Terza Generazione - anno I - n. 1 - ottobre 1953

,nai in decine di fatti, man– dando a vuoto ogni com– promesso di « pacificazio– ne». (Basti pensare a quali sentimenti, di fronte ai, fat– ti emersi dalle testimonian– ze del recente processo Ren– zi-Aristarco, sia stato co– stretto ogni onesto cittadi– no, conscio dell'importanza che l'onore dell'esercito ita– liano non sia difeso in mo– do formalistico, o peggio farisaico, ma in modo so– stanziale). Nella mia lettera ho indicato alcuni problemi del paese che appaiono aperti e entro gli attuali termini sostanzialmente in– solubili: « Da quello del– l'equilibrio dinamico tra popolazione e risorse, e tra mercato agricolo e indu– striale; a quello del rag– giungimento di una omoge– neità in espansione del te– nore di vita biologico, in– tellettuale, morale e religio– so delle sue varie genti; a quello del rapporto tra mi– noranze intellettuali e mas– se, e della creazione di una classe dirigente nazionale aperta; a quello di un vero Stato di diritto; a quello del rapporto tra Stato e partiti, Stato e comunità locali, tra Stato e altre dirigenze; a quello del rapporto Stato nazionale sovrano e comu– nità internazionali; a quel– lo del rapporto tra società civile e società religiosa, tra Stato e Chiesa». Se i proble– mi sono effettivamente aper– ti, dovrebbe essere salutato come un atto positivo quel– lo di chi, fiducioso nei valo– ri rappresentati dalle diver– se parti della nostra tradi– zione, ripropone un riesame della nostra storia per ri– costituire su di esso, alla base, l'unità morale della • nazione. Con tali premesse come sorprendersi della situazione della gioventù? Per la pri- 11Ul volta in questi anni, noi vediamo i giovani operai e i giovani contadini essere costretti a rompere la stessa solidarietà di classe, quella solidarietà per cui essi tra– dizionalmente si riconosce– vano in modo essenziale nei problemi degli operai e dei contadini. L'involuzione ge– nerale ha capovolto invece la situazione: costretti dal terrore di condizioni inso– stenibili di vita, larghe mas– se di giovani appaiono pronti a qualsiasi transazio– ne, senza coscienza sindaca– le nè di classe, indi/ esi. Una situazione diversa ma analoga si è creata per -i giovani studenti: futuri in– tellettuali, tecnici, impren– ditori. Nella conclusione ufficiale di un loro conve– gno nazionale di studio (la cui serietà evita ogni sospet– to), alcuni studenti medi hanno scritto sulla scuola: « la scuola da maestra di ve– rità si è trasformata in mae– stra di menzogne. E l'allie– vo che esce dall'ambiente familiare animato da since– rità e da coscienza entra in un ambiente ove i sotterfu– gi e gli inganni sono all'or– dine del giorno». La scuola e diventata un ambiente sentito talmente estraneo, che la ricerca di una realtà principale esterna diventa una necessità indispensabi– le, un segno di vitalità, un fine per raggiungere il qua– le si fondano addirittura delle organizzazioni studen– tesche. Fuori della scuola, poi, il mercato del lavoro è così ristretto che tutto è messo di fatto all'asta della racco– mandazione, è soggetto alle capacità di « conformarsi >> durante i tzrocinii aziendali. N è più favorevoli possibili– tà trovano le energie più vitali e sollecite del bene co'fnune quando entrano nella vita politica: il gioco tattico è tale che sovente si bruciano nel giro di pochi . mesi. Non deve stupire - e non ci ha stupito - se mol- Biblioteca Gino Bianco ti dei nostri lettori, offesi nella loro umanità più pro– f onda da una situazione co– me l'attuale, abbiano accu– sato noi di ciò di cui essi soffrono, perchè abbiamo offerto loro un quadro d'in– sieme e dato le parole a ciò che essi oscuramente avver– tono. Realmente un certo pessi– mismo non può non essere nei giovani (e nei non gio– vani) in un paese in cui tanti nodi vengono al pet– tine e stt cui, in sovrappiù, pesa la crisi dell'Europa e persino quella della cristia– nità cattolica. Ma tale con– dizione non potrà essere vinta che attraverso la libe– razione dalla paura di un futuro che appare oscuro, ipotecato come è da solu– zioni che la coscienza av– verte come parziali, ma a cui teme di finir di cedere nel vuoto di altre prospet– tive. Per~iò di questo pessimi– smo anche noi abbiamo qualche responsabilità o– biettiva, non avendo messo in luce in modo sufficiente ciò che vediamo di positivo nella realtà odierna e su quali strade cerchiamo la nostra «novità». Abbiamo avanzato la nostra ipotesi dell'importanza essenziale dei giovani, senza indicare quali fossero gli argomenti generali e specifici in base ai quali facevamo queste af– fer1nazioni, i limiti e i rap– porti tra un'iniziativa in questa zona umana e altre in altre zone. Pensiamo di dire subito qualcosa in proposito e non abbiamo la minima difficol– tà a dichiarare apertamente i limiti attuali di questa no– stra prospettiva. Non te– ntiamo la difficoltà e la po– vertà degli inizi, perchè ab– biamo una grande fiducia nelle potenze di iniziativa e nella creatività del nostro popolo. Sappiamo anche che esistono gruppi di minoran- ze che su van terreni si pon,. gono oggi problemi analo– ghi ai nostri, che come noi da altri punti di vista ma– turano la coscienza degli stessi fatti, e cercano vie di inserimento e di attività. Per essi aver chiaro cosa intendiamo fare è indispen– sabile, perchè il loro dram– ma, come quello di tutte le minoranze nella nostra sto– ria, è di riuscire a entrare in reale contatto con le masse. E' nostra ipotesi che una via essenziale di tale incontro possa avvenire attraverso i giovani, ed è in questa pro– spettiva che noi lavoria1no, ed è in questa prospettiva che invitiamo tutti ad aiu– tarci, con spirito aperto. Nulla di più lontano per– ciò dalle nostre intenzioni di ogni «specie di corporativi– smo giovanile». In una so– cietà tutta corporativa que– sta accusa è peraltro spiega– bile anche nei confronti di una iniziativa come la no– stra che, proponendosi la ripresa di una produzione di valori e di circolazione di realtà umana, è spinta alle scaturigini originarie, dove si manifestano le ener– gie u1nane nel momento in cui entrano nellu storia. Un'accusa più specifica ci è stata 1nossa, quella di fare la .. « politica dell' antipoliti– ca ». Cosa p1·ovochi quest'ac– cusa è chiaro: tutte le pa– role del nostro linguaggio quotidiano non si diff ere.n– ziano da quelle dei politici, sicchè quando si tenta un discorso d'insieme, ipso fac– to, esso appare politico. Nella nostra epoca « tutto è politica » anche per questo, perchè ormai non esistono più parole non compromes– se. D'altra parte le situazio– ni e le insufficienze si col– gono al punto della manife– stazione finale, sotto le f or– me della manifestazione po– litica. Ma non è sul terreno politico che vogliamo svi– luppare la nostra azione.

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