Terza Generazione - anno I - n. 3 - dicembre 1953

ziamenti secondo vecchie formule di princ1p10 liberisti– che, o per quello dello Stato, che si accolla spese di indu– strie deficitarie in nome di ancor inadeguati princìpi « sociali ». Ora noi, fuori delle parti, abbiamo trovato la giustifi– cazione di un atteggiamento ingiustificabile e tecnica- · mente e moralmente insostenibile nelle parti e le nostre responsabilità di cittadini, di credenti, di uomini del no– stro tempo le prendiamo su una nuova linea di impegno, sulla quale possiamo essere efficacemente attivi senza mi– litare nelle parti esistenti. Di fronte a noi non abbiamo avversari, ma la sussi– stenza delle parti, anzi la condizione storica in cui sussi– stono le parti: cioè la crisi dovuta a elementi eterogenei di soluzione di problemi storici rapidamente e convulsa– mente maturati, i quali hanno operato una tale disgre– gazione, che interessi, speranze, valori, costumi, non più solidali, non possono essere difesi p affermati se non cia– scuno per sè, in reciproco contrasto oppure attraverso una degenerazione che permetta la loro sussistenza di fatto con l'offerta di soddisfazione delle esigenze più disparate. Di fronte a questa crisi si trovano anche le vocazioni in via di sviluppo di coloro che non hanno responsabilità della crisi: i giovani della nostra generazione. Costoro si trovano davanti delle linee d'impegno che sono state im– postate secondo certi princìpi, tuttora sbandierati, e per certi obiettivi i quali tutti hanno cambiato significato. A. essi, più che a ogni altro, è possibile scorgere la di– vergenza tra i risultati effettivamente conseguibili con un certo atteggiamento e i motivi che dovrebbero giu– stificar lo o i fini che si pretende di raggiungere. A essi è più facile ribellarsi alla giustificazione ottimistica del contrasto delle parti come molla di uno sviluppo nazio– nale. C'è invece il pericolo che i giovani rinuncino a im– pegnarsi, lasciando che le cose vadano come possono, proprio perchè non riconoscono la propria vocazione nel– le linee d'impegno esistenti. Oppure che si impegnino soggettivamente in modo anarchico. Ora noi vogliamo aiutare la chiarificazione di queste vocazioni e favorirne l'affermazione attraverso r invenzio– ne di compiti nuovi che non costino la loro deformazio– ne e che siano suscettibili di svolgimento non catastro– fico. Vogliamo, cioè, che queste vocazioni, virtualmente fuori della crisi, si impegnino in modo da conseguire ve– ramente dei risultati anti-crisi. Noi ci proponiamo di aiu– tare la nostra generazione a concepire degli ideali relativi a ~n compito storicamente e tecnicamente plausibile: a, 1~traprendere. d~lle iniziative pratiche secondo priD:– c1p1 non astratti 1n una formula sacra, ma suscettibili di essere sviluppati in formule adeguate a impostare teoreticamente i problemi via via suscitati dalle nuove operazioni. Se è questo che ci proponiamo, il nostro porci coscien– temente fuori delle parti non è un'oasi fittizia di pace per rnblioteca Gino Bianco dimenticare un brutto passato o per eludere il presente~ 1na un impegno preciso, pubblicamente preso, di cui do– vremo render conto; e quando si accetta un impegno pro– porzionato alla contingenza storica, essere fuori delle parti non significa tradire coloro che sono nelle parti o le vocazioni diverse dalla nostra. Noi non pensiamo di proporre a tutti gli italiani, oggi, la nostra strada. Se lo pensassimo, saremmo costretti ad assumerci impegni e lotte che non ci sono propri e, al– lora, a ricorrere alla tecnica astratta dell' organizzazio:ie che coordina. tutte le azioni su quelle comprensibili da un certo punto di vista: alla tecnica della propaganda e dello sfruttamento tattico delle opportunità comunque o ,.i erte da un gioco di cui non potremmo amare le ra– gioni. Perchè questa è la tipica presenza delle parti. Noi pensiamo di promuovere delle iniziative, che po– tremo servire direttamente, il cui sviluppo non ha carat-. tere politico nè altri caratteri specifici delle parti esi– stenti. Iniziative di tipo nuovo che le parti non prendo– no o prendono per necessità in modo marginale e im- . proprio. Ci sono invece le iniziative classiche della nostra ci– viltà, tradizionali, che sono oggi svolte dalle parti. In ciascuna parte sono impegnate bene o male delle voca– zioni specifiche capaci di risolversi in quelle iniziative, diverse dalle nostre e che noi potremo servire solo indi– rettamente. Infatti con i nostri giudizi e con le nostre iniziative non potremo non interessarci indirettamente degli oggetti che a quelle vocazioni competono in modo diretto, ma non interferiremo ciecamente e irresponsabilmente nel gioco delle parti. Sappiamo bene che il valore dei nostri giu– dizi e dei nostri comportamenti non può essere dato dalle nostre intenzioni, prescindendo dal rapporto che tali comportamenti hanno con tutte le cose fra cui sono si– tuati appena sono determinati. Ora coloro che militano nelle parti perchè la loro vo– cazione è una di quelle tipiche per cui nel nostro tempo sono stati elaborati i mezzi e i sistemi di affermazione - e ~ntendo in modo particolare i politici che militano nei partiti (e per altri si potrà fare in seguito un discorso apposito, come, del resto, per gli stessi politici, dopo que– ste poche parole) - potranno avere, per opera nostra, l'opportunità di liberarsi di almeno un compito non loro proprio (quello che intendiamo svolgere noi) e quindi potranno svolgere meglio la funzione vera, specifica, per cui, per necessità di cose, militano oggi in qualche parte. Ogni chiarificazione, che non costerà il cedere qualche cosa alle parti avverse, cesserà di essere ingiustificabile e tecnicamente e moralmente impossibile. Ciò che non si può volere finchè ci sono ragioni suffi– cienti per la sussistenza delle parti, può essere voluto via via che si producono dei fatti nuovi che costituiscono delle ragioni sufficienti per il loro superamento. La no– stra iniziativa vuol rappresentare uno di questi fatti. RENZO CALIGAR \

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