L'Unità - anno II - n.51 - 19 dicembre 1913

428 rio italiano, rifiutando il mio vino e il mio formag gio, che rappresaglia t mai questa, che consentirebbe a un siderur– gico italiano di darmi.. .. un altro schiaffo, costr ingendomi a pagare più caro il suo ferro ? I prot ezionist i nostrani abbiano la bontà di scendere umanam ente dalle nubi e dai lampi delle disquisizioni generali e pren– dano terra discutendo qualche qnestionc concreta in compagnia di noi, miseri igno- . rantclli mortali. I ~ Noi abbiamo,. per PS., in Italia un piccolo /ffUppo di ladro ni di altro rango, che truffano 39 milioni all' anno ai con– !-=-Umatori di zucchero grazie alla prote– zione doganale. Di grazia, quale rovina verrebbe alla f( nazione II italiana, quale disastro ver– rebbe all' agricoltura ((nazionale », se noi abolissimo o diminuissimo la protezione zuccheri era, perchè non vogliamo più la– sciarci derubare dall' on. Maraini e per– chè non crediamo al Giornale d' Italia, di cui è azionista l' on. Maraini? E per– chè per fare il comodaccio nostro contro i ladroni dello zucchero dobbiamo a– spettare che gli agrari della Crimea siano disposti a far pagar e più a buon mercato ai loro concitt adini gli agrumi della Crimea e della Sicilia ? Certo, se oltre alla diminuzione del prezzo dello zucch ero sul mercato ita– liano, da ottenersi mediante una insur– rezione italiana contro i ladroni italiani, potessimo ottenere un mag·giore buon mercato dei nostri agrumi sul mercato russo, con che ci sarcbhc da sperare un più largo smercio di questo nostro prodotto, sar ebbe questo un secondo vantaggio . che si aggiungerebbe al pri– mo. Ma perchè rintm1.iare al primo, sol perchè non possiaino consegu ire i) se– condo? Nè la diminuzion e autonoma della ta– riffa doganale, ronqu istata da noi italù1·m'. contro i protezionisti i'taliani, ci impedi– rebhe di trai.lare con altri paesi per ul– teriori reciproche riduzioni convenzionali. Wilson insegni. Egli ha dapprima ri– dotte le tariffe protezioniste degli Stati Uniti, senza chiedere nulla a nessuno in compe nso, perchè i cittadini americani non intendevano più essere scorticati dai protezion ist i americani. E dopo avere compiuto quest' atto, diciam così, di po– lizia interna, Wilson offre a tutti gli Stati di fare ancora altri ribassi alle ta– riffe già ribassate, se gli altri fanno al– tr ettanto. E probabilm ente farit uso delle tariff e differenziali per costringere i recalcitranti a cedere. Cioè dirà, per es., al \lovC'rno italiano : se YOi non di1ninuitc il dazio di import azione sulle macchine americane, io non aument erò per questo il dazio sui vostri \·ini, ma !ascerò intatto il dazio sui vostri vini e lo diminuir(> sui vini fran cesi o spagnuoli ; i miei concittadimi non pagheranno con ciò più caro il vino, ma il vostro ,·ino sarà , per questo tratta– mento d~tfere11ziale, messo in condizion e d'inferiorità di fronte ai vini dì Spagna o di Francia. · · Vi sono, in!-Omma, due tipi di tratta– tiv e dogana li : il tipo Luzzatti , ovverosia prot ezionista ; e il tipo \Vilson, ovverosia antiprot ezionista. La trattativa tipo Luzzatti ha lo scopo di.. fallire nell'int eresse dei gruppi pro– tetti. E i plenipotenziari dell'una e dell'al– tra parte sono d'accordo per non conchiu– der nulla di buono , nel farsi gli occhiac ci e nel minacciare la fine del mondo , cia– scuno ai propri concittadini in ·nome degli avversari, se i propri concittadini non si contentano delle concessioni che i ple– nipot enziari.. .. non sono riu sciti a strap– par e. Questo tipo di trattative ~ spesso precedu to da un inaspr imento della ta– riffa doganale, avvenuto da entrambe le parti che si preparano a far la commed ia delle trattati, ·e. E la base delle tratt ative è- che gli uni non J;ossono cedere nulla o quasi nulla agli aJtri, e minacciano di L'UNITÀ elevare anche più le tariffe se gli altri non stanno buoni. La trattativa tipo Wilson si propone di rius cire nrll' interesse dei consuma tori. E anche quando non è addirittura preceduta da una riduzione autonoma della tariffa generale, consiste