Terza Generazione - anno I - n. 2 - novembre 1953

Rispondere alle istanze di tutta la generazione , Ho visto la presentazione e il primo numero di Terza Ge– nerazione. Ho letto attenta– mente gli articoli e ho sondato l'opinione di coloro che, con me, hanno ricevuto la rivista. Le conclusioni che ho tratto da questo si possono sintetiz– zare cosi: 1) si senti va la necessità e l'urgenza d'una rivista dedi– cata ai problemi della nostra generazione ; 2) Terza Generazione però, almeno per ora, non assolve completamente il compito di esaurire le istanze della gene– razione nuova. Perchè? Non esiste solamente una terza generazione universita– ria, diplomata, professionista .o .studiosa, esiste anche e so– prattutto una terza generazio– ne operaia e contadina che non può certo trovare nella ri– vista, cosl come ora è (forma e sostanza) gli echi delle sue , . . . a~p1raz1on1. Terza Generazione è una ri– vista difficile, involuta alcune volte, e rispecchia stati d'ani– mo veri, ma non generali ; ap– partengono ad un solo strato della generazione nuova. Cosa occorre allora? Neces– sita che i vostri diretti colla– boratori vengano anche dalle file della terza generazione di periferia, quella che brucia nei campi o si sfianca nelle fabbri– che. Allora potreste veramente « buttar fuori » una rivista completa, che agiti ed impu- gni anche i problemi di questi giovani operai e contadini, sempre all'affannosa ricerca di chi li capisca o per lo meno li ami così come sono. Terza Generazione, che per mio conto trovo una rivista ot– tima, deve sforzarsi proprio di di,entare la bandiera di tutta la generazione nuova, sboc– ciata e cresciuta nel cruento clima della guerra o appena dopo. Non è una cosa facile, lo so, ma vale la pena di tentare. {]n'ultima cosa: oggi molti gio- vani si trovano quasi sperduti nel loro tempo, perchè non han– no più grandi ideali per i quali battersi. Le contingenze della vita, l'ansia di una posizione, la grettezza di certa società li ha resi indifferenti, per non dire cinici, anzitempo. Suggeri– te a tutta questa nuova ge– nerazione apatica, volontaria- mente o involontariamente, di cercare nella lotta per l'ideale una ragione di Yita. Forse solo cosi riusciranno a diventare quegli uomini di cui tanto si sente la necessità. PIER GIORGIO SANGIOVANNI Ad una disponibilità una esemplarità integrale Ho letto con grandissimo in– teresse il primo numero di Terza Generazione e in linea di massima mi pare che abbia corrisposto alle aspettative che si erano create in seguito alla «Presentazione». :àli pare cioè che la sensazione di molti, che finalmente i problemi, le ango– scie, i desideri e le speranze della generazione fossero stati individuati e avessero trovato una voce, sia confermata. Ora però - e penso così di offrire un aiuto a ciò che or– mai è nei miei interessi -veri - occorre dire che, a quanto mi sembra, la fisionomia coml)les– siva del numero soffra di ec– <'es·i,;-a « tensione» congiunta a fratture che si riscontrano qua e là. :à1i pare cioè che si sia fatto un po' troppo il « manife~to », e che non si sia avuto il coraggio (e non si sia fatta la grande fatica) di ve– dere un po' il numero nel suo insieme, cercando di farne un tutto organico che avesse una sua fisionomia: originale come « rivista >> e non solo come «luogo» di espressione di tan– te cose che si dovevano dire. Naturalmente questo che dico va preso con beneficio d'inven– tario, sia perchè ognuno pos– siede una sensibilità diversa, sia perchè io stesso non trovo questi difetti allo stato grave, ma, per spiegarmi, ho bisogno d'indicarli e di estremizzarli. C'è un articolo, però, la cui pubblicazione mi pare sia sta– ta Yeramente un errore, ed è quello sui Rapporti umani di Natalia Ginzburg. Sia subito chiaro che la mia. critica non Ya al racconto di per sè e alle qualità artistiche dall'autrice, per la quale professo anzi la massima stima, e il cui lavoro anzi mi ha assai interessato e toccato nei miei ricordi e nella mia esperienza, ma alla sua in– troduzione nel corpo della ri– vista, al suo primo numero, senza alcuna soluzione esterna di continuità. Ora potrò sba– glin rmi, ma il racconto si muo- Biblioeca Gin.oBianco Ye da una parte in un'atmosfe– ra che non