L'Unità - anno I - n.10 - 17 febbraio 1912

cedere alla Turchia qu.tlche punto poco impor – tante dei nostri domini nel Mar Rosso (Assab ?) o nella Somalia. Ciò che occorre ad ogni modo aver presente è che, nelle condizio ni di immobilità a cui è ridona l' Italia dalla preoccupazione bal– canica, e dato l'appoggio che la Turchia può sempre spe rare dalla Germ~tnia e dati' Austria, la Turchia non ha nessun interesse a far la pa– ce, 11 1ton a co11di::io11iacullal>ili. Disogna dare al governo turco un argomento qualunque per poter din~ ni suoi sudditi che non ha ceduto ignominosamente un territorio mussulmano. Que – sta via di dignitosa ritirata occorre darla, se· si \'UOlenon solo fare la pace, ma anche che alla guerra succeda subito una ripresa di j>er111a11e11/i buone rchu ioui fra Turchia e Italia . . La polltic:.1 ddl' !Wà. Se è vero che l'interesse /ondamt'11lale e vitale dell'Italia non sta nell 'avere Trieste, Trento, o la Tunisia, ma nell'impedire che l'Auslria chiuda la penisola balcanica occidentale al commercio italiano e metta piede o si avvicini a Vallona; se è vero che il primo numero di questo program• ma è pt-r l'Au stria l'oc cupazione di Novibaz.ar, il secondo è l'occ upazione di Salonicco, e dopo questi due momenti, deve venire necessaria– mente, o prin1a o poi, la conquista di Vallona; - se tutto questo è vero 1 ne consegue che la guerra italo-turca dovrebbe conchiudersi, se l'Italia non ha perduta la' testa,.c on una tri– plice balcanica turco-serbo-montenegrina , avente come programma la garanzia reciproca dei ter– . ritori attuali, e la rapida costruzione della fer• rovia Relgrado•Adriatico : e tutto questo con l'aiuto dell' Italia. Naturalmente, questa costituzione della Tri– plice balcanica, appoggiata dall'Italia, dovrebbe essere combinata con l'uscita dell'Italia dalla Triplic e e con l'adesione dell'Italia al sistema anglo-franco russo. Se la guerra italo-turca finirà cosl, essa segne– rà davvero il principio di una nuova benefica fase della politica internazionale italiana. Perchè noi potremmo immed iatame nte ridurre a una · ·trentina di migliaia di uomini il nostro corpo di occupazione a Tripoli, ed essere tranquilli sulla sua sorte ; e p0tremo aspettare sereni per la prossima primavera qualunq~e c~mplicazione in– tern azionale. Quetto nuovo sistema di politica internazio– nale l' Italia avrebbe potuto inaugurarlo molto piv libeNme_,_ "°" oi - impeg,wa L Tripoli . La occupazione padfica di Tripoli avreb– be potuto succedere a questo rovesciKmento di alleanze, dato che v~ramente Tripo1i avesse meritato la pena di eSSf::~e occupata, e dato che nel nuovo sistema internazionale non avessimo potuto garantire altrimenti i nostri interessi eco• nemici presunti o reali. Ma oramai .quel che e fatto t: fatto. Cerchiamo di non aggiungere errori nuovi agli errori rntich i. Ma forse il destino dell' Italia è già segnato, mentre noi sdiv iamo. Forse i pÌossimi venti– cinque anni, che potevauo e do'{evano essere per un'Italia saggia e consapevole dei sUoi· veri interessi, anni di pace con dignità e con riccheua, saranno, grazie alla intossicazione na• . zlonalista universale, anni poco lieti per la no• • t ra patria. ' G: SA~VE~INJ. . Archeologia tripolina. I due articoli pubblicati sui numeri 4 e 8 del- 1' Unilà su Erodo/o e Plinio 11a:ionalisli. e su La Cire1111icastco,,do Po,,,ponio Aie/a (t), ci hanno procurate le seguenti due interessanti co• Jtmnicazioni di • uo amico geograf~ • e di • uno studioso di storia antica •· f~ e amico geografo• ci_spie~a -co~'è .avve– nuto, che Enrico Corradlnt abbia attr!bu1to ad Erodoto il pensiero ...