da parte dei plenipo– tenziar i liberist i nella continua offerta di riduzioni, in cambio di altre riduzioni, con la minaccia di riduzi oni differenziali a favore ,di altri, in caso di rifi. lJ. Tutt o questo è chiaro e pulito come un mattino di primavera, pcrchè non serve a nessun int eresse siderurgico o zuccheriero o a nessun errore ideale. Il protezionismo, invece, ha bi-;ogno di lampi e nubi per trionfare attraverso la confusione delle idee e la minchion e– ria di chi si lascia impr e~sionar e da certi quaresimali pirni di formu le imperscru– tabili e di riti magici. , L'Unit à. Liberismo e protezionismo nella evoluzione agricola italiana. Dall'artico/o La logica protezionista pubbli– calo ci<lll' Ehuwdi nella Riforma sociale del dicembre, in risposta agli articoli proiezionisti pubblicali da/l' on. Colajam ,i sulla Tribuna e sulla Rivista popolare, stralciamo, col pe,messo de/J'autore, il seguente frammento, che ci sem– b,a meglio adatto ali' indole del nostro giornale. Noi spe,iamo de q11esto piccolo campione dell'intero lavoro invog/ie rd molti nostr-i letto,i a leggae gli articoli de/J' on, Colajam1i, dorn– mmto o/fremodo caratler-istico della menlalild dei protezionisti di buo,ra fede, e la risposta dell'Einaudi, mirabile esempio di argome>ita– zione diritJa e serrala e di polemica ~imtiJ,a e.... ben educata. Rispett o alr Italia agricola, I' on. Colajanni afferma che i 26 anni dcll' Italia liberista dal 1861 al 1887 sono la prova delle tristissime condizioni in cui il liberismo lasciò l' agricol– tura; mentre i 26 anni dcli' Italia protezio– nista dal 1887 al 1913 sono contrassegnati da un progresso confortante e notevolissimo. · Con buona pace sua, questo del progresso aritmetico del rcgìme liberista e del progresso geometrico del regim e protezionista è un pa– ragone che non onora da vvero la mente acuta di uno scienziato dalle severe abitudini scien– tifiche, come è l' on. Colajanni. Il suo odio al color rosso contro i liberisti gli impedisce di vedere che egli, nel fare questo parae,one, di– mentica le regole pib elementari del1i logica ~tatistica, le quali egli insegna pure Og'rii anno ai suoi studenti. I...e dimentica queste regole della comPara– zione statistica, appellandosi, non si sa per– chè, a Bastablc e a Pareto, i quali probabil– mente volevano ammonire gli studiosi con– tro i pericoli di paragonare due paesi che sono differenti sotto molti rispetti e non solo sotto il rispetto della politica doganale. Probabil– mente, altrcsl, Bastablc e Pareto, se .avessero preved uto il malo uso, che egli avrebbe fotto della comparazione tra due epoche diverse entro wro stesso paese, lo avrebbero ammo– nito che non bisogna paragonare nello stesso paese due epoche le quali differisc ono, oltre– chè per la mutata politica doganale, anche per altr e circostanze importantissime e capaci da sole a spiegare le diverse conseguenze di· fatto, che il Colajanni vuole affibbiare al protezio– nismo e al liberismo. Come è, invero , possibile un parag one fra due epoche cosl profondamente differ enti tra di loro, come furono in Italia i due periodi 186r-1887 e 1888-1912? in cui gli effetti di– versi, so ci furono, sono spiegabilissimi senza ricorrere alla testa di tur co del libero scambio come fattore di decadenza ed alla provvidenza protezionista come cagione di progresso. .Ricorderò solo alcuni fra i fattori diversi i quali rendono assurdo di attribuire la pre– tesa decadenza dcli' agricoltura italiana nel primo periodo al liberismo ed il progresso nel secondo al protezionismo ; 1° il risparmio nazionale fu nel primo pe– riodo, più vigorosa mente che nel secondo, assorbito dalle continue emissioni cli titoli del debit o pubblico ad alto tasso di inter es.tj , dalla alienazione elci beni cieli' asse ecclesiasti co e degli altri beni demaniali, dagli inasprimenti tributari succedentisi ad ogni anno, ccc., ecc. Il capitale non andò alla terra, essendo assor– bito da altri impieghi attraenti o dagli acqui– sti della terra medesima, i quali, sebbe ne la cosa sembri paradossale, sottraggono