so se definire stan– ca o maliconica, derivante da una visione piuttosto staccata dalla Yita e volutamente limi– tata a una certa tonalità (nè questo è un difetto estetica– mente, ripeto; la critica è un'altra), e dall'altra in un mondo, una psicologia, un mo– mento storico che non esito a chiamare borghesi, non in un senso strettamente classista, ma nel suo significato più lar– gamente storico-sociologico. Da queste impressioni deriva naturalmente la mia critica, piuttosto acre se si vuole: quello che occorre perseguire è una certa «tensione>> ideale e dinamica, intorno a certi e– nunciati, a certi atteggiamenti e a certe linee di movimento, le quali cose presuppongono un'unità e continuità di pensie– ro e di azione, e quindi un continuo sforzo di scelta, di or– ganizzazione, una continua sor– veglianza sulla finalizzazione. In questo senso (e non sembri– no parole grosse per un rac– conto, bello e toccante oltre– tutto; quello che interessa è ciò che esso potrebbe signifi– care) l'introduzione di questo e altri eventuali scritti che non fossero diretti, immediatamen– te o mediante, al compimento dell'unità della generazione, con tutto quello che ciò com– porta, è da respingere. Quello che da Terza Gene– razione la gioventù italiana può riceYere, e, in ultima ana– lisi, quello che ne legittima l'e– sistenza, è l'esempio di uno sforzo totale, di meditazione, di dinamica, nell'unico senso oggi consentito dalla storia, per l'a– dempimento della vocazione della generazione; e a una di– sponibilità integral_e, deve cor– rispondere una esemplarità in– tegrale, perchè alle parole che si dicono, poche fra l'altro, sia assicurata la massima espan– sione possibile. PAOLO TRIONFI l.1a volontà di compren - sione non copra equivoci interessi Devo subito dirvi francamen– te che non condivido che in parte assai limitata i vostri moventi, le vostre posizioni, le vostre interpretazioni di una crisi che è, non da oggi. eerta– n1ente in atto. Io non <·redo, tanto per co– n1 indare, ehe quella di oggi sia c·risi di una generazione. Oggi il problema non è tanto quello dell'inserimento nella società dei giovani dai venti ai trenta, quanto quello ben più grave e complesso della società nel suo insieme. Problema che non è di oggi e che, nelle sue forme attuali, risale almeno all'epo– c-a del ~Ianif eRto di ì\rlarx. Un maggior pericolo c'è, og– ~:i, ed ?> rappre entato dal mar– f'ire di queste strutture, che n1ettono in libertà forze peri– colose ecl incontrollate, prota– ~oniste oggi dell'involuzione verso le destre. Se questa in– Y0luzione compisse il suo ci– clo non sarebbe più possibile ai giovani fare più nulla, ed essi sarebbero costretti ad esaurirsi in un azionismo sen– za scopo, ripetendo in altro modo la triste esperienza dei fratelli maggiori corsi al Don o in Libia per bruciare con un gesto d'eroismo le loro di– sillusioni. Perciò non credo che l'anti– fascismo possa definitivamente dir. i consegnato alla Storia: siamo purtroppo ancora in po– sizione di difesa, e i fascismi riprendono la .marcia momen– taneamente interrotta. E' del dicembre 1947 un numero di <<Esprit» dal titolo: « La pau– se des fascismes est terminée », e oggi non si può non ricono– scere l'accorata verità di que– . ta frase. Non equivoco superamento dell'antifascismo, dunque, ma piuttosto antifascismo rinno– ,ato ed operante, che sia in possesso di valori nuovi da so– stituire a quelli ormai fati– scenti di una società nemica della persona. Da questo discende che io non riconosco con voi il fal– limento dei nostri maestri cul– turali, quando essi si chiami- no l\Iounier, Gramsci e l\Iari– tain. :ron ~'è discontinuità tra loro e noi. perchè quello che essi dissero è ancora valido, e non compiuto. Tocca a noi, ora, eguire i loro insegnamen– ti. affrontare con il nostro stu– dio e con la nostra azione i problemi che essi ci hanno ad– ditati e che non sono superati. Oosì, equivoche e controrivo– luzionarie mi sembrano cette forn1ule: << si dovrà abolire il 111ito socialista delle fabbri– che>>, perchè se è vero che la. demoeratizzazione delle fab– hrkhe non prelude al Giudi– zio Universale, è anche vero <·Ile esRn è un pa8SOnecessario

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