• esagerato : e cosi per otto mesi conli,mi quei di Cirene no11 fa,mo cJu rac– cogl~ere ., invece del pensiero esatto: ~ e I~ stagione dei raccolti occupa per otto mesi quei di Cirene •· Ero'doto e Plinio, li èorradini non ha letto Erodoto. Si è con• tedtato di leggere la Ctozrafia U11iversale del Réclus nella tntduzione pessima del Brunialti. Ivi al voi. XI, pag . 8, ha trovato queste pa· rote , che sono la traduzione italiana della tra• duii one fntncese del passo di Erodoto ( imma– einarsi, dunque, come Erodoto t stato conciato net passare da un trad\lttore a un ritraduttore della finez:u dell'on. Brunialti ! ) : .• U territorio di Cirene ha tre stagioni. Le (1) Nella MCoa4i. COIO'tH 1 tecoodo U poNrto, •I q,aeet"•t • . •lkalo cli Euuoio \' aiu • OCC07°u .et"TO~ . l•.J!CI ~ ~ ,-nl • il coniee fn ta Ncoefa • la ,.,.,. ..... •• ce_-.'•ra NI ~ri,to, • ~•IO tt.■,.10 • Il coah• "· ·~ ~, .. ~ · la -,.c,M4a aou -. · 1 ,oettl louod uruoo col &oro bc1o11 ,...O .~-r• .~11.... . L'UNITÀ e coste abbondano di frutti , dei quali i primi ar– e rivano a natural e grossezza (sir): si miete, si e \'endemmia, e appena riposto il raccolto sulle • colline i frutti sono già maturi ; indi viene la e volta Ji quelli dei luoghi più alti, in guisa che • la prima messe è consu mata, quando si sta • per cogliere l'ultim a: cosi per olio t1tesi co11- • linui quei di Cirt11e110n /anno clre raccogliere• , li Corradini, di sua iniziativa, non ha fatto che stacc are I' ultima propo sizione da ciò che precede , e render e cosl ancora pi(I enorme e più grossolano l'eq uivoco . E C\•idente, poi, che Erodoto per paese di Ci• rt11e intende non la intera Cirenaica, ma solo - come traduce bene il l\lu"toxidi - il contado di Cirene. I.a ragiqne della ,,,eravigtia dei raccolti sue• cesivi sta appunto nel fatto della estensione re– lativamente piccola del ter ritorio. Nulla di strano ci sarebbe se le raccolte av– \'enissero a qualche aentinaia di chilometri !'una dall 'altra. La singOlarità consiste appunto nel fat• to che le diverse raccolte si succedono in pic– colo spazio. Quanto, poi, alla magnifica alte razione del passo di Plinio, che è appars;1 nel Corritre dtlfa sera, e che 1 1 u ,,ifd. ha rivelata e documentata, sarà opportuno ricordare ciò che Plinio, al I. V. cap. 4 della Nat. l-JisL, dice della Tripolitania vera e non di qu~lla dell'on. Andrea Torre: « Tertius sinus [J,rtcedenteme11le aveva parlalo « di du; a /1.ri golfi, doi del/' lp/nmense t del• e /' Ulice11seJ dividitur in geminos, dunrum Syr- • tium vadoso ac reciproco mare diroS. Ad pro- • ximam [Syrlim), quae minor est, .... terra" .... « per deserta harena p erque serpe ntes e iter e s t. Excip iunt salluus rep leti feraru m cmultitudine, et introrsus elefantorum so– c litudine s mox deserta vasta•. Dunque dt'serle are11e.s,rpe11li, bestie feroci, solilNdiflfi, vasti du erl i: questa era la Tripoli– tania al tempo di Plinio. Altro che le splghe di 400 chicchi, o i cespi di 4c.,o spighe, trasportati in Cirenaica e in Tri– politan ia da Hizaciograzie alla buona volontà, per cosl dire, dell'on. Andrea Tor re! UN A)IICO GKOORAFO, Prima di lasciare Plinio, ci sia permesso di ri. produrre