capitali all'agricoltura, invece di portargliene: 20 il primo periodo coincide nella prima parte, 186 1-jJ, con un periodo di rialzo di prezzi e nella seconda parte, dal 1873 al 1887, con un periodo di ribasso mondiale di prezzi. A qualunque causa queste variazioni di prezzi siano dovute - al rincaro dell' oro , secondo gli uni, alla concorrenza transatlantica. se– condo altri - certo esse producono l' effetto che le serie statistiche hanno 11ell' intero periodo una tendenza logica ad andare giù, perché si passa da anni di prezzi cari e crescenti ad anni di prezzi non ancora bassi ssimi. ma già ca– lanti. Che cosa ha eia fare il liber o scambio in tutto ciò, io non riesco a comprend erlo. t;: chiaro che, liberi smo e non liberismo, l' agri– coltura italiana passò duta nt e il 1861-87 da un periodo in cui i prezzi cresc·enti la incorag– giarono a progredire ad un periodo in cui i prezzi calanti scoraggiavano gli agricoltori da nuovi investimenti; 3° tutt o contrario fu il secondo periodo 1887-1913, in cui l' on. Colajanni mmagina di vedere i trionfi agricoli del protezionismo . Esso si scinde in due parti : la prima, Ja quale va dal 1887 al 1894-96, in cui continua e si accentua il ribasso già iniziato nella ultima parte del periodo precedente ; ed una seconda, dal 1896 ai di nostri, in cui si inizia e progre– disce quel grande increment o odierno dei prezzi di cui tutti favellano e discorrono. È altrcsl chiaro che in questo secondo periodo, artifi– ciosamente fatto cominciare dal 1887, le serie statistiche debbono tendere nel complesso al– i' aumento, poiché si passa da anni di prezzi calanti ad anni di prezzi crescent;, da un pe– riodo in cui gli agricoltori si astenevano da ogni nuovo investiment o capitalistico, perchè vedevano che i prezzi del grano, del vino, del bestiame andavano gil1, ad un periodo in cui il crescere continuo dei prezzi spinse ad un inopinat o fervore di vita e di audacie gli agri– coltori. Gli storici protezi onisti cd officiosi somi– gliano alla mosca cocchiera, la quale imma– ginava di trarre il carro, perché stava sulla schiena del bue. Essi immaginano che la • sa– pienza del gove rno,, nell ' istituire le « provvi– denze • mirabili dei « dazi protettori del lavoro nazionale • sia stata la causa deJla maggiore energia produttiva degli agricoltori italiani, dei condmi chimici che si comprano in mag· gior copia, dei for.maggi che a Reggio Emilia ccl a Parma si producono in quantità crescente, delle conserve di pomidoro che spargono il nome d' Italia fino nella lontana Australia . E non s' avvedono che i governanti cd i loro dazi protettori sono delle mosche cocchiere, e che il bue il quale ha tirato innanzi il carr o dcli' agricoltura itali ana ~ stato in primissimo luogo I' agricoltore italiano - che i gover – nanti apprezzano solo per la sua pazienza nel pagare imposte . cd i trivellatori per la inge nuità con cui si lascia indurre a pagare fitti alti ai proprietari di terre, e prezzi esorbitanti per gli aratri. i concimi chimici, i rimedi cu– prici, i vestiti, i materiali da costruzione, ccc. - allettato dall a speranza di prezzi meno bassi di quelli che prevalevano prima. Si illu– dono le mosche cocchiere di condurre il mondo scarabocchiando carte a Roma ed esigendo dazi alla fronti era : e non si accorgono che il mondo andrebbe assai meglio senza il fas tidio della loro presenza; e, malgrado esso, va innanzi da sé. Una sto ria pil1 esatta degli avve nimenti sue• cedutisi dal 1861 in poi dividerebb e, forse, la s'toria dcli' agricoltura italiana in tre periodi, diversi da quelli imm aginati dall' on. Colajanni. Un primo, il quale va dall'unificazione fin verso il 1880, e che non dovette essere di re- Bib ioteca Gino Bianco gresso , se in quel tcmJX> si compié la grande trasformazione agricola del Mezzogiorno, con lo sviluppo della viticoltura e della agrumi– coltura, se i fitti malgrado I' assen::a di dazi in ogni parte d' Italia erano in aumento e se si ottenevano prezzi persino eccessivi, seb– bene dopo il culmine del 1873, gi;\ leggermente calanti, per