i tedeschi radi– cat i in Franci a. Ad aggrava re la situazione · militare qualche segno di stanchezza si rivela in Russia, e le diffiColtà finanziarie crescono di giorno in giorno. Da qui l'idea di una cooper azione giapponese sostenuta in Francia - e pare che trattati ve siano in corso a questo proposito con l' impero del Sol Levante, non cqnsenziente però l' In– ghilterr a - da pagare, si intende, con un corrispet tivo. Ora fa senso che mentre si vuol ricorrer e ali' aiuto - costos issimo e scarso in ogni modo (500.000 uomini) - del lontano Giappone, non si riesca a tro– vare la via per soddisfar e i legitt imi inte – ressi dell' Itali a, onde affrettare il suo in– tervento. Anzi e' è qualche cosa di più e di peg– gio: si cerca dalla stampa russa di svalu– tare la discesa in campo dell' It alia e della Rumenia. Ma - cosa strana ! - neUo stesso tempo in Francia Clemenccau e Pi– chon cercano di deprecare un simile evento (limitazione cioè dell'occupazione dei ri– spet tivi territori in possesso dcli' Austria), ma fanno appello ai grand i ideali morali e.... non vanno più oltre nel campo degli int eressi concre ti. (1) Il Delcnssé offriva anche l'.t\Jbania. (N, d. D.) ~ 'UNITÀ Non basta : è risaputo da tutti e confer– mato ormai dall'azione appar iscente di que -" sti ultimi giorni, che l' Italia desidera - per \ un. atto di previdente ed encomiabile poli– tica - ricostituire un'intesa f;a gli Stati Balcanici, sia in vista dell' attua le confla– graz ione, sia per raggiungere un assetto po– litico della penisola balcanica più consono alla situazione emica ed all'equilibrio di forze dei diver si Stati balcanic i. Pare che a qualche cosa di buono si giungerà : per intant o non può sfuggire ad alcuno c"he il centro della politica dei Balcan i si è spostato decisamente verso Roma. E pure - mal– grado che in ultima ana lisi financo la neu– tra lità balcanica giovi alla Tripli ce Inte s:i, e più le gioverebbe una ricostituit a Lega balcan ica, che certamente scenderebbe in i campo a favore degli Alleati - non sqi;u)r' mancat i gli ostacoli palesi cd occulti, di– retti cd indiretti, per far fallire il disegno · dell' Italia. Taccio gli ingiustifi cati allarm ii della stampa russa e la sintomatica in– tervista di Sozanof, accorda ta al Cor– riere della Sera; ma è a tutti ;1oto che la Grecia è l' unico Stato dei Balcani, che si opponga alla legittima revisione del trat– tato di Bucarest. Ora è ovvio che dare i mezzi aÙa Grecia per ·poter ricostituire le sue forze militari, significa renderl a più che mai ostinata ad oppors i ad un' intesa tra Bulgaria e Serbia ; manc<'!ta intesa che pa– ralizza ogni azione della Rumenia a pren- _ dere parte al conflitt<;>. Ebbene la Francia, che pur prova qualche difficoltà finanzia– ria, ha trovato modo di dare una ventina di milioni alla Grecia, proprio quando si , profilava nell'orizzonte diplomatico la ne– cessità della ricostituz ione di una lega bal– canica promossa dall' Italia . Il signor Pichon che aveva , iri tasca la Tunisia per ricompensare la nost ra neutra - , lità, dovette rimangiarsi l' art icolo con la sua proposta. Ora si bad i che fra~tutti gli uomini polit ici di Francia il Pichon - per essere sta to governatore della Tunisia - è l' unic9 che sia al caso di giudicare del- , l'opport unità di dare una legitti ma soddi– sfazione all' Italia. Quale occas ione migliore di questa, per togliere di mezzo un' ama rezza e un timore giustificato dcli' It alia e nello stesso tempo creare un pegno di una desi– derata collaboraz ione franco- italiana nel Me– diterraneo? Con ciò non voglio esprimere concett i degli odia ti nazio~alisti; ma sol– tanto aprire gli occhi a chi crede che il re– golamento della questione tunis ina sia pas- , sato definitivamente agli archiv i. E del re-J sto è tutt'altro che fittizio il pericolo che i frances i st~ssi, ringa lluzziti della vittor ia, s' incaricherebbero un giorno o l' altro di incipr ignire la questione in omaggio ai loro sogni mediterrane i, o anche per semplice impu lso del loro incoercib ile temperamento. E taccio il resto delle altre questioni tr 't 1' Italia la Franc ia e l' Inghilterra, che ora dov rebbero essere regolate cd assettate in modo che la pace futura non sia nirba ta da possibi li conflitti . Non bisognerebbe, insomma, che la Tri – plice Intesa ricattas se - brutta parola ma vera - l'Ita lia, speculando su un suo su– . premo int"ressc a rico_nquistare i lembi di terra italiana in possesso del!'Austri a e su una nece~Eità d'ordine politico super iore. ,f Perciò se è neccss..1rio e fatale che