Terza Generazione - anno I - n. 2 - novembre 1953

pierv1s1 1nteran1ente, giacchè non si dà mezzo senza fine, nè fì.ne senza 111ezzo ~ e, quale che sia la situazione storica e il prezzo richiesto, il compin1ento è se1npre pcssibile. Oggi infatti si può raggiungerlo nel dolore e soltanto a co111inciare da esso. Il valore del dolore odierno sta soprat– tutto nel resistere, nell'asserire la propria Yita umana ferita e minacciata da tante parti, nello sforzo per tenerne accesa la fiamn1a, frustata da tante tempeste, nel non volere rassegnarsi all'avvilimento, al– la disperazione, alla sconfitta, nello spe– rare, nonostante tutto, nel futuro, nel ri– prendersi dopo ogni sconforto, nel tene– re alla propria vera vita più che al pro– prio piacere, nel non rinunciare a essa per qualsiasi prezzo, nel sopportare per essa ogni dolore, nell'essere, nel dolore, nella profondità della propria anima, più .forti di ogni fatto, più forti di ogni osta– colo, più forti di ogni odio. Poichè ciò molto spesso significa preferire ~l nudo bisogno alle false certezze, la propria do– lorante realtà all'ebbrezza dell'orgoglio e del piacere, la fìam1na che morde e tem– pra alla spenta cenere della rassegnazio– ne; e nel dolore così vissuto è sempre la gloria della vittoria. In tale compimento dell'umanità del sofferente nel dolore in ' questa dignità antica e nuova che gli uo- mini debbono riconquistar~ ogni giorno e ogni ora, per cui il dolore virilmente sofferto restituisce all'offeso una dignità assai più grande di quella che ha perduto coll'offesa, ciascuno comunica con gli altri e si apre a tutti in una fraternità capace di comprendere tutta l'umanità e di ar– ricchire immensamente il valore di cia– scuno. Nel dolore tutti parlano un linguaggio comune che supera ogni divisione di par– tito, di razza, di nazione, poichè in esso si ritrova il vero e accomunante signifi– cato umano delle classi, dei popoli, delle E ' 1 razze. oa questa zona utnana che na- scono i fatti, che nasce, sempre di nuovo, la storia; è da questa zona che oggi, no– nostante il crollo delle cose presenti, na~ce la speranz'l , · poter un giorno oµerare, rr- tmanamento e aflratella- ' non contro, ma per l'uo– ~ a questo è necessario trono comincino a par- BibliotecaGino Bianco lars1 non con il linguaggio delle varie parti e propagande, ma con quello del loro proprio dolore. L'atteggian1ento per ritrovar se stesso, per con1piersi, deve essere sempre all'ori– gine di ogni atto dell'uon10, da quello del n1inistro a quello del minatore, poichè è esso che dà carattere umano a tutte le attività. ·In esso gli uomini non sono più nè comunisti nè capitalisti, nè ricchi nè . ' . . ' . poven, ne sapienti ne ignoranti, ma solo uomini che hanno bisogno l'uno dell'al– tro per vivere, uo1nini che possono amarsi e intendersi; è da esso che nasce la vera giustizia, la vera ricchezza, la vera liber– tà, la vera sapienza, che appart~ngono a tutti e sono prodotte da tutti o non sono. E' qui che si sceglie tra vita vera e vita falsa, cioè tra vita e non vita. Vi è certo l'opaco e ottuso dolore che nasce dalla noia di vivere solo di cose e di sensazioni epidermiche, dalla mancan– za di un fine che impegni e realizzi la vita tutta, dalla sordità di rapporti uma– ni volti soìo alle cose e alle sensazioni ' dai falsi bisogni e dalle false soddisfa- zioni, dai falsi scopi e dalle false parole che nel loro inutile rumore stnngono l'animo umano 1n un ferreo cerchio di silenzio del quale tanti sono png1onieri senza sapere come spezzarlo; da questa noia mortifera nella quale l'uomo si per– de, dilagante come macchia d'olio dalle zone e dai paesi del cosiddetto benessere ' ci si salva riconoscendo nell'opacità dolo- rosa che essa provoca una fame e una sete. Fame e sete di vita autentica, di uno scopo vere e vivificante, di rapporti umani pieni e nuovi, di gioie incancella– bili e di dolori fecondi Ecco che allora ci si guarderà intorno con questa nuova sana fame negli occhi a cercare coloro nei quali i bisogni sono reali e leggibili, il cui dolore parla un linguaggio chiaro e inequivocabile. Si tro– veranno costoro più facilmente tra gli esclusi, tra gli oppressi, a volte muti, a volte deforn1ati dall'oppressione; non è sempre facile ascoltarli nè sempre espri– mono la nota giusta. Ma qui è facile tro– vare una scintilla di umanità autentica ' qui i bisogni sono genuini anche se com- pressi e impossibilitati a spiegarsi appie– no. Tutti hanno da ricevere, tutti hanno da ascoltare, poichè qui anche il silenzio è denso di significato, carico di paro~ che debbono essere dette. Poichè è falso che noi dobbiamo dare a coloro nei quali pren1e l'elementarità dei bisogni, giacchè non si risolve il loro problema dando del- le cose, del denaro, facendo la « carità >>: potranno essere a volte soccorsi utili ma ' da soli, restano disumani, poichè dove non vi è I 'uomo non vi è la carità. Giac– chè questi uomini non sono i soli ad aver fame e non sono i soli che debbono essere soccorsi. Tutti abbiamo fame e se– te e tutti abbiamo bisogno di aiuto, cia– scuno con la sua diversa ma sincera fame. Non dobbiamo rivolgerci ad essi per dare, n1a per ricevere - e soltanto rice– vendo potremo realmente e fecondamente dare - valori umani genuini dei quali abbiamo estremo bisogno. • Dobbiamq guardare di nuovo in faccia 1 bisogni in tutta la loro realtà, dobbia– mo guardare con1e cosa nostra, come cosa nella quale tutta la nostra umanità è co– involta e partecipe, la tremenda sincerità della fame; allora non vi sono più biso– gni elementari e bisogni superiori, ogni bisogno è bisogno di vita, si rivela tutta l'insufficienza dell'uomo, si manifesta la sua condizione di sempre rinnovato pas– saggio dall'atmosfera fredda e mortale dell'insufficienza alla gloria del compi– mento; si rende evidente la necessità per l'uomo, per tutti gli uomini, di svilup– pare, di spiegare, di portare a compi– mento le proprie qualità, le proprie ca– pacità, la propria persona, non per orgo– glio o per avidità, 1na per vivere, per ten– dere alla sufficienza, per non morire. La fortissima pressione di tutti i bisogni, intesi e accomunati con1e bisogni di vita, spezza l'orgoglio di coloro che si credono compiuti, che si credono sufficienti e che in realtà sono solo chiusi nel loro vuoto senza echi e senza luce; poichè basta che vi sia un solo uomo sulla terra che abbia fame e sete, di qualunque genere esse . ' . siano, e nessuno e compiuto, e nessuno è sufficiente. E' chinandoci dove più forti si manifestano i bisogni vitali del mondo, le sue fami e le sue seti, che potremo ri– trovare i più veri bisogni in noi e negli altri, che impareremo ad ascoltarli, a ri– cevere e a dare, a sviluppar~i e a vivere. ITALO MARTINAZZI

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