i prodot1:i agrari. T progressi forse non furo no quanto potenzialmente potevano essere , a cagione della scarsità dei risparmi nuovi e del loro assorbim en to da parte dello Stato. Ma non furon o nemmeno irrilevanti. Un secondo periodo cominc ia già verso il 188o, si accentua col 1887, dura acutissimo sin a quasi tutt o il 1898, in cui si hann o le sue più rumorose, sebbe ne tarde manifesta– zioni, finch~ colla fine del secolo ha termine. È un periodo di depressi one economica in Ita– lia, come in tutto il mondo. La grande ondata dei prezzi bassi, la quale si abbassa al livello minimo verso il 1894 -96 , era cominciata fin dal 1873, ma solo dopo il 1880 si era resa sen– sibile. Quell'ondata toccava gli agric oltori ita– liani a causa dcli' irrompere della concorrenza tran satlantica; ma tutti gli indagatori sono d'accordo coli' indicarne la causa più impor– tante, sebbene forse non unica, nella diminu– zione della produzione dell' oro e nella febbre dì smonctizzazionc dcli' argento da cu, furono colti i principali Stati del mondo, che fecero rincarire la moneta e svilire i prezzi. Fu allora che fu compiuta la grande inchie– sta agraria, la quale ebbe il color e pessimista del tempo. Ma che in realtà I' agricoltura ita– liana dal 1861 fino al 1880 avesse regredito sul serio, da quelr inchie sta non fu potuto dimostrare. Si vedeva la possibilità di ulte- . riori grandi miglioramenti, cosa ben diversa dalla constatazione effettiva di un regresso avvenuto nel passato, E che il libero scam– bio dei prodotti agrari non fosse credu ta la cagione di un regresso insisten te è dimostrato dalle conclusioni del presidente e relatore ge– nerale dcli' inchiesta, il conte ]acini, il quale si palesò contrario ali' introduzione dei dazi protettori per l'agri coltura. L' avviso con– trario di chi fu davvero l'economista agrario principe detl · Italia vale almeno il consenso ai dazi protettori di tutto un esercito di agri– coltori pratici e di cattedratici ambulanti - non tutti però, nemmeno adesso, sono con– vinti della necessità del dazio! - crèsciuti dopo, ali' ombra delle 7 ½ lire di dazio. Cio, nonostante il dazio fu aumentato via via da 0,50 a 3 e poi a 5 e poi a 7,50 perr.hè la finanza, assillata dai disava11:zi caratteri stici ~ei periodi di deprcssion<> economica, trovò comodissimo di ascoltare il gridio degli agricoltori organiz– zati, a cui il senatore Rossi da Schio faceva· eco a nome degli ind ust riali. Colajanni ha un bel dire che il dazio sul grano non fu il pretium sce/eris del patto fra agricoltura ed industria ai danni dei contribuenti; ma la verità storica è proprio quella affermata dal! ' amico Prat o e che, non si sa pcrché 1 dà ai nervi al Co: lajanni. Si può amm ettere che i bisogni della finanz~ abbiano avuto la lor parte nella formazione della tariffa ·doganale italiana: ma é certo che se i saltimbanchi della sin istra non avessero abolito il macinato, impo sta incommensura– bilmente migliore, dal punto di vista di quella che si usa chiamare • giustizia tributaria •, del dazi o sul grano, la finanza non avrebbe avuto affatto bisogno di un dazio, che pei contri– buenti é quattro volte più pesante, pur ren– dendo i due terzi ali' incirca soltanto di quanto oggi renderebbe l' odiati ssimo macinato . I bi– sogni della finanza condussero a cerc are nuove entrate ; ma il patto orrendo sancito tra fisco, agricoltori ed industriali indusse il governo a scegliere i dazi protettori quale mezzo dì pro– cacciare ali' erario nuove entrate, mentre al· tri mezzi aSsai più corretti potevano essere adottati. E, dicasi quel che si voglia, le sorti dcli' eco– nomia italiana, in quanto dipesero dalla ta – riffa doganale del 1887, volsero pessime. Io non dirò, imit an do i sofismi protezionisti, che i disastr i dcli' agricoltura ed in gcner~ di tutta l'e conomia nostra dal 1887 al 1898 siano stati dovuti soltanto alla ta riffa protettiva. Molti fattori contribuirono ali' uopo: la liqui– dazione della crisi economica scoppiata in se– guito alle pazzie cd agli errori commessi nel . '

RkJQdWJsaXNoZXIy