npi muoviamo contro l'Austr ia, è anche neccs- . sar io che noi cerch.iamo prima di tutelar ci con presid i diplomatici, che ~ssicurino l' Ita– lia nelle future trattative di pace con– tro una ripetizione del caso del Congresso di Berlino, dove si discussero pro forma e per i gonzi i patti, che già erano stat i con– clusi anticipatamente fra alcune potenze. E I' attendere qualche altro mese giova, se non altro, ad accrescere la relati va effi– cienza ed importanza del concorso armato doli' It alia. Fran ce sco Ev oli. POSTILLA Confessiamo all'amico Evoli di 11011, saper vedere come l'Italia possa, attraverso questa guerra, conquistare una forza intrins eca ed assoluta, che le permetta, come scrive l'Evoli, di « risalire al posto di vera grande potenza, per essere pari fra i pari J>. La guerra, a cui l'Italia sembra chiamata, dt1toche non venga stornatadalleuuinovregiolittiane-, ci consentirà di assicurare bene :·l nostro confine teirestre e orien– tale,ciconsentirà di vù1eretranquilli nel!'Adria– tico, ci procurerà magari qualche nuova co– lonia e qualche zona d'influenza chi sa dove, ci darà una maggiore fiducia in noi stessi : saremo, insomma, dopo la guerra, nella mi– gliore delle ipotesi, pi1't forti di quanto fos– simo prima - a parte gli eventuali nuovi acquisti colom'ali, che a n.ostroparere rappre– smt erebbero una nuova debolezzn! - ; 111à potremmo, anche nella migliore i potesi, cre– derci dnvvero (( risaliti al posto di vera grande potenza ))' anzi di essere divenuti. a u11tratto <1 pari coi pari »? Saremmo, cioè, divenut.i ricchi come l' ln ghilt~rra e la Francia? Sa– remmo divenuti ordinati e disciplina ti come i tedeschi? Sarebbe la coltura e la morali'tà delle nostre classi dirigenti e popolari salita, per la guerra, ad un livello più alto di quello bassissimo, che ha oggi? Non facciamoci illu– sioni. Questa guerra, se ad altro non dof!.eSse servire, dovrebbe: anche nella migliore ~ ipo– tesi, convincerci una buona volta ad abbm,– donare la fisima di giocare alla grande po– tenza. Questa guerra sta riclassificando le po– tenu per un mezzo secolo almeno : in prima linea, Inghilterra e Germania; in seconda, Francia e Russia; in terza linea, Austria e Italia : l'Austria, se non va a rotoli del tutto; l'Italia, se non è condotta dai nostri neutra– listi al di sotto, non che della Serbia, della Spagna. Certo, se le cose ci and·ran bene, c-resceremo di statura morale e polùica . Jllla non esage– riamo troppo l' importanza di questa crescenza eventuale ed augurabile. Per noi non si tratta tanto di ;rescere, quanto di acquistare una indipendenza reale dal blocco austro-germa– nico e correggereuna debolezza che per mezzo secolo ci ha paralizzati. Questa visiÒne assai modesta della nostra posizione nel mondo noi non la perdiam.o neanche in que.1-tomÒmento, in •·cui affer– miamo che l'Ita lia non deve starsene 1uu– trale ad aspettare che i vincitori, quali che sieno, le dieno o non le dimo qualche boccone di pane, ma deve collaborare a c,reare una nuova situazi·one europea, in cui la relativa potenza del paese sia aim~eiztata. Nell'essere convinti di questa necessità, siamo lieti di trovarci concordi con uno studioso della se– rietà del!' Evoli. E siamo lieti di vedere che anche l' Evoli consideri la questione adria– tica come fondament,ale, in questo momento, per la nostra sicurezza. lvi.a e' è anche la questione mediterranea - scrive l' Evoli -; e dovremmo cCrcaredi avvantaggiarci anche relativamente ai problemi mediterranei. Ora - dice l'Evoli - sembra che le potenu della <friplice Int esa non vo– gliano, in caso di vittoria, garentire all' Itali'a nulla più che 'Trento e Cfriest.e; e cerchino di p_reparare,con l'aiuto per es: della Grecia, una situazione per un avvenire, più o 111&110 lonta1Jo,che sia sft1vorevoleper l' Italia.: in– somma, la Triplfr e Intesa, o per lo meno la Francia e la Russia, mentre devono pena r tanto a vincere il bloccoaustro-germanico, e mentre desidererebbero tanto che l' Italia le aiutasse a vincere, già penserebbero a creare una nuova situazione -sfavorevoleper l' ltalit1. Dio del cielo, come la vita diventa compli– cata e.... neutralista, quando ci si mette n pensare, non solo ai problemi che ci pren– dono per il collo oggi, ma anéhe · a quelli probabili tli domani, e per giunta anche, a 1 quelli possibili di doman l'alt ro ! Dato che Francia e Russia abbiano un piano così machiavellico per.... doman l' al– tro, cercheremo a. suo tempo di riparare a. questo guaio : e potremmo ripararvi con tanto maggiorefacilità, o minore difficoltà, in quanto avremo