del riassu nto di un arli~olo di Giu– seppe Salvioli: 1riJ>olilania rranato d, Ro,11a f pubblicato nel numero I 'i gen_n~io l912 della Rivi.sia Popolaret-pai. 16 1 la notma che secondo Varronc le mig11oriterre d'Italia non rendevano più dtd 12 per uno. Dunque la notizia. data da Plinio che i campi Leontini fruttassero ti 100 per ano, ~ contraddetta non sol•, da. Ci~e.ron~, m~ anche da Varrone. E il passo d1 Phmo, in cut si parla delle spiihe di Bizacio e ~e~ prodot– to dei campi Leontini, è poco attend ,bde, e non ~i può utilizz.are neanche come_documento delle condizioni economiche della B1zacena, che a~ ogni modo era in Tunisia , e non • ad est dt Tuni si», come l'on . Torre ha sco1>erto. Ed ecco ora come lo e Studio so di storia an– tica •, sfata complelnmen te la le~~e.nda_di _una prodig iosa ricchezza goduta d11l?a I npohtama_ e dalla Cirenaica nel periodo greco-romano e dis– sipata poi dagli irabi e dai tu~chi. l~e osserva – zioni dello e Stud ioso di stona antica • sono tanto pii\ interessanti, in quanto concordano per– fetta mente con quelle, che per conto s1..to . ha (atto , su una sistematica raccolta ?t:I m~t~nal~ documentario, il Salvioli nell' art1,x,lo mnanz:1 ricordato. Il granaio d'Italia, Tutto quel che si dice oggi della floridezza della Cirenaica sott o e per opera dei Roman_i, è una falsità, poco importa se detta in buona o in mila fede. La decadenza. di Cirene, cominciata dalla fine del secolo IV avanti Cristo, è aueslata da tutte le fonti antiche e riconosciuta da tutti gli gli storici moderni. e I.e commerce autrefois fio- • rissant de ia ville (dt Cirene] - scri\fe il Mar• • quardt, Manutl des aflflig11ilis-ro,11ai1tts, Paris, • Thorin, 18cJ2,JX, 436 - déchut depuis la fon– e dalion d' Alexandrie i il baissa dans la mesure e où cclle•ci s' C:leva , ti le rouvtn1nne,,I romai11 e 1arail avoir /ail pt1' de chose pour arréte r une « décadence qui atteignit son, apog~e au tcmps e de Synesius • : il quale Sinesio viveva trecento anni prima che venissero gli Arabi ! Mentre il àh\rquardt, .citando una. monografia ,del Thrige (Res . Cyrt'nensiu,,,, Hafniae, 1828) i\ttribuisce la decadenza di Cirene alla concor• renza. di Alessandria, (anche oggi l' Ainlerland della Cirenaica è assorbito dal Sudan inglese , ed ha per la via comoda del Nilo il suo porto naturale ad Alessandria) ·, altti storici cercano in altre circostanze le cause della decadenza.. Per es., lo Smith l'attribuisce ai favori concessi dai :rolomei alla città di Apolloni.i , che è sul ma• re, mentre Cirene era un po' dentro terra. Il Galach e lo stesso Smith , parlando della decadenza della Cirnoiu ialera JO.tto i. .Romani, ne ~ttribuiscono la prima causa alla carneficina di 22~,000 cirenei fatta dagli ebrei, quando nel ns, sotto Tnia.no, co01inciarono quella gran rivolta, che si estese all'Egitto, alla Siria, alla Mesopo– tamia (cfr. Diane Cassio, LX\ *111,32); poi ci furono le aggression i delle popolazioni barba re (gli arabi pronunziarono poi bt'rbtre) dell' inte r• no, poi le locuste, i terremoli, le pestilenze. A <1uei 220,000 morti c•~ poco da credere. E in generale , tutto ciò eh~ si dice a spiegare la decadenza della regione, dato che ci sia staia realmenle una anteriore ricchezza, non mi pare suRicicnte. Ad ogni modo, questo è sicuro: che al tem– po del dominio romano la Cirenaica, cioè la parte meno disgraii ata della Tripolitania, era un paese tutt'altro che florie10e ricco. A quest'affermazione , che nessuno storico un po' scrio potrà mai smenti re, si oppone la no– tizia mess.'\ in circolazio ne dai giornali di questi ultimi mesi , che cioè la Tripolitania era il gra– naio d' Italia (1). Ma questa e m,1a spud orata menzogna. GJi autori di questa menzogna non troveranno mai un solo passo di autore classico sUcui appog• giare siffatta invenzione. L' ufHcio di fornire il grano ai bisogni , non deU' Italia intera, ma della sola plebe di Roma , toc~va sotto il dominio romano 8lle provincie cost dette • frument arie •· E queste erano l' E– gitto, l'A lgeria e la Tunisia, la Sicilia, la Sar• degna. Fondata Costantinopoli, il prodotto dell'Egitto fu destinato alla nuova capitale, e a Roma con• tinuuono a servire le pro\tincie •frumentarie~ del Mediterraneo occidentale . (Si veda Oarem~ berg d Saglio, Diclionna ire tks Anl ig11illsrre• cguts el lalines. al vocabolo Annona). Ma nè la Cirenaica, nè la Tripolitani• sono mai indicate da nessuna fonte classica fra le provincie forni • trici di grano a Roma, e tanto meno all' Italia. UNO STUDIOSO DI STOJUA ANTICA. La illusione archeologica, Queste gonfiature archeologiche dovrebbero avere non un semplice intere sse di curiocità i ma una ilnportann pratica, pe.rchè dovrebbero ricondurre a una visione della reahà più esatta tutti quei tripolini disintere ssatt e ingannati, i quali sono in Italia la ""!aggioranza. . . . La illusione archeologica ha contnbu1to assai - insieme alle falsificazioni che abbh,mo finora 'documentate e a quelle che documenteremo in seguito - a creare negl' italiani" un' aspetta~ion_e di ricchezze tripolitane 1 che non sono mai est• stite e non esisteranno mai... finchè una rivo– luzione nella tecnica produttiva, di cui per ora nnsdn ne1i<1na1istaha dato notizia, non venga a rendere produttive le sabbie aK iutte e i sassi. Apriamo, per es., il_ numero del 3~ ~ov. 191~ dell'Arn ·collura co/011,ale. E una nv1sta aS5al serik, diretta da un uomo di grande ingegno, di grande perizia tecnica e di grande probità, dal dottor Gino Bartolomei Gioii. In essa il dot– tore Oberto Manetti, un giovane di vero inge- 1(110e di indubbia buona fede, discorre dell'av– venire agrario della 1"ripo1itania. Siamo in casa di rente onesta a conversare con un uomo one sto. Ebbene voi vedete subito che questo galantuomo fonda le sue previsioni ottimiste quasi tutte sulla credenza di un' antica ric– chezza greco-romana distrutta dagli arabi e dai turchi. · Il Manetti riconosce che • purtroppo oggi le notizie, che dal punto di vista economico rlguar• dano il territorio, che si estende dati' Egitto al- 1' Affrica francese, non sono che sommarie_ e spesso contradittorie • i riconosce « la. Sta~1~ dei dati e delle notiiie scien 1ificamente esatte• (pag. 461 1 462). - La qual cosa è lissa.idiscutibile, perchè di notizie eslltte ne abbiamo un numero sufficiente, e sono assai pessimi ste, salvo che pe:– una ristretta zona della Cirenaica ; e appaiono incerte solo a chi , suggest ionato d1\llemenzogne della l\tAmpa tripolina, non riesce a tr1:1vare in sè la forza necessaria a stare con la verità degli autori seri contro le bugie dei geog rafi e degli esploratori del Banco di Roma. - Ad ogni mo– do il Manetti è in quello stato d'animo, in cui il P' s!limismo e l'ottimis mo si scontrano e si eludono, e conchiude che non si sa finora nulla di