sicure le spalle per terra e mi fianco per mare. Nè vediamo' come ci si potrebbe fino da ora garentire contro queste eventualità, di cui l' Evoli si preoccupa. Oltre ad ottenere la soluzione radicale del problema adriatico - dico radicale, chè una mezza soluzio11e non meriterebbe lo sforzo di mi no~tro intcrvMto nella guerra - dovremmo te a Gino Bianco cercare di conquistare qualche altra co– lonia? Ln conquista dell' Eritrea e della Libia in che cosa hanno mt'gliorata la nostra posi– zione nel Mediterraneo? li anno ainnentato il num ero e il tonnellaggio delle nostre navi mercantili? flmm o resa più forte la nostra marina da guerra; Hamio aumentato la po– tenza fi nanziaria dcli' Italia? Hanno molti– plicato il mmiero dei nostri fuc ili e dei no– stri cannoni? E quale altra colonia farebbe questo miracolo, che l' Erùrea e la Libia non hanno fatto? Forse la <Jzmisz'.a? E perchè il regime del Jl1editerraneosarebbe mutato a nostro danno, se la Russia ottenesse finalmente uno sbocco verso l1 Egeo, e si di– videsse con Inghilterra e .J:rancia e Grecia ed altri ancora, l'A sia occidmtale e noi non ottenessimo qualcosa alla nostra volta? // orremmo ingannarci . 1Wa noi - antico– loniali.rti impenitmti - pensiamo Chel'amico Evoli, se fosse anticolonialista come noi, do– vrebbe essere preocc11-patoassai ; ment-re, es– sendo piuttosto colonialista, deve essere piut– tosto tranquillo. Sembra, ùifatti, impensabile che un inter– vento dell' I talia a fianco · della 7" r1'plfre In- . tesa contro l'Ausl'ria e la Germam·a possa avve.1 nire senza una precedente intesa anche colo– niale. In caso di vittoria della <friplice. In – tesa, vi sarebbe, à spese del!'Austria e della Turchia, pann.o pi ,i- che s,tjfidmte per con.-, quiste, sfere d' influenze, scambi di terri– torii e operazioni simili per tutti. E l' lt alfi: sarà anch' essa purt.roppo del bel mmuro una. E questo, secondonoi, è un punto nc-rodella situazione attuale. Percbè non mai conte in questo mo111e1t10 noi siamo stati convinti che in questo periodo del suo sviluppo nazio– nale, l' It alia non solo non ha bisogno di co– lonie di diretto dominio, ma dal possesso di sijfatte colonie sarebbe danneggiata e distratta da quelli che sono i compiti veri della sua vita naziouale : la riorganizzazione interna e la cura della emigrazione. -L' I talia è un paese povero di _capitali e scarso di ..capacità organizzatrici. La nostra borghesia non è riuscita in molte regioni del nostro paese nè a creare una vita economica moderna, nè ad impia ntare un ordinamento amminist rativo decente. E dove il progresso economico si è manifestato intenso, esso è dovuto i1z,. parte alla immigrazione del capi– tale e delle capacità tecniche straniere, in parte ai privilegi protezionisti le cui spese sono fatte dalle classi e dalle regioni più misere. E la scarsezza di capitale, estero e nazionale, aumenterà enormemente e si per– petuerà per parecchi anni, grazie alle distru– zioni della presente guerra. In queste condizioni, acquistando colonie di diretto dominio, il nostro paese commette lo stesso errore di un padre di fa.miglia che possieda una discreta estensione di terre mal coltivate e si·a fornùo di capitali assai limi – tati, e invece di impiegare i capitali per mi– gliorare a poco a poco la proprfrtà ed 4umen– tarne il reddito, li impieghi a comprare altre terre di più .rcarsa prod1~ttività, rimanendo così privo finanche delle anticipazioni neces- . sarie per fare le coltivazioni e pagare la tasse. Cf11tto ciò che noi abbiamo speso finora per l' Eritrea e pc; la Libia, non ha seroito ad altro che ad ·estcmtarr l' economin, di per st debole, della madre patria, e a rendere sem– pre ·più difficile e più lenta l' organizzazione in Italia. dei servizi necessari alla vita della nazione ; mentre la mancanza di capitali pri– vati e le perverse abitudini della nostra bu– rocrazia rendevano, anche nelle colonie, diffi– cile quello sviluppo economico che non sa– rebbe forse loro mancato, se fossero state am ministraie •da nazioni più ricche e più ca– paci della nost.ra . N è si dica che una nazione deve saper provvedere anche al più lontano avvenire, sa– crificandosi oggi per assicurare le colonie alle generazioni venture, che ne a.vrdnno proba-; bi/mente bisogno. E' assurdo fare la poli – t.ica estera a centinaia d' mmi di distanza. Quel che sarà l'equilibrio delle forze economi– che e politiche in Europa }ra trent' a~ni, nes~ Stmo di noi può prevedere. Quelli che oggi sono forti, domani forse saranno deboli. La

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