sicuro. · Su qoalc bue, allora, fonda le sue previsioni Agrnrie non pessimiste ? Sull'ar cheologia. quas i esclusivamente sull'ar– cheologia. che e.gli attinge di peso, in perfetta buona fede, alle falsificazioni dei giornali quo– tidiani e alle corbellerie dei volumi nazionalisti. « L' antica coloniuaz ione romana - e.gli seri– e ve - aveva portato ali' opu?enza ed Allaftori– c dezza le fiorenti regioni •: e da quest'antica flo– ridezza è sufficientemente provato che causa della barbarie è • l'abbandono, in cui il governo e turco ha lasciato que ste sue provincie • (pagi– na 462) . e l.a barbarie vandala ed araba, 1 1 in• e coscienia e l'apatia dei turchi, I' incoltura del e suolo, il dibos camento e le rapine sono le sole e ragioni del basso livello economico dell' att uale • Tripolita nia.Anche la Tripo1itaniat stata al te~- • po della colonizzazione romana largamente n• « munerat iva ai suoi fortunati coloni, nè v'è ra- · e.gione alcuna che possa im~dire all'al~cre atti• e vit:\ della nostra raua dt rendere 11nuovo e pos.1edìmento degno della ly/Jia o~ima dei no-- e stri padri • (pag. 466). I mutamenh dellt: con– dizioni fisiche non possono e b~stare a spie~r e e la decadenza profonda, in cui la splendida P~n- • ~•poli d_i un giorno è oggi cadula • (pa'g. 471). 111 li C.rriW# thll• "~• ,,o t•1'tiakt 1912, 1• tpara ~•~ pil ,rona : • l,P•11ta l'ko la CIH .. k:a e thto C t•~•tic:o tr•• N io llsl moHO •· à us Hro coacouo di f•ec• 1"W, CM, f.au a dl i I• ,f!c• p 0 6 !'otH• B il patH l111ltiiottaot:•I ~ • o la.da ehe il O~~ beo4iKa uto poi" la"°'I .. t.W~I.a •l'UNI • 39 e Molto rimane ancora da ricercar e e da cono– • scere avanti di poter giudicare completamente e il valore potenzi:ale ed attuale de lla nostra co– c Ionia : ma é fuor di dubbio che il suo avvenire e sarà sicura mente degno delsuo grande passato• (pag . 477) . • Non dubitia mo che gran parte dei e vasti territori, che hanno dato un imperatore • giusto come Settimio Se\•ero ( la Lep1is patria • di Settimio Severo ~ in Tuni sia ], e lo spirito e grande e profondo di S. Agostino I lppon n C in • Algeria]. rilort1eranno ad esser popolati, fertlli, e ricchi di tnlffici e di biade • (pagina 479). Voi sentite qui che il criterio sano deJI' agri• coltore è stravolto e deviato dalle menzogne archeologich e, che l'ag-ricoltore non è in grado di controllare, e le accetta in buona fede come le ha trovate nei giornali, - e ne fa un elemento dei suoi giud izi e dei suoi calcoli. Cosi a furia di bugie, sia sull'an tichità, sia sul presen te, è stato possibile suggestio nare tutt i gl' italiani, anche molti fra coloro che pur stril- 1.ino contro I' impresa di Tripoli (per es. sulla Critica socialt del 16 gennaio 1912, pag. 25, si afferma che • le condizioni della Cirenaica sono totalmente diverse da quelle del tempo dei Ro– mani•• e perciò non c't da ricavar nulla da11a Cirenaica ! ). E in questa suggestione, sonc,.pos– sibili i porti, le ferrovie, le società per azioni, e tutti gli altri pana.mini, che i1i preparano ad uso e consumo dell'affarismo patriottico. Lettere di soldati. Le prime lettere che i soldati inviarono dalla Tr ipo!Ùania e che furono pubblicate dai giornali, erano quasi tutte deliziose per semplicità, spi– rito di osservazione reali~tica, eroismo incensa• pevole e sereno, buon umore, moneller ia, spa• valderia un po' tartarinesc a ma non mai volgare ; per tutte quelle doti naturali, insomma, che rendono cosl piacevole e cost simpatico il nostro popolo. I sold4li scriwva110 sniu j,nsare d,e U /Qro Jellere sarel>!Jn--o sia/e sta,11/>4/e SIii rior– #4/i : e perciò si abbandonavano all'estro spon – taneo : scrivevano come avrel>l>ero Jxlrlalo. Ma d~po che i giornali sono arrivati laggiò, e gli scrittori hanno ritrovato su di essi la loro prosa e i loro nomi, sono cominciati i guai! Le lettere dal campo oramai non valgono quasi più nulla come documenti dello spirito vero del nostro popolo. Si seNI, che gli scritt~ri posano: sanno che ogni loro parola può rassare alla storia, ci tengono a far bella figura, e finiscono spe.sso col fare una figura ridicola. li Cior11alt d'Italia, per esempio, ha riportalo in caratteri grcissi questa lettera : Egrqio Sig-Mr Direi/or, dli e Cion,ale d' llalia • Non ho parole di ringraziamento e un segno d'ammiraz ione verso t;, sua gentilissima ed ama• bilissima persona, in quanto al suo numero spe– ciale del giorna l,, inviato a noi piccoli eroi nel campo di Ain Zara. Creda pure che o.gni periodo ha pu _espre s– sione una nuova vita alla grande Itaha e al- 1' amore dei nostri poveri frateHi eroicam ente caduli. Mentre si leggono quelle frasi piene d' ammirazione a nostro riguardo, ci sentiamo vincolati viep1)iù ,,_li' amor di Patria, pensando pure ai suoi grandi scrit_tori_ che ~ur ~v.estendo quel grado, si sono_dedicali a no,_um1~1~l~a– tioi a scrivere le ptù belle e dolci frasi acc10C• ché stemma allegri in qualche ora di malinconia (de 11011 manca). Sia a lei dunque il plauso de.I mio saluto affettuoso come Il tutti i signor i col• laboratori t:omponenti il giornale che ringrazio vivamente. Perdonatemi, ma~ il dovere che mi spinge a ringraziarvi . re È il dovere •, ma è anche il desiderio di leggere il suo nome stampato. Lò vedete voi il povero soldatino, che probabilmente era a casa sua un giovinotto di buon senso ed ~ al campo un ottimo telefonista, e che anche in questa lettera con quella fuggevole parente si cAe 110H manca mette un~ nota inconsapevole di fresca verità lo vedete tutto intento ad afferrare nel HM• re,na;num cÌi . pa;ole che gli ond«eggia" nel cervello dopo la lettura di otto paginone di va– riÙioni sul teffla patriottico, le frasi che forma~o quel piccolo capolavoro di confusione? La colpa della figura che fa con questa let• tera , non è sua - povero figliuolo ! La colpa è di questa ignobile stam pa quotidiana, che sem– bra essersi data la missione in questa g 1 Jerra di abbrutire e ingrossolanire fino agli estremi li• mm del p~ssibile l'Italia. .Leggete la Slam,a., 23 gennaio : Alcuni bersaglieri richiamati del 4' reggimento di Bengasi hanno inv!atc:,con una carto!in~ illu: strata saluti ed augun a1 loro compagm nma stt a Torino e che ora si trovano in distaccamento al forte del Moncenisio. Ecco la bella cai'loli1J11, deg11averamtnle di essere riportala : e La guè – ra è una allegria. Non ti pare impossibile 1 Se,1- pre ciucA e n,ai ma/ave. 8-icordandòti, salutiamo ~-ee tutti g!i arnie.i del reggiment C?,ben~ ,-uiu – rando. Evviva 1'...amarmora ! U~7.~h ! • · Pei- éhi nOn conosce iJ ;>iemontese, e Sempre ·ciuch e mai malave • significa : Sempre ubr ià– chi e m;i 1rnm1lati. Non prendiamolo alla I~ Je.ra, ben.' intenso 1 .Ma è roba-da pu,b,~licarsi ~ desta 1 Qua)c-eno potre,bbe anche qe